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Era basso, ed il suo corpo era tondeggiante come il viso. Aveva un’espressione ingenua e modi disinvolti, e si guardò attorno meravigliato.

Disse: — Come avete fatto a scendere così in fretta? Vi aspettavamo non prima di un paio d’ore.

— È un nuovo modello di nave — rispose Trevize, educatamente ma senza sbilanciarsi.

Kendray non era il giovanotto innocente che sembrava, comunque. Entrò nella sala comandi e disse subito: — Gravitazionale?

Trevize non vide l’utilità di negare l’evidenza. La voce incolore, disse: — Sì.

— Molto interessante. Si sente parlare di queste navi, ma non si riesce mai a vederle. I motori sono nella carena?

— Esatto.

Kendray guardò il computer. — I circuiti del computer, anche?

— Esatto. Almeno, così mi hanno detto: io non ho mai controllato.

— Ah, bene. Mi serve la documentazione della nave; numero del motore, luogo di costruzione, codice d’identificazione, la pappardella completa, insomma. È tutto nel computer, immagino, e scommetto che il computer può sfornare in mezzo secondo la certificazione che mi occorre.

Il computer impiegò poco più di mezzo secondo. Kendray tornò a guardarsi attorno. — Solo voi tre, a bordo?

— Esatto — rispose Trevize.

— Animali? Piante? Stato di salute?

— No, no, e buono — disse Trevize conciso.

— Hmm! — fece Kendray, scrivendo. — Potreste mettere la mano qui dentro? Semplice routine… La destra, per favore.

Trevize guardò l’apparecchio senza benevolenza. Il suo uso era sempre più comune: stava diventando sempre più elaborato. Si poteva dedurre quasi subito l’arretratezza di un mondo dall’arretratezza del suo microrivelatore. Ormai erano pochi i mondi che non ne avessero uno, per quanto arretrati. Il fenomeno era iniziato con lo sgretolamento finale dell’Impero, via via che ogni frammento dell’intero era diventato sempre più ansioso di proteggersi dalle malattie e dai microrganismi estranei degli altri.

— Cos’è? — chiese Bliss sottovoce, interessata, sporgendo la testa per osservare bene.

Pelorat rispose: — Credo che si chiami microrivelatore.

Trevize aggiunse: — Nulla di misterioso. È un congegno che controlla automaticamente una parte del corpo, dentro e fuori, in cerca di eventuali microrganismi capaci di trasmettere malattie.

— Questo li classifica anche, i microrganismi — disse Kendray, con una sfumatura piuttosto evidente di orgoglio. — È stato progettato qui su Comporellen… E se non vi dispiace, vorrei ancora la vostra destra.

Trevize inserì la mano ed osservò una serie di piccoli segni rossi che si spostavano lungo delle linee orizzontali. Kendray toccò un contatto, ed un fac-simile della diagnosi apparve immediatamente. — Se volete firmarlo, signore.

Trevize firmò. — In che condizioni sono? — chiese. — Non sono in grave pericolo, vero?

Kendray rispose: — Non sono un medico, quindi non sono in grado di dirvelo di preciso, ma qui non ci sono i segni che mi costringerebbero a respingervi od a mettervi in quarantena, ed a me non interessa altro.

— Sono proprio fortunato — commentò Trevize asciutto, scuotendo la mano per liberarsi del lieve pizzicore che provava.

— Voi, signore — disse Kendray.

Pelorat inserì la mano con una certa riluttanza, quindi firmò il certificato.

— E voi, signora?

Alcuni attimi dopo, Kendray stava fissando i risultati, dicendo: — Mai visto niente del genere prima d’ora. — Guardò Bliss con un’espressione intimorita. — Completamente negativo.

Bliss scoccò un sorriso accattivante. — Magnifico.

— Sì, signora. Vi invidio. — Kendray tornò a guardare il primo certificato. — La vostra carta d’identità, signor Trevize.

Trevize gliela mostrò. Kendray, guardandola, alzò gli occhi sorpreso. — Consigliere della Legislatura di Terminus?

— Appunto.

— Funzionario della Fondazione?

— Appunto. Quindi vediamo di sbrigarci, d’accordo?

— Siete voi il capitano della nave?

— Sì.

— Scopo della visita?

— Motivi di sicurezza della Fondazione, e non vi dirò altro. Capite?

— Sì, signore. Quanto intendete fermarvi?

— Non lo so. Forse una settimana.

— Molto bene, signore. E quest’altro signore?

— È il dottor Janov Pelorat — rispose Trevize. — Avete lì la sua firma, e per lui garantisco io. È uno studioso di Terminus, e mi assiste in questa mia visita.

— Capisco, signore, ma devo vedere il suo documento. Le regole non transigono, temo. Spero che anche voi capiate, signore.

Pelorat mostrò i suoi documenti.

Kendray annuì. — E voi, signorina?

Trevize intervenne: — Non c’è bisogno di importunare la signorina. Garantisco anche per lei.

— Certo, signore. Ma io devo vedere i documenti.

— Temo di non avere nessun documento, signore — disse Bliss.

Kendray aggrottò le sopracciglia. — Come avete detto?

Trevize disse: — La signorina non ha portato con sé i documenti. Semplice dimenticanza. È tutto a posto: mi assumo qualsiasi responsabilità.

Kendray replicò: — Vorrei potervelo permettere, ma non posso: la responsabilità è mia. Date le circostanze, non è terribilmente importante. Non dovrebbero esserci difficoltà a procurarsi dei duplicati. La signorina, immagino, è di Terminus.

— No.

— Di qualche regione della Fondazione, allora?

— A dire il vero, no.

Kendray fissò Bliss, quindi Trevize. — Le cose si complicano, Consigliere. Forse occorrerà più tempo per farsi rilasciare una copia dei documenti da un mondo che non appartenga alla Fondazione. Poiché non siete cittadina della Fondazione, signorina, dovete dirmi il nome del vostro mondo natale e quello del vostro mondo di residenza. Poi dovrete aspettare che arrivino i duplicati.

Trevize disse: — Sentite, signor Kendray, non vedo il motivo di questa perdita di tempo. Sono un funzionario della Fondazione e sono qui per una missione di notevole importanza: non devo essere intralciato da banali questioni burocratiche.

— Non dipende da me, Consigliere. Se dipendesse da me, vi lascerei scendere su Comporellen immediatamente, purtroppo i regolamenti non si discutono: devo attenermi ad essi, o peggio per me… Naturalmente, immagino che qualche rappresentante governativo di Comporellen vi stia aspettando. Se volete dirmi il suo nome, mi metterò in contatto con lui, e se lui mi ordinerà di lasciarvi passare, bene, lo farò.

Trevize esitò un attimo. — Signor Kendray, sarebbe un’azione poco opportuna. Posso parlare col vostro diretto superiore?

— Certo, però non potete vederlo così su due piedi…

— Sono sicuro che verrà subito quando capirà che si tratti di un funzionario della Fondazione…

— A dire il vero — fece Kendray — e rimanga tra noi, in questo modo peggiorereste le cose. Sapete, noi non facciamo parte del territorio metropolitano della Fondazione. Siamo una Potenza Alleata, e prendiamo seriamente questo ruolo. I nostri sono ansiosi di non sembrare burattini della Fondazione, per usare un’espressione popolare, e si fanno in quattro per dimostrare la loro indipendenza. Il mio superiore probabilmente riceverebbe dei buoni extra rifiutandosi di fare un favore ad un funzionario della Fondazione.

L’espressione di Trevize si oscurò. — Anche voi?

Kendray scosse la testa. — Io sono al di fuori della politica, signore: nessuno mi dà punti extra. Posso considerarmi fortunato se mi pagano lo stipendio. Ed anche se non ricevo premi, le note di biasimo posso riceverle, e molto facilmente, purtroppo.