4 ottobre La più strana seduta terapica fino ad ora. Strauss era turbato. Anche lui non si era aspettato alcunché di simile.
Si è trattato di un’esperienza psichica, non oso definirla un ricordo, o di un’allucinazione. Non tenterò di spiegarla ma mi limiterò a esporla.
Ero irascibile quando sono entrato nello studio, ma lui ha finto di non accorgersene. Mi sono disteso immediatamente sul divano e Strauss, come sempre, ha preso posto da un lato e un po’ indietro rispetto a me, in modo che non potessi vederlo, e ha aspettato che incominciassi il rito di riversare tutti i veleni accumulatisi nella mente.
L’ho sbirciato reclinando la testa all’indietro. Sembrava stanco e flaccido e, non so perché, mi ha ricordato Matt seduto sulla sua poltrona da barbiere in attesa di clienti. Ho detto a Strauss dell’associazione di idee e lui ha annuito e aspettato.
«Anche lei aspetta i clienti?» ho domandato. «Dovrebbe far costruire questo divano come una poltrona da barbiere. Allora, quando vuole la libera associazione di idee potrebbe far distendere il paziente come fa il barbiere quando insapona il cliente; poi, una volta trascorsi i cinquanta minuti, potrebbe sollevare la poltrona e dargli uno specchio affinché possa vedere qual è il suo aspetto esteriore dopo che lei gli ha rasato l’io.»
Non ha detto niente, e io, pur vergognandomi di come lo stavo trattando, non sono riuscito a tacere. «In tal caso il suo paziente potrebbe venire a ogni seduta e dire: ’Mi accorci un pochino l’ansia, per piacere’, oppure: ’Non tagli troppo corto il super io. se non le dispiace’. O potrebbe anche venire per uno shampoo all’uovo… voglio dire per uno shampoo all’io. Ah! Ha notato lo strano accostamento, dottore? Se lo segni. Ho detto che volevo uno shampoo all’uovo anziché uno shampoo all’io. Questo significa forse che desidero essere mondato dei miei peccati? Rinascere? È un simbolo del battesimo? Oppure stiamo radendo troppo da presso? E un idiota ha forse un id?»
Ho aspettato una reazione qualsiasi, ma lui si è limitato a dimenarsi sulla poltrona.
«È sveglio?» ho domandato.
«Ti sto ascoltando, Charlie.»
«Solo ascoltando? Non si arrabbia mai?»
«Perché vuoi che mi arrabbi con te?»
Ho sospirato. «Il flemmatico Strauss… imperturbabile. Le dirò una cosa. Sono stufo marcio di venire qui. A che serve ormai la terapia? Lei sa bene quanto me come andrà a finire.»
«Ma credo che tu non voglia smettere», ha detto lui. «Vuoi continuare, non è vero?»
«È stupido. Una perdita di tempo per entrambi.»
Giacevo lì nella fioca luce e fissavo il disegno a quadrati del soffitto… piastrelle che assorbono i suoni con migliaia di minuscoli forellini i quali si imbevono di ogni parola. I suoni sepolti vivi in piccoli forellini nel soffitto. Ha incominciato a prendermi una sensazione di stordimento. La mia mente era vuota, una cosa insolita perché durante le sedute psicanalitiche ho sempre avuto molte cose di cui parlare. Sogni… ricordi… associazioni… problemi… Ma ora mi sentivo isolato e vuoto. Soltanto il flemmatico Strauss che respirava dietro di me.
«Mi sento strano», ho detto.
«Vuoi parlarne?»
Oh, quanto era brillante, quanto era sottile! Che diavolo stavo facendo lì, del resto, a lasciare che le mie associazioni di idee venissero assorbite da minuscoli forellini nel soffitto e da fori più grandi nel mio psicanalista?
«Non so se voglio parlarne», ho risposto. «Oggi mi sento insolitamente ostile nei suoi riguardi.» E poi gli ho detto quel che avevo pensato.
Senza vederlo ho intuito che stava annuendo.
«È difficile spiegare», ho detto. »È una sensazione che ho già avuto una o due volte, prima di svenire. Uno stordimento… tutto è intenso… ma il mio corpo è gelido e intorpidito…»
«Continua.» Era eccitato. «Che altro?»
