Era il massimo della comodità e Trevize era convinto che sarebbe stato impossibile inventare qualcosa di superiore, almeno finché l’umanità non avesse scoperto un sistema per spostarsi nell’iperspazio senza navi e senza preoccuparsi dei campi gravitazionali vicini che avrebbero potuto essere troppo forti. Ora la “Far Star” avrebbe dovuto allontanarsi da Gaia per parecchi giorni prima che l’intensità gravitazionale scendesse a livelli sufficientemente deboli da consentire il Balzo iperspaziale.
— Golan, amico mio — disse Pelorat. — Posso parlarti un attimo? Non sei troppo occupato?
— Non sono affatto occupato. Il computer si occupa di tutto, una volta ricevuto le mie istruzioni. Ed a volte sembra quasi che indovini quali saranno i miei ordini, e li esegue ancor prima che io riesca ad articolare il messaggio. — Trevize accarezzò affettuosamente la sommità della scrivania.
Pelorat disse: — Siamo diventati buoni amici, Golan, nel breve periodo di tempo da che ci conosciamo, anche se devo ammettere che a me non sembra un periodo poi tanto breve. Sono accadute tante cose. È strano, se mi soffermo a pensare alla mia esistenza moderatamente lunga mi rendo conto che gran parte degli avvenimenti degni di nota si sono concentrati negli ultimi mesi. Almeno, così parrebbe. Sarei quasi tentato di…
Trevize alzò una mano. — Janov, stai uscendo dal seminato, credo. Eri partito dicendo che siamo diventati buoni amici in breve tempo. Sì, è vero, lo siamo diventati, e lo siamo tuttora… Se è per questo, conosci Bliss da ancor meno tempo e con lei hai stretto un’amicizia ancor più profonda.
— Be’, è una faccenda diversa, naturalmente — osservò Pelorat, schiarendosi la voce imbarazzato.
— Naturalmente — annuì Trevize. — Ma cosa consegue dalla nostra breve ma salda amicizia?
— Ecco, ragazzo mio, se come hai appena detto siamo ancora amici, allora devo passare a Bliss… che come hai appena detto mi è particolarmente cara.
— Capisco. E allora?
— Lo so, Golan, che Bliss non ti piace, ma vorrei, per…
Trevize alzò di nuovo la mano. — Un attimo, Janov. Non sono estasiato dalla presenza di Bliss, però non la detesto nemmeno. In effetti, non ho alcuna animosità nei suoi confronti. È una ragazza attraente, ed anche se non lo fosse sarei disposto a trovarla attraente per l’amicizia che mi lega a te. È Gaia che detesto.
— Ma Bliss è Gaia.
— Lo so, Janov: è questo che complica tanto le cose. Finché vedo Bliss come persona, nessun problema. Se penso a lei come Gaia, i problemi sorgono.
— Ma non hai concesso a Gaia una sola possibilità, Golan. Ascolta, vecchio mio, lascia che ti confessi una cosa. Quando Bliss ed io siamo in intimità, a volte lei per un paio di minuti mi lascia entrare nella sua mente. Solo un paio di minuti, perché dice che sono troppo vecchio per adattarmi… Oh, non ridere, Golan, anche tu saresti troppo vecchio per adattarti al fenomeno. Se un Isolato, come noi due, dovesse far parte di Gaia per più di un paio di minuti potrebbero esserci delle lesioni cerebrali, che in cinque o dieci minuti sarebbero irreversibili… Ah, se solo potessi provare questa esperienza, Golan…
— Quale? Le lesioni cerebrali irreversibili? No, grazie.
— Golan, mi stai fraintendendo volutamente. Mi riferivo a quei brevi attimi di unione: non sai cosa perdi. È indescrivibile. Bliss parla di un senso di gioia. È come dire che si prova un senso di gioia nel bere finalmente un po’ d’acqua dopo essere quasi morti di sete. No, se dovessi descrivere la sensazione non saprei neppure da che parte iniziare… Ecco, si è partecipi dei piaceri provati separatamente da un miliardo di persone. Non è una gioia costante; se lo fosse, dopo un po’ non la si avvertirebbe più. È qualcosa che vibra… che lampeggia… ha uno strano ritmo pulsante che ti cattura. È una gioia più grande, no, migliore, di quella che si può provare separatamente. Quando Bliss mi esclude, avrei voglia di piangere, quasi…
Trevize scosse la testa. — Sei sorprendentemente eloquente, amico mio, ma dalle tue parole si direbbe quasi che stessi descrivendo una tossicodipendenza da pseudoendorfina, o da qualche altra droga che ti offra una gioia passeggera per poi sprofondarti in un inferno permanente. Non fa per me! Non intendo rinunciare alla mia individualità per qualche barlume fugace di gioia.
— Io ho ancora la mia individualità, Golan.
— Ma se continuerai, per quanto tempo la conserverai, Janov? Vorrai dosi sempre maggiori della tua droga, ed alla fine il tuo cervello sarà danneggiato. Janov, non devi permettere a Bliss di farti una cosa simile. Forse sarebbe meglio che gliene parlassi io.
— No! Non farlo! Ecco, non sei un campione di tatto, e non voglio che si offenda. Ti assicuro che sotto questo aspetto si prende cura di me più di quanto immagini. La possibilità di lesioni cerebrali la preoccupa più di quanto non preoccupi il sottoscritto: te lo garantisco.
— Be’ in tal caso, mi rivolgerò a te, Janov: non farlo più. Hai vissuto per cinquantadue anni col tuo tipo particolare di piacere e di gioia, e il tuo cervello si è adattato a sopportare una data situazione. Non lasciarti coinvolgere da un vizio nuovo e insolito, altrimenti dovrai pagare un prezzo, magari non subito, però alla fine pagherai.
— Sì, Golan — disse Pelorat sottovoce, guardandosi la punta delle scarpe. Poi disse: — Prova a guardare la cosa sotto questa angolazione… E se tu fossi una creatura unicellulare…
— So cosa vorresti dire, Janov. Lascia perdere. Bliss e io abbiamo già discusso di questa analogia.
— Sì, ma rifletti un attimo… Immaginiamo degli organismi unicellulari con un grado di coscienza pari a quello umano e in possesso della facoltà di pensiero… e immaginiamo che si trovino di fronte alla possibilità di diventare un organismo multicellulare. Gli organismi unicellulari non piangerebbero la loro perdita di individualità, non sarebbero fermamente contrari all’imminente fusione coatta nella personalità di un organismo globale? E non sbaglierebbero? Una cellula individuale potrebbe mai immaginare la potenza del cervello umano?
Trevize scosse deciso a testa. — No, Janov, è una falsa analogia. Gli organismi unicellulari non hanno coscienza né facoltà di pensiero… od al massimo hanno un livello di coscienza infinitesimale che equivale in pratica a zero. Combinandosi e perdendo la loro individualità, questi organismi perdono qualcosa che in realtà non hanno mai avuto. Un essere umano, invece, è cosciente e pensante. Perderebbe una coscienza ed una intelligenza indipendente vera, quindi l’analogia viene a cadere a questo punto.
Ci fu un attimo di silenzio tra loro, un silenzio quasi opprimente. Infine Pelorat, tentando di spostare la conversazione lungo una rotta diversa, disse: — Perché fissi lo schermo?
— La forza dell’abitudine — rispose Trevize con un sorriso amaro. — Il computer mi dice che non ci siano navi gaiane che ci seguano, né squadre sayshelliane che ci vengano incontro. Eppure osservo ansioso lo schermo, confortato dalla mancata apparizione di queste navi, nonostante i sensori del computer siano centinaia di volte più acuti e precisi dei miei occhi. Come se non bastasse, il computer è in grado di percepire certe proprietà dello spazio che i miei sensi non potranno mai cogliere… Pur sapendo tutto questo, io guardo.
— Golan, se siamo veri amici…
— Ti prometto che non farò nulla che possa angustiare Bliss… almeno, se proprio non sarà inevitabile.
— C’è un’altra cosa. Mi tieni nascosta la tua destinazione, come se non ti fidassi di me. Dove stiamo andando? Credi di conoscere la posizione della Terra?
Trevize alzò gli occhi, inarcando le sopracciglia. — Mi dispiace. Ho serbato il segreto tutto per me, vero?