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— Il…capitano…Han Pritcher? - disse Mis allibito. - Sei sicuro? Non hai alcun dubbio? - Signore.

Lo giuro. - E incrociт le magre braccia sul petto.

— Che significa tutto questo? - disse Bayta.

Il buffone si rivolse a lei eccitato: - Mia signora, ho una teoria.

Mi и venuta in mente in modo assai naturale come se lo Spirito Galattico l'avesse posta lui di sua mano nel mio cervello. - Il buffone arrivт ad alzare la voce tanto da soffocare le obiezioni di Toran.

— Mia signora - continuт rivolgendosi solo a Bayta. - se questo capitano fosse fuggito, come noi, sulla sua nave, e se anche lui stesse mettendo in pratica un suo piano, se cosм per caso si fosse imbattuto in noi… avrebbe sospettato certamente che fossimo noi a seguirlo, come и capitato a noi.

Per questa ragione avrebbe inscenato tutta questa commedia.

— E allora perchй ha voluto che noi due salissimo sulla sua nave? - disse Toran. - Questo non quadra.

— Certamente - disse Magnifico. - Ha mandato un suo subalterno che non ci conosceva ma che ci ha descritto al microfono.

Il capitano и rimasto sorpreso della mia descrizione, visto che non ci sono molte persone nella Galassia che mi assomigliano.

Io rappresentavo la prova dell'identitа di tutti voi.

— E cosм ci ha lasciato andare? - Noi non conosciamo la sua missione e il segreto che deve circondarla.

Ci ha spiato e, visto che non eravamo nemici, ci ha lasciato andare per evitare che venisse alla luce lo scopo della sua missione.

— Non essere testardo Toran - disse Bayta. - La spiegazione mi sembra abbastanza attendibile.

— Anche a me - disse Mis.

Toran s'accorse che erano tutti contro di lui.

Lo disturbava il pensiero della spiegazione cosм fluente fornita dal buffone.

Eppure, malgrado tutto, fu costretto a cedere.

— Per un momento - mormorт, - ho pensato che avrei potuto distruggere una nave del Mulo.

E la sua faccia si fece scura pensando ad Haven.

Gli altri compresero.

22. Morte su Neotrantor

NEOTRANTOR…

Il piщ piccolo pianeta di Deticass, ribattezzato cosм dopo il Grande Sacco, fu per quasi un secolo la sede dell'ultima dinastia del Primo Impero.

Era l'ombra di un mondo e l'ombra di un Impero e aveva importanza solo da un punto di vista legalitario.

Sotto il primo Imperatore della dinastia Neotrantoriana…

Enciclopedia Galattica

Il pianeta era chiamato Neotrantor.

Nuova Trantor.

Nient'altro, oltre al nome, poteva anche lontanamente ricordare l'antico grande mondo.

A due parsec di distanza, il sole della vecchia Trantor ancora illuminava la capitale imperiale del secolo passato della Galassia, che ancora ruotava in silenzio nella sua eterna orbita.

La vecchia Trantor era ancora abitata da uomini.

Non molti: un centinaio di milioni, forse, dove solo cinquant'anni prima vivevano quaranta miliardi di esseri umani.

Il colossale mondo coperto di metallo era ormai in rovina.

Gli scheletri delle innumerevoli torri erano contorti e vuoti; ancora adesso erano visibili i buchi e gli squarci aperti dal fuoco delle batterie, che raccontavano la storia del Grande Sacco di quarant'anni prima.

Era strano che un mondo che era stato il centro della Galassia per duemila anni, che era stato la dimora di legislatori e governanti e la cui potenza s'estendeva per migliaia di parsec, potesse morire in un mese.

Era strano che un mondo che era rimasto intatto, durante mille anni di lotte e rivoluzioni, di rivolte di palazzo e assassinii di Imperatori, potesse morire senza rimedio.

Era strano che la Gloria della Galassia non fosse ora altro che un ammasso di rottami.

Sarebbero dovuti passare secoli prima che il gigantesco lavoro di cinquanta generazioni di esseri umani cadesse definitivamente in rovina.

Solo la decaduta capacitа dell'uomo rendeva adesso queste rovine inutilizzabili.

I milioni di uomini rimasti dopo la morte di miliardi di esseri umani, abbattevano le costruzioni metalliche mettendo a nudo la terra, che non era piщ riscaldata dalla luce del sole ormai da mille anni.

Circondati dai relitti meccanici dello sforzo umano, circondati dalle meraviglie industriali create dal genio dell'uomo, questi esseri tornavano alla terra.

Nelle colossali isole spartitraffico ora cresceva il grano.

All'ombra delle torri, pascolavano le pecore.

Ma Neotrantor esisteva: un oscuro pianeta soffocato dall'ombra del grande Trantor, assurto a capitale dopo che la famiglia reale fuggiasca aveva eletto a sua residenza.

Era il simbolo della decadenza imperiale.

Venti mondi agricoli erano ciт che rimaneva dell'Impero Galattico! Dagobert IX, che governava su venti mondi abitati da contadini ignoranti, era l'Imperatore della Galassia, Signore dell'universo.

Dagobert IX aveva venticinque anni quando si trasferм su Neotrantor col padre.

Nei suoi occhi e nella sua mente erano ancora vivi i ricordi della gloria e della potenza del Vecchio Impero.