«Non sento più il mio corpo. Sono intorpidito. Ho la sensazione che Charlie sia vicino. Ho gli occhi aperti… ne sono sicuro… non è così?»
«Sì, spalancati.»
«Eppure vedo un bagliore bianco-bluastro scaturire dalle pareti e dal soffitto e raccogliersi in una sfera baluginante. Ora è sospeso a mezz’aria. Luce… che mi penetra a forza negli occhi… e nel cervello… Tutto nella stanza arde… ho la sensazione di galleggiare… o piuttosto di espandermi al di fuori e verso l’alto… eppure, senza abbassare gli occhi, so che il mio corpo è ancora qui sul divano…»
È un’allucinazione, questa?
«Charlie, ti senti bene?»
O si tratta delle cose descritte dai mistici?
Odo la sua voce ma non voglio rispondergli. Mi irrita il fatto che sia qui. Devo ignorarlo. Essere passivo e lasciare che questo… qualunque cosa sia… mi riempia di luce e mi assorba in se stesso.
«Che cosa vedi, Charlie? Che cosa c’è?»
Verso l’alto, muovendomi, come una foglia in una corrente ascendente d’aria calda. Dilatandomi, gli atomi del mio corpo si scaraventano lontani gli uni dagli altri. Divento più leggero, meno denso e più grande, più vasto… sempre più vasto… esplodendo all’esterno nel sole. Sono un universo in espansione che sta nuotando all’insù in un mare silenzioso. Dapprima piccolo, sto ora includendo nel mio corpo la stanza, il palazzo, la città, il paese, finché so che, guardando in basso, vedrò la mia ombra cancellare il mondo.
Leggero e senza sensazioni. Andando alla deriva ed espandendomi nel tempo e nello spazio.
E poi, mentre so che sto per perforare la crosta dell’esistenza, mi sento tirare dal basso.
Questo mi irrita. Voglio liberarmi dalla stretta. Mentre sto per fondermi con l’universo odo i bisbigli intorno agli orli della consapevolezza. E quella trazione lievissima mi trattiene al mondo finito.
Lentamente, come indietreggiano le onde, il mio spirito in espansione ritorna alle dimensioni terrene… non volontariamente, poiché preferirei perdermi, ma sono trascinato dal basso di nuovo a quello che ero, in me stesso, per cui, soltanto per un attimo, sono di nuovo sul divano e adatto le dita della coscienza al guanto della carne. E so di poter muovere questo dito e strizzare quell’occhio… se voglio. Ma non voglio muovermi.
Aspetto e mi lascio aperto, passivo a qualsiasi cosa possa significare questa esperienza. Charlie non vuole che perfori il sipario superiore della mente. Charlie non vuole sapere che cosa si trova al di là.
Ha paura di vedere Dio? O di non vedere nulla?
Mentre giaccio lì in attesa, passa il momento durante il quale sono me stesso in me stesso, e di nuovo perdo ogni consapevolezza fisica o sensazione. Charlie mi sta trascinando giù in me stesso. Fisso interiormente al centro del mio occhio cieco la chiazza rossa che si trasforma in un fiore dai molti petali… il fiore baluginante, vorticoso, luminescente che giace in profondità nel nucleo del mio subcosciente. Mi sto contraendo. Non nel senso che gli atomi del mio corpo vadano ravvicinandosi e facendosi più densi, ma nel senso di una fusione… mentre gli atomi di me stesso si fondono in un microcosmo. Vi saranno una gran calura e una luce intollerabile, l’inferno entro l’inferno, ma io non guardo la luce, bensì soltanto il fiore che non si moltiplica e non si divide per tornare dai molti verso l’uno. E per un attimo il fiore baluginante si trasforma nel disco dorato che ruota intorno a uno spago, e poi nella bolla di vorticosi arcobaleni, e infine eccomi di nuovo nella caverna dove tutto è silenzio e oscurità, e io nuoto nel labirinto bagnato cercando qualcuno che mi accolga… che mi abbracci… che mi assorba… in se stesso. Per poter cominciare.