La “Far Star” si abbassò progressivamente, con piccole e inevitabili oscillazioni in un senso o nell’altro, fino a posarsi sul settore delimitato assegnatole.
Il cielo era di un azzurro pallido chiazzato di bianco, quando la nave atterrò. Anche in superficie il vento era teso, e pur non costituendo più un pericolo per la navigazione le sue sferzate gelide fecero sussultare Trevize. Si rese subito conto che i loro indumenti non erano adatti al clima di Comporellen.
Pelorat invece si guardò attorno soddisfatto ed inspirò a fondo dal naso, apprezzando almeno momentaneamente il morso del freddo. Aprì addirittura il giaccone per sentire il contatto del vento sul petto. Entro breve tempo, lo sapeva, avrebbe richiuso l’indumento e si sarebbe sistemato bene la sciarpa, ma per ora desiderava sentire l’esistenza di un’atmosfera. A bordo di una nave era impossibile.
Bliss si strinse nel giaccone e, con mani guantate, si calò il cappello sulle orecchie. Aveva un’espressione disfatta e infelice, e sembrava prossima alle lacrime.
Borbottò: — Questo mondo è malvagio: ci odia e ci maltratta.
— Niente affatto, cara — replicò Pelorat convinto. — Sono sicuro che i suoi abitanti lo amino, e che questo mondo… li ami, se vogliamo esprimerci così. Tra poco saremo al coperto, al caldo.
Quasi dietro un ripensamento, scostò un lembo del giaccone e lo avvolse attorno a Bliss, mentre lei gli si rannicchiava contro.
Trevize si sforzò di ignorare la temperatura. Ricevette una tessera magnetizzata dalla direzione portuale, controllando col suo computer tascabile per assicurarsi che fornisse i particolari necessari: il numero di corsia e dell’area di parcheggio, il nome e il numero di matricola della nave, e via dicendo. Poi si accertò nuovamente che la “Far Star” fosse ermeticamente chiusa, e stipulò la massima assicurazione consentita contro i sinistri (inutile, in realtà, poiché la “Far Star” sarebbe dovuto essere invulnerabile considerato il probabile livello tecnologico di Comporellen, e poiché in caso contrario sarebbe stata insostituibile a qualunque prezzo).
Trevize trovò il parcheggio dei taxi dove previsto. (Negli spazioporti, parecchie attrezzature e servizi si trovavano in posizioni standard, ed erano standardizzati come aspetto esteriore e modo d’impiego. Era una scelta obbligata, considerata l’utenza interplanetaria.)
Trevize chiamò un taxi, e indicò la destinazione battendo semplicemente “Città”.
Un taxi scivolò verso di loro su pattini diamagnetici, scosso leggermente dal vento e dalle vibrazioni di un motore non proprio silenzioso. Era di colore grigio scuro, e le insegne bianche spiccavano sulle posteriori. L’autista indossava un cappotto scuro e un cappello di pelo bianco.
Pelorat, notando certi particolari, commentò sottovoce: — Pare che i colori planetari siano il nero ed il bianco.
Trevize disse: — Può darsi che in città l’ambiente si vivacizzi un po’.
L’autista parlò in un piccolo microfono, forse per evitare di aprire il finestrino. — Andate in città, gente?
Il suo dialetto galattico aveva una cadenza dolce e cantilenante piuttosto simpatica, ed era facilmente comprensibile… il che era sempre un sollievo su un mondo nuovo.
— Esatto — rispose Trevize, e la portiera posteriore si aprì scorrendo di lato.
Bliss entrò, seguita da Pelorat e Trevize. La portiera si chiuse, e l’aria calda li avvolse.
Bliss si strofinò le mani, con un lungo sospiro di sollievo.
Il taxi partì lentamente, e l’autista disse: — La nave con cui siete arrivati è gravitazionale, vero?
Trevize rispose asciutto: — Considerando il modo in cui è atterrata, avete qualche dubbio?
L’autista chiese: — È di Terminus, allora?
Trevize rispose: — Conoscete qualche altro mondo in grado di costruirne una?
Il conducente rifletté un attimo mentre il taxi acquistava velocità. Poi disse: — Quando vi fanno una domanda, rispondete sempre con un’altra domanda?
Trevize non seppe resistere. — Perché no?
— In tal caso, cosa rispondereste se vi chiedessi se vi chiamate Golan Trevize?
— Risponderei: «Perché me lo chiedete?»
Il taxi si fermò ai margini dello spazioporto e l’autista disse: — Semplice curiosità! Ve lo chiedo ancora… Siete Golan Trevize?
La voce di Trevize divenne dura ed ostile. — Sono affari vostri?
— Amico mio — fece l’autista — finché non risponderete alla mia domanda non ci muoveremo. E se non risponderete in modo chiaro con un sì od un no entro due secondi, spegnerò il riscaldamento del vano passeggeri e continueremo ad aspettare. Siete Golan Trevize, Consigliere di Terminus? In caso di risposta negativa dovrete mostrarmi i vostri documenti.
— Sì, sono Golan Trevize, e come Consigliere della Fondazione pretendo di essere trattato con tutta la cortesia dovuta alla mia carica. Se sarete irriguardoso vi metterete nei pasticci, amico. Ebbene?
— Adesso possiamo procedere un po’ più distesi. — L’autista si avviò di nuovo. — Scelgo attentamente i miei passeggeri, e mi aspettavo di dare un passaggio a due uomini e basta. La donna è stata una sorpresa per me, ed ho pensato di essermi sbagliato. Invece, ho le persone giuste, e lascerò che siate voi a spiegare la presenza della donna quando sarete a destinazione.
— Voi non sapete quale sia la nostra destinazione.
— Guarda caso, lo so: andate al Dipartimento dei Trasporti.
— Non è là che vogliamo andare.
— Questo non ha la benché minima importanza, Consigliere. Se fossi un tassista vi porterei dove volete. Dato che non lo sono, vi porterò dove voglio andare io.
— Scusate — disse Pelorat sporgendosi in avanti ma mi pare che siate sicuramente un tassista: guidate un taxi.
— Chiunque può guidare un taxi. Non tutti hanno la licenza, però. E non tutte le vetture che sembrano taxi sono taxi.
Trevize intervenne: — Smettiamola di cincischiare. Chi siete, e cosa state facendo? Ricordate che dovrete rendere conto del vostro comportamento alla Fondazione.
— Io, no — ribatté l’autista. — I miei superiori, forse. Io sono un agente della Forza di Sicurezza comporelliana. Ho l’ordine di trattarvi col dovuto rispetto in considerazione della vostra carica, però dovete seguirmi. E niente scherzi, perché questo veicolo è armato, ed ho l’ordine di difendermi in caso di aggressione.
8
Il veicolo, raggiunta la velocità di crociera, avanzava silenzioso e senza scossoni, e Trevize sedeva assolutamente immobile, come pietrificato. Si rendeva conto, anche senza guardare, che di tanto in tanto Pelorat lo fissava con espressione incerta e sembrava chiedergli: «Che facciamo adesso? Per favore, dimmelo».
Bliss, notò Trevize dopo una rapida occhiata, era invece calma, apparentemente imperturbabile. Certo, lei era un mondo intero di per se stessa. Tutta Gaia, nonostante la distanza galattica, era racchiusa nella sua pelle. Bliss disponeva di grandi risorse, e poteva utilizzarle in caso di emergenza.
Ma, in sostanza, cos’era successo?
Chiaramente, il funzionario della stazione d’ingresso, seguendo la prassi, aveva inoltrato il suo rapporto, omettendo Bliss, e il rapporto aveva attirato l’attenzione del corpo di sicurezza e, fatto strano, del Dipartimento dei Trasporti. Perché?
Era tempo di pace, e Trevize non era al corrente di attriti particolari tra Comporellen e la Fondazione: lui stesso era un importante funzionario della Fondazione…