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— Non ti ha detto il perché, vero?

— No, ma se lei pensa di dover partire, significa che lo pensa anche Gaia.

— Il che significa che io non devo rifiutare. Giusto, Janov?

— Sì, credo che tu non debba rifiutare, Golan.

3

Per la prima volta nel suo breve soggiorno su Gaia, Trevize entrò nella casa di Bliss, che ora ospitava anche Pelorat.

Trevize si guardò attorno un istante. Su Gaia, le case tendevano alla semplicità. Con l’assenza pressoché totale di violenti fenomeni meteorologici di alcun genere, con la temperatura mite in ogni stagione a quella latitudine, con le placche tettoniche che scivolavano senza scosse quando proprio dovevano spostarsi, era inutile costruire case destinate ad una protezione complessa o a creare un ambiente comodo all’interno di un ambiente esterno disagevole: l’intero pianeta era una casa destinata a proteggere gli abitanti.

La casa di Bliss, nell’ambito della casa planetaria, era piccola; le finestre prive di vetri erano schermate da specie di zanzariere, i pochi mobili erano di linea piacevole e soprattutto pratici. C’erano immagini olografiche alle pareti; in un ologramma compariva un Pelorat dall’aria piuttosto sorpresa e impacciata. Trevize contrasse le labbra ma cercò di mascherare il proprio divertimento e incominciò a sistemarsi con cura la fusciacca.

Bliss lo osservò. Non sorrideva come al solito. Aveva invece un’espressione seria, e i suoi occhi scuri erano sgranati, mentre i capelli le scendevano sulle spalle in una morbida onda nera. Solo le sue labbra carnose, sfumate di rosso, conferivano un po’ di colore al viso.

— Grazie per essere venuto da me, Trev.

— Janov mi ha spiegato che si trattasse di una cosa urgente, Blissenobiarella.

Bliss accennò un sorriso. — Bel colpo. Se mi chiamerai Bliss, un monosillabo accettabile, cercherò di pronunciare il tuo nome per intero, Trevize. — Incespicò, quasi impercettibilmente, sulla seconda sillaba.

Trevize alzò la destra. — Sarebbe un’ottima soluzione. Mi rendo conto della consuetudine gaiana di usare parti monosillabiche dei nomi nel dialogo di pensieri comune, per cui non mi offenderò se di tanto in tanto dovessi chiamarmi Trev. Comunque, mi sentirò più a mio agio se cercherai di dire Trevize il più spesso possibile… ed io ti chiamerò Bliss.

Trevize la studiò, come faceva sempre quando la vedeva. Come individuo, era una ragazza poco più in là dei vent’anni. Come parte di Gaia, però, aveva interi millenni sulle spalle. Questa particolarità non influiva sul suo aspetto esteriore; la differenza invece si notava a volte nel suo modo di parlare, e nell’atmosfera che inevitabilmente la circondava. E lui voleva che diventassero così tutti gli esseri umani esistenti? No! Nella maniera più assoluta! Tuttavia…

Bliss disse: — verrò subito al nocciolo della questione. Hai messo in rilievo il tuo desiderio di trovare la Terra…

— Ho parlato a Dom — disse Trevize, deciso a non piegarsi a Gaia se non dopo avere insistito sul proprio punto di vista.

— Sì, ma parlando a Dom hai parlato a Gaia e ad ogni sua parte, quindi anche a me, per esempio.

— Mi hai sentito mentre parlavo?

— No, perché non stavo ascoltando. Ma in seguito, prestando attenzione, ho potuto ricordare le tue parole. Ti prego di accettare le cose come stanno, e proseguiamo. Hai manifestato il desiderio di trovare la Terra, insistendo sulla sua importanza. Io non vedo come questo possa essere importante, ma tu hai la capacità di avere ragione, pertanto io/noi/Gaia dobbiamo accettare quel che dici. Se la missione ha un’importanza cruciale per la tua decisione riguardo Gaia, allora è importantissima anche per Gaia, quindi Gaia deve venire con te, se non altro per cercare di proteggerti.

— Dicendo che Gaia deve venire con me, intendi dire che tu devi venire con me. Esatto?

— Io sono Gaia — disse semplicemente Bliss.

— Come lo sono tutte le altre cose su questo pianeta e di questo pianeta. Perché, allora, proprio tu? Perché non un’altra parte di Gaia?

— Perché Pel vuole venire con te, e partendo con te, non sarebbe felice con una parte di Gaia che non fossi io.

Pelorat, che sedeva con discrezione in un angolo (volgendo le spalle alla propria immagine, notò Trevize), disse sottovoce: — È vero, Golan: Bliss è la mia parte di Gaia.

Bliss scoccò un sorriso immediato. — È eccitante sentirsi considerati in questo modo. È un concetto decisamente alieno, sia chiaro.

Be’, vediamo. — Trevize incrociò le mani dietro la testa e cominciò a dondolarsi sulle gambe posteriori della sedia. Le gambe scricchiolarono subito, al che lui decise che l’oggetto non fosse abbastanza solido da resistere a quel gioco e si affrettò a riportare la sedia nella posizione corretta. — Farai ancora parte di Gaia se la lascerai?

— Non è indispensabile. Per esempio, in caso di grave pericolo posso isolarmi affinché eventuali sofferenze non si riversino su Gaia, o posso isolarmi per altre ragioni di carattere eccezionale, in casi di emergenza. Comunque, generalmente farò sempre parte di Gaia.

— Anche se balzeremo nell’iperspazio?

— Sì, anche se i Balzi nell’iperspazio complicheranno leggermente le cose.

— È una prospettiva che non mi tranquillizza affatto.

— Perché?

Trevize arricciò il naso nella solita reazione metaforica ad un cattivo odore. — Perché tutte le cose che sentirai e vedrai sulla mia nave saranno sentite e viste da tutta Gaia.

— Io sono Gaia, quindi Gaia vedrà, sentirà e percepirà quello che io vedrò, sentirò e percepirò.

— Appunto. Persino questa parete vedrà, sentirà e percepirà.

Bliss guardò la parete indicata da Trevize e si strinse nelle spalle. — Sì, anche questa parete. Possiede solo una coscienza infinitesimale, quindi sente e capisce solo a livello infinitesimale, ma per fare un esempio suppongo che ci siano dei mutamenti subatomici come reazione a quanto stiamo dicendo ora, mutamenti che permettano alla parete di fondersi attivamente con la struttura complessiva di Gaia contribuendo così al benessere dell’insieme.

— Ma se io volessi un po’ di privacy? Può darsi che non voglia che una parete sappia cosa dico e cosa faccio.

Bliss sembrava esasperata e Pelorat si affrettò ad intervenire. — Non voglio intromettermi, Golan, dal momento che io stesso ignoro molte cose di Gaia. Eppure, stando con Bliss ho afferrato in parte come sia la situazione qui… Se su Terminus cammini tra la folla, vedi e senti parecchie cose, e può darsi che ne ricordi alcune. Potresti addirittura ricordarle tutte, con gli stimoli cerebrali adeguati, ma per lo più non ti riguardano, non ti interessano. E lasci perdere. Lasci perdere anche le scene che lì per lì ti colpiscono, le cose che lì per lì catturano la tua attenzione, e dimentichi. Probabilmente, su Gaia succede la stessa cosa. Anche se tutta Gaia è al corrente in modo dettagliato dei tuoi affari, questo non significa che le interessano per forza… Non è vero, mia cara Bliss?

— Non avevo mai preso in considerazione questo particolare punto di vista, Pel, ma c’è qualcosa di pertinente nelle tue parole. Comunque, questa privacy di cui parla Trev… cioè, Trevize… è una cosa che per noi non ha alcun valore. Anzi io/noi/Gaia la troviamo incomprensibile. Volersi escludere dalla totalità… senza che gli altri sentano la tua voce, senza che gli altri siano testimoni delle tue azioni, senza che gli altri colgano i tuoi pensieri… — Bliss scosse la testa vigorosamente. — Ho detto che nelle emergenze possiamo isolarci, però nessuno di noi vivrebbe così spontaneamente, nemmeno per un’ora.