Il dottor Windsor si avvicinò a un gruppo di donne, in quanto sapeva per esperienza che le donne erano più ricettive degli uomini alla particolare forma di Cristianesimo da lui praticata.
— Sono venuto — disse, sforzandosi di evitare di assumere un tono pomposo — per offrirvi il conforto del Signore. In momenti come questi, dobbiamo sempre rivolgerci a Lui.
Le donne lo guardavano un po’ perplesse, e qualcuna si tirò istintivamente indietro.
— Sono il reverendo Windsor e vengo da Washington. Vado dove mi chiamano. Volete pregare con me?
Una donna alta e sottile, dall’aria materna, si fece avanti. — Per favore, andatevene — disse.
Il dottor Windsor, preso di contropiede, agitò le mani. — Ma… ma… non capisco. Volevo soltanto…
— Sappiamo quali sono le vostre intenzioni — gli disse la donna — e vi ringraziamo del pensiero. Sappiamo che è stato un gesto dettato dalla gentilezza.
— Ma cosa volete dire? — balbettò il dottor Windsor. — E poi non vorrete parlare a nome di tutti. Se a voi non…
Si fece avanti un uomo che prese il pastore per un braccio. — Amico, lasciate perdere — disse.
— Ma questa donna…
— Lo so. Ho sentito tutto. Non è solo lei a pensarla così. Ha parlato in nome di tutti.
— Continuo a non capire.
— Non importa. Andatevene.
— Mi scacciate?
— Ma no; non ce l’abbiamo con voi personalmente. Siamo contrari ai principi che rappresentate.
— Rifiutate il Cristianesimo?
— Non solo il Cristianesimo. Nella Rivoluzione Logica del secolo scorso abbiamo rifiutato tutte le religioni. Il nostro ateismo è una fede radicata quanto le vostre credenze religiose. Tuttavia ognuno è libero di pensarla come vuole, quindi vi prego di lasciarci in pace.
— Incredibile! — esclamò il reverendo dottor Windsor. — Non credo alle mie orecchie. Dev’esserci uno sbaglio. Volevo solo pregare con voi.
— Ma, prete, noi non preghiamo mai.
Il dottor Windsor si voltò e risalì con passo malfermo la strada, verso il gruppo dei giornalisti che lo avevano seguito tenendosi a distanza. Scosse la testa, confuso. Era incredibile, impossibile, inconcepibile, blasfemo.
Dopo tanti anni di agonia umana, dopo tante pene per arrivare alla verità, dopo tutti i santi e i martiri, la conclusione non poteva essere quella!
27
Il generale Daniel Foote, comandante a Fort Myer, li aspettava insieme a tre uomini nel suo ufficio.
— Non sareste dovuti venire soli — disse a Wilson. — L’ho detto al Presidente, ma non ha voluto darmi retta. Gli ho offerto di mandare una scorta, ma ha rifiutato, dicendo che non voleva attirare l’attenzione sulla vostra auto.
— Il traffico era molto scarso — disse Wilson.
— Viviamo in tempi molto incerti — commentò il generale.
— Generale Foote, posso presentarvi la signorina Alice Gale? È la figlia dell’uomo che si è messo in contatto con noi.
— Felice di fare la vostra conoscenza, signorina Gale — disse il generale. — Questi tre signori mi hanno detto di vostro padre. Signor Black, sono lieto di rivedervi.
— Grazie, generale.
— Signori, vorrei avere l’onore di presentarvi il dottor Hardwick, uno dei nostri più eminenti scienziati — disse Alice indicando uno dei tre uomini in piedi accanto al generale. — Il dottor Hardwick è l’Einstein del nostro tempo. Dottor Hardwick, il signor Wilson e il signor Black.
L’uomo alto e goffo come un grosso orso le sorrise. — Non mi dovete adulare, cara — disse. — Poi pretenderanno troppo da me. Signori, sono felice di essere qui con voi. È ora che cerchiamo di far fronte a una situazione che per voi è certo incresciosa. Sono lieto che abbiate saputo reagire con tanta prontezza e in modo positivo. Il vostro Presidente dev’essere un uomo fuori del comune.
— È quello che pensiamo anche noi — disse Wilson.
— Il dottor William Cummings — riprese Alice, continuando le presentazioni. — Il dottor Hardwick era un nostro concittadino, mentre il dottor Cummings viene dalla zona di Denver. Mio padre e altri hanno pensato che dovesse esser presente anche lui, quando il dottor Hardwick si incontrerà con i vostri scienziati.
Cummings pareva un ragnetto: piccolo, sottile, calvo, con una faccia grinzosa da gnomo.
— Sono felice di essere qui. Tutti siamo felici — dichiarò. — E non posso fare a meno di esprimervi il nostro dispiacere per quello che è successo al tunnel.
— E infine — proseguì Alice — il dottor Abner Osborne. È un vecchio amico di famiglia.
Osborne le circondò le spalle con un braccio e l’attirò a sé. — Questi signori — disse indicando i colleghi — sono due eminenti fisici. Io sono solo un povero geologo. Dimmi, cara, come sta tuo padre? L’ho cercato, appena arrivati, ma non sono riuscito a trovarlo.
Il generale fece cenno a Wilson di avvicinarsi e gli chiese a bassa voce se c’erano notizie del mostro.
— Non ne abbiamo più saputo niente. Pensiamo che si sia diretto verso le montagne.
— Credo che abbiate ragione — assentì il generale. — Abbiamo ricevuto dei rapporti… o meglio, delle voci da Harpers Ferry, Strasburg, Luray… ma è impossibile. Sono località troppo lontane. Non esistono animali capaci di muoversi così in fretta. Siete davvero sicuro che fosse uno di quei mostri?
— Dovreste saperlo meglio di me — asserì brusco Wilson. — C’erano dei vostri soldati, sul posto. Dal rapporto risulta che uno dei mostri è rimasto ucciso e che un altro è fuggito.
— Sì, lo so — ribatté il generale. — Stanno portando qui la carcassa di quello morto.
Wilson giudicò che il generale doveva essere sconvolto e nervoso. Che fosse al corrente di qualche particolare sconosciuto alla Casa Bianca?
— State cercando di dirmi qualcosa, generale? — domandò.
— Oh, no, vi pare?
Ma Wilson non era persuaso. Quel bastardo doveva tenersi per sé qualcosa di cui avrebbe poi fatto argomento di conversazione coi colleghi al club.
— Sarà meglio che partiamo — si limitò a dire.
Risalirono in auto, Black prese posto accanto all’autista, Wilson e Osborne sugli strapuntini.
— Vi parrà strano che un geologo faccia parte del gruppo — disse Osborne.
— Infatti me l’ero chiesto — ammise Wilson. — Non che non siate il benvenuto.
— Si pensava che avreste fatto delle domande sul Miocene.
— Cioè, volete dire, sul fatto che voi avete intenzione di andarci? E, soprattutto, perché ci avete esortato a tornare anche noi nella preistoria?
— Sarebbe un modo di risolvere il problema.
— Perché? Siete sicuri che molti mostri riusciranno a seguirvi qui? Che saremo costretti ad abbandonare la Terra anche noi?
— Oh, no di certo — rispose il geologo. — Speravamo che nessun mostro riuscisse a seguirci, con tutte le precauzioni che abbiamo preso. Anzi, non riesco a immaginare come sia potuto accadere, e non credo che la fuga di un mostro solo…
— Non credete, ma non ne avete la certezza.
— Infatti. Sono creature molto abili e intelligenti. I nostri biologi potrebbero spiegarvelo meglio.
— E allora perché ritenete che anche noi si debba tornare nel Miocene?
— Perché siete pericolosamente vicini a un punto di rottura — disse Osborne. — I nostri storici potrebbero spiegarvelo meglio di me, ma ci sono tutti i sintomi. Oh, so bene che ora vi trovate su un piano temporale diverso e che perciò seguirete una strada diversa dalla nostra, ma credo che il cambiamento sia sopravvenuto troppo tardi.