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Trevize sorrise. — Meglio che ti ci abitui. La nave è molto più sicura affidata al controllo del computer che guidata da me… Certo, venite pure, comunque. Sarà istruttivo vedere cosa succede.

Erano sul lato illuminato del pianeta adesso e come stava spiegando Trevize la mappa del computer poteva essere confrontata più facilmente coi dati reali alla luce del sole che al buio.

— È ovvio — commentò Pelorat.

— Non è affatto ovvio. Il computer reagisce altrettanto rapidamente ai raggi infrarossi che la superficie emana anche in presenza dell’oscurità. Ma le onde infrarosse, per la loro lunghezza, non consentono al computer la definizione d’immagine consentita dalla luce visibile. In parole povere, il computer vede meno bene e meno chiaramente con l’infrarosso, e se non è proprio necessario preferisco facilitargli le cose il più possibile.

— E se la capitale si trova sul lato notturno?

— Le probabilità sono pari, ma anche se fosse sul lato notturno, una volta confrontata la mappa alla luce del giorno, possiamo abbassarci progressivamente e raggiungerla con precisione nonostante l’oscurità. E prima di avvicinarci alla capitale, incroceremo fasci di microonde e riceveremo messaggi che ci guideranno verso lo spazioporto più comodo… Non c’è motivo di preoccuparsi.

— Sicuro? chiese Bliss. — Mi stai portando sul pianeta senza documenti, e senza che abbia un mondo d’origine riconosciuto da questa gente… e io non intendo, anzi non posso, fare il nome di Gaia, in alcun caso. Cosa faremo allora se una volta sulla superficie mi chiederanno i documenti?

— Improbabile che accada — rispose Trevize. — Tutti penseranno che certe formalità siano già state sbrigate alla stazione d’ingresso.

— Ma se dovessero chiedermeli?

— Se sorgerà questo problema, lo affronteremo a tempo debito. Intanto, non creiamoceli dal nulla i problemi.

— Quando affronteremo i problemi che potranno presentarsi, forse sarà troppo tardi per risolverli.

— Conto sulla mia ingegnosità per far sì che non sia troppo tardi.

— A proposito di ingegnosità, come sei riuscito a farci superare la stazione d’ingresso?

Trevize guardò Bliss, e lasciò che le sue labbra si schiudessero lentamente in un sorriso monellesco. — Ho usato semplicemente il cervello.

— Ma cos’hai fatto, vecchio mio? — Insisté Pelorat.

Trevize rispose: — Si trattava solo di rivolgersi a lui nel modo giusto. Avevo provato con le minacce e con la corruzione velata. Avevo fatto appello alla sua logica e alla sua fedeltà alla Fondazione. Non ottenendo nulla, ho giocato la mia ultima carta: ho detto che tradivi tua moglie, Pelorat.

— Mia moglie? Ma amico mio, non ho alcuna moglie al momento.

— Lo so, ma lui non lo sapeva.

Bliss intervenne: — Con “moglie” presumo vi riferiate ad una donna che sia la compagna regolare di un uomo.

Trevize precisò: — Qualcosa di più, Bliss. Compagna legale, con diritti esercitabili riguardo il rapporto di compagnia.

Pelorat disse nervoso: — Bliss, non ho alcuna moglie. Ne ho avute occasionalmente in passato, ma è da parecchio tempo che non ho una moglie. Se vuoi che celebriamo il rito legale…

— Oh, Pel — rispose Bliss con un gesto secco della destra. — Che vuoi che m’interessi? Ho innumerevoli compagni che mi sono sempre vicini, come le tue braccia sono sempre vicine al tuo corpo. Solo gli Isolati si sentono così distaccati da dover ricorrere a convenzioni artificiose per consolidare un legame che è un debole surrogato della vera compagnia.

— Ma, Bliss… io sono un Isolato, cara.

— Col tempo, sarai meno Isolato, Pel. Forse non sarai mai pienamente Gaia, ma sarai meno Isolato, e avrai una miriade di compagni.

— Io voglio solo te, Bliss! — esclamò Pelorat.

— È perché non sai nulla della vera compagnia: imparerai.

Durante quella discussione Trevize si era concentrato sullo schermo, con un’espressione di tolleranza forzata in volto. Lo strato di nubi si era avvicinato, e per un attimo tutto si trasformò in una nebbia grigia.

«Visione microonde», pensò Trevize, ed il computer passò subito al rilevamento degli echi radar. Le nubi scomparvero e la superficie di Comporellen apparve; i colori erano falsati, e i confini tra i settori di diversa composizione erano un po’ sfocati e tremolanti.

— È così che ci apparirà Comporellen d’ora in poi? — chiese Bliss stupita.

— Solo finché non sbucheremo al di sotto delle nubi. Poi passeremo di nuovo alla luce solare. — Mentre Trevize rispondeva, il sole e la visibilità normale ritornarono.

— Capisco — annuì Bliss. — Ma c’è una cosa che non capisco… Non vedo perché il fatto che Pel tradisca o meno la moglie dovesse interessare al funzionario della stazione d’ingresso.

— Se quel tale, Kendray, ti avesse trattenuta, la notizia, gli ho detto, avrebbe potuto raggiungere Terminus, e quindi la moglie di Pelorat. Pelorat si sarebbe trovato nei guai. Non ho specificato che genere di guai, ma ho alluso a una situazione seria… C’è una specie di tacita solidarietà tra i maschi. — Trevize stava sorridendo adesso. — Ed un maschio non tradisce un altro uomo, anzi se gli viene chiesto lo aiuta. Dipende, presumo, dal fatto che chi aiuta potrebbe a sua volta avere bisogno di aiuto in seguito. Probabilmente — aggiunse assumendo un’espressione un po’ seria — esiste una complicità simile tra le donne, ma non essendo una donna non ho mai avuto occasione di osservarla direttamente.

La faccia di Bliss assomigliava ad una graziosa nube temporalesca. — È una battuta?

— No, parlo seriamente — rispose Trevize. — Non dico che quel Kendray ci abbia lasciati passare solo per aiutare Janov a non mettersi nei guai con la moglie. Può darsi che il senso di complicità maschile sia servito a dare un’ultima spinta decisiva alle altre mie argomentazioni.

— Ma è terribile. Sono le regole che tengono unita una società, che la fondono in un unico complesso: ti pare una cosa da nulla ignorare queste regole per motivi banali?

— Be’ — disse Trevize, di colpo sulla difensiva — certe regole sono di per se stesse futili: pochi mondi sono pignoli per quanto riguarda l’accesso ed il passaggio nel loro spazio in un periodo di pace e prosperità commerciale, come quello che stiamo attraversando adesso grazie alla Fondazione. Comporellen non è al passo coi tempi, probabilmente per qualche oscura questione di politica interna. Non vedo perché proprio noi dovremmo subirne le conseguenze.

— Questo non c’entra. Se obbediamo solo alle regole che riteniamo giuste e ragionevoli, allora qualsiasi regola cessa di avere valore, perché non esiste una regola giusta e ragionevole per tutti. E se ci interessa solo il nostro tornaconto personale, troveremo sempre una giustificazione per definire ingiusta una regola restrittiva. Si comincia con un trucco astuto e si finisce con l’anarchia e la catastrofe, così, anche per lo scaltro autore del trucco, dal momento che nemmeno lui sopravvivrà al crollo della società.

Trevize ribatté: — La società non crolla tanto facilmente. Tu parli come Gaia, e Gaia non può capire un’unione di individui liberi. Le regole, instaurate con ragionevolezza e giustizia, possono facilmente diventare superate e inutili via via che le circostanze cambiano, e restare ugualmente in vigore per inerzia. In tal caso è legittimo ed anche utile infrangere queste regole, se non altro per evidenziare che sono diventate superflue e magari anche dannose.

— Allora ogni ladro, ogni assassino, può giustificarsi dicendo che stia servendo l’umanità.

— Non arrivare agli estremi. Nel superorganismo di Gaia c’è un consenso automatico circa le regole sociali e a nessuno viene in mente di infrangerle. Si potrebbe anche dire che Gaia vegeti e si fossilizzi. Nella libera associazione di individuo c’è senza dubbio un elemento di disordine, ma è il prezzo che bisogna pagare per non perdere la capacità di introdurre novità e cambiamenti… Tutto sommato, è un prezzo ragionevole.