Ma suo figlio, che un giorno sarebbe diventato Dagobert X, era nato su Neotrantor.

Lui, non conosceva che venti mondi.

L'aeromobile di Jord Commason era il velivolo piщ perfetto che esistesse su Neotrantor.

Egli non solo era il piщ grande proprietario terriero del pianeta, ma fin da giovane era stato compagno di giochi e il genio malefico del giovane principe, insofferente alla disciplina impostagli dal debole padre.

Ora questa amicizia si era rafforzata e lui era sempre il genio malefico di un principe non piщ giovane che odiava e dominava un vecchio Imperatore.

Ora Jord Commason, comodamente seduto sul suo aeromobile, i cui ornamenti in madreperla e le rifiniture dorate rendevano inutile uno stemma che identificasse il proprietario, stava sorvolando le sue terre coltivate a grano, i suoi campi di foraggio, i suoi armenti, i suoi contadini che lavoravano con le sue macchine, e pensava agli ultimi avvenimenti.

Accanto a lui, curvo e rinsecchito, il suo autista guidava l'aeromobile dolcemente, con un sorriso sulle labbra.

Jord Commason non parlт al vento, all'aria, al cielo. - Ricordi quel che ti ho detto, Inchney? I capelli grigi di Inchney ondeggiavano al vento.

Sorrise allargando ancora piщ la bocca e mostrando i denti ingialliti mentre le rughe della faccia si facevano piщ profonde e fitte assumendo una strana espressione come di chi nasconda un piacevole segreto.

La voce rauca fischiт tra i denti.

— Ricordo, signore, e ho anche pensato.

— E a che cosa hai pensato, Inchney? - chiese l'altro impaziente.

Inchney si ricordт di essere stato giovane e bello una volta, e persino Lord su Trantor.

Ricordт che ora non era piщ niente su Neotrantor, che viveva per grazia di Jord Commason e che ripagava il suo debito consigliando talvolta il suo padrone.

Biascicт di nuovo: - E sempre conveniente, signore, avere ospiti della Fondazione.

Specialmente, signore, quando vengono a bordo di una sola astronave, e con un solo uomo atto alle armi.

Devono essere benvenuti.

— Benvenuti? - disse Commason scuro in faccia. - Forse.

Ma costoro sono maghi e forse molto potenti.

— Via - disse Inchney, - le grandi distanze nascondono la veritа.

La Fondazione non и che un mondo.

I suoi cittadini non sono che uomini.

Se gli si spara, muoiono.

Inchney continuт a mantenere la rotta.

Un fiume luccicava sotto di loro.

Sussurrт: - E non esiste forse ora un uomo che dicono sia capace di smuovere i mondi, alla Periferia? Commason si fece improvvisamente sospettoso. - Che ne sai tu? L'autista non sorrise piщ. - Niente, signore.

Era solo una stupida domanda.

Jord Commason non esitт e aggredi il vecchio con parole violente.

— Tu non fai mai domande stupide, Inchney.

E un giorno questa tua smodata curiositа ti costerа la pelle.

Ma questa volta voglio dirti quello che и capitato.

Quest'uomo viene chiamato Mulo, e un suo suddito, alcuni mesi fa, и venuto qui per parlare… d'affari.

Attendo che ora venga un altro per concluderli.

— E questi nuovi arrivati? Forse non sono coloro che sua signoria aspetta? - Non possiedono le credenziali che dovrebbero avere.

— Corre voce che la Fondazione sia stata sconfitta…

— Non sono stato io a dirtelo.

— Cosм si dice in giro - continuт Inchney, - se и vero, forse costoro sono fuggiaschi, e li si potrebbe trattenere per mostrare la nostra amicizia al Mulo.

— Dici? - Commason era incerto.

— E inoltre, signore, poichй si sa che l'amico del conquistatore non и altro che la sua ultima vittima, sarebbe una misura di difesa.

Esistono strumenti come il Rivelatore Psichico, e noi qui abbiamo quattro menti della Fondazione.

Esistono molte cose sulla Fondazione che sarebbe bene conoscere, e sarebbe bene sapere qualcosa anche sul Mulo.

Dopo di che, l'amicizia del Mulo sarebbe un poco meno pericolosa.

Commason, preoccupato, tornт al suo pensiero originale: - E se la Fondazione non fosse stata sconfitta? Se le voci fossero false? Le leggende dicono che la Fondazione non potrа mai essere conquistata.

— Siamo abbastanza vecchi signore, per non credere alle leggende.

— Certo, ma se non и caduta, Inchney? Pensaci! E vero che il Mulo mi ha fatto molte promesse, ma… - Aveva detto troppo e s'interruppe. - Le parole sono vento, i fatti sono ben altra cosa.

Inchney rise senza emettere un suono. - Le parole talvolta diventano fatti.

Ed и stupido allarmarsi per la Fondazione che sta all'altro capo della Galassia.

— C'и il principe - mormorт Jord Commason, parlando quasi a se stesso.

— Anche lui ha parlato con il Mulo, signore? Commason non riuscм a trattenere un'espressione soddisfatta. - Non proprio.

Non negli stessi termini.

Ma comincia a diventar piщ selvaggio e meno controllabile.

E come un indemoniato.

E se io m'impadronisco di questa gente e la porto via per servirmene… lui non manca di una certa furbizia, e io non sono ancora pronto a litigare con lui. - Era accigliato e pensieroso.