— Oh, per adesso siamo solo una ventina — disse la prima ragazza — ma scrivetelo sui giornali, ditelo alla TV e vedrete che diventeremo subito migliaia. Verranno da Chicago, da New York, da Boston, da Los Angeles. Perché, vedete, questa è la prima vera occasione che ci si offre.
— Avete ragione — disse il giornalista. — E vi capisco. Ma come pensate di riuscirci? Con delle dimostrazioni? Andando a bussare alla Casa Bianca?
— Se volete dire che nessuno baderà a noi, avete ragione — disse il giovanotto. — Ma fra ventiquattr’ore dovranno per forza accorgersi di noi. E fra quarantotto verranno a patti.
— Ma sapete benissimo che i tunnel temporali non sono stati ancora costruiti — obiettò il giornalista. — E forse non lo saranno mai. Ci vogliono attrezzature, materiale, manodopera…
— Manodopera possono averne finché gliene pare. Ci diano picconi e badili e siamo pronti a dare una mano. Gratis. Non chiediamo altro che il permesso di andarcene.
— Scrivetelo — disse la seconda ragazza. — Fateglielo capire.
— Non abbiamo intenzione di fare casino — promise il giovane. — Niente chiasso né violenza. Vogliamo solo che sappiano, e l’unico modo è questo.
— Non vogliamo niente — ripeté una ragazza. — Del resto l’uomo delle caverne è pur partito da zero, no? Anche noi faremo così.
— Ma cosa state a dar retta a questi matti! — intervenne un omaccione col sigaro in bocca. — Non fanno che blaterare. Hanno la testa piena di balordaggini. Non vogliono andarsene, vogliono solo far chiasso e creare disordini.
— Avete torto — ribatté il giovane col cartello. — Quello che abbiamo detto è la sacrosanta