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Scosse la testa. No! In questo caso era lui, Trevize, a controllare completamente la situazione: il ruolo del computer era solamente passivo.

Si alzò, spostandosi nella piccola cambusa che fungeva anche da zona pranzo. C’erano abbondanti scorte alimentari di ogni genere, con tutti gli impianti di refrigerazione e cottura occorrenti. Aveva già notato che i suoi videolibri erano riposti ordinatamente nella sua stanza, ed era abbastanza sicuro… no, del tutto sicuro… che anche la biblioteca personale di Pelorat fosse a posto. Altrimenti le rimostranze di Janov si sarebbero già fatte sentire.

Pelorat! Ricordandosi improvvisamente una cosa, Trevize entrò nella stanza dello studioso. — C’è posto per Bliss qui, Janov?

— Oh, sì, certo.

— Posso trasformare il saloncino in una camera da letto per lei.

Bliss alzò lo sguardo, spalancando gli occhi. — Non desidero affatto una camera da letto separata: sono contenta di stare qui con Pel. Comunque, immagino di poter usare le altre stanze in caso di necessità. La palestra, per esempio.

— Certamente. Qualsiasi stanza, purché non sia la mia.

— Bene. È proprio quello che avrei suggerito io, se fosse dipeso da me. Naturalmente, tu starai fuori dalla nostra.

— Naturalmente — disse Trevize, abbassando lo sguardo e notando che le sue scarpe oltrepassavano la soglia. Mosse un passo indietro, e disse con espressione severa: — Questo non è un alloggio adatto ad una luna di miele, Bliss.

— Date le sue dimensioni, direi che sia proprio così, anche se Gaia l’ha ampliata di una buona metà rispetto a prima.

Trevize cercò di non sorridere. — Dovrete andare molto d’accordo.

— Andiamo molto d’accordo — disse Pelorat, visibilmente imbarazzato dall’argomento. — Ma, credimi, vecchio mio, lascia che siamo noi a studiare la nostra sistemazione.

— In realtà, non posso — replicò lentamente Trevize. — Voglio mettere bene in chiaro che questo non è il luogo adatto a una luna di miele. Se siete d’accordo tutti e due siete liberi di fare quel che vogliate, io non ho alcuna obiezione a questo proposito, però dovete rendervi conto che non avrete un minimo di privacy. Spero che tu lo capisca, Bliss.

— C’è una porta — disse lei — e immagino che non verrai a disturbarci quando la troverai chiusa… a meno che non si tratti di una situazione di emergenza, ovvio.

— Certo, non vi disturberò. In ogni modo, qui l’insonorizzazione è inesistente.

— In pratica, Trevize — fece Bliss — stai cercando di dire che sentirai chiaramente le nostre conversazioni e certi suoni che potremmo produrre durante il rapporto sessuale.

— Sì, mi riferivo a questo. Quindi, tenendo conto di questo particolare, può darsi che dobbiate limitare le vostre attività a bordo. Sarà seccante, mi spiace, purtroppo la situazione è questa.

Pelorat si schiarì la voce garbatamente: — In effetti, Golan, è un problema che ho già dovuto affrontare. Come saprai, ogni sensazione provata da Bliss, quando è insieme a me, viene provata da tutta Gaia.

— Ci avevo pensato — annuì Trevize, e a giudicare dall’espressione sembrava che stesse reprimendo un sussulto. — Ma non intendevo parlartene… caso mai non ti fosse venuto in mente.

— Ma mi è venuto in mente, temo — disse Pelorat.

Bliss intervenne: — Non ingigantire la cosa, Trevize. In qualunque istante, può darsi che ci siano migliaia di esseri umani su Gaia impegnati in attività sessuali, milioni di persone intente a mangiare, a bere, od impegnate in altre attività ricreative che producano piacere. Questo fenomeno crea un aura generale di delizia che Gaia avverte in tutte le sue parti. Gli animali, le piante, i minerali… tutti hanno i loro piaceri, su scala progressivamente ridotta… e pure questi contribuiscono a una gioia cosciente generalizzata che Gaia percepisce sempre, e che è sconosciuta su tutti gli altri mondi.

— Anche noi abbiamo le nostre gioie — disse Trevize. — Se vogliamo, possiamo dividerle con gli altri, più o meno. E se vogliamo, le teniamo per noi.

— Se poteste provare le nostre, capireste come siete poveri, voi Isolati, sotto questo aspetto.

— Come puoi sapere cosa proviamo noi?

— Anche senza saperlo, mi pare logico supporre che un mondo di piaceri comuni debba essere un’esperienza molto più intensa dei piaceri alla portata di un singolo individuo isolato.

— Forse, ma anche se i miei piaceri fossero miseri, mi terrei le mie gioie e i miei dolori e mi accontenterei, nonostante la loro scarsa intensità, e sarei me stesso, non il fratello consanguineo della roccia più vicina.

— Non schernire — disse Bliss. — Tu apprezzi il valore di ogni cristallo minerale delle tue ossa o dei tuoi denti, e ti preoccupi del loro stato, anche se hanno il medesimo livello di coscienza dei comuni cristalli di roccia delle stesse dimensioni.

— Be’, è vero — ammise Trevize con riluttanza — ma intanto stiamo divagando. Non mi interessa se tutta Gaia sia partecipe della tua gioia, Bliss. Io non voglio esserne partecipe. Viviamo in uno spazio esiguo, e non intendo partecipare per forza alle vostre attività, nemmeno indirettamente.

Pelorat disse: — È una discussione superflua, vecchio mio. Sono ansioso quanto te di tutelare la mia intimità. Bliss ed io saremo discreti, vero, Bliss?

— Come desideri, Pel.

— Dopo tutto — continuò Pelorat — probabilmente i periodi di tempo trascorsi sui pianeti saranno più lunghi di quelli di volo spaziale, e sui pianeti le opportunità per godere di un’autentica privacy…

— Non mi interessa quello che farete sui pianeti — l’interruppe Trevize. — Ma su questa nave sono io che comando.

— Appunto — disse Pelorat.

— Allora, chiarito questo, è ora di decollare.

— Ma… un momento. — Pelorat trattenne Trevize per la manica. — Decollare per dove? Non sai dove sia la Terra. Bliss ed io non lo sappiamo. E non lo sa neppure il tuo computer, perché mi hai detto tempo fa che non abbia alcuna informazione riguardo la Terra. Che intendi fare, dunque? Non puoi semplicemente vagare per lo spazio a casaccio, mio caro amico.

Al che, Trevize sorrise, esprimendo qualcosa di prossimo alla gioia. Per la prima volta da quando era caduto nella morsa di Gaia, si sentiva padrone del proprio destino.

— Ti assicuro che non è mia intenzione vagare nello spazio, Janov. So perfettamente quale sia la mia destinazione.

3

Pelorat entrò adagio nella sala comandi dopo avere atteso invano che rispondessero ai suoi lievi battiti alla porta. Trovò Trevize che fissava assorto il campo stellare.

— Golan… — esordì Pelorat, e attese.

Trevize alzò lo sguardo. — Janov! Siediti… Dov’è Bliss?

— Sta dormendo… Siamo nello spazio, vedo.

— Vedi correttamente. — Trevize non ebbe alcuna reazione di stupore di fronte alla leggera sorpresa del compagno. Sulle nuove navi gravitazionali, non c’era modo di accorgersi del decollo. Non c’erano effetti inerziali; nessuna spinta d’accelerazione, nessun rumore, nessuna vibrazione.

Possedendo la capacità di isolarsi dai campi gravitazionali esterni, a qualsiasi livello fino ad un isolamento totale, la “Far Star” si staccava dalla superficie dei pianeti come se stesse galleggiando su un mare cosmico. E mentre lo faceva, l’effetto gravitazionale all’interno della nave, paradossalmente rimaneva normale.

Mentre la nave era all’interno dell’atmosfera, naturalmente, non c’era bisogno di accelerare, di modo che il sibilo e le vibrazioni del rapido scorrimento dell’aria erano assenti. Uscendo dall’atmosfera, comunque, era possibile accelerare, e parecchio, senza che i passeggeri ne risentissero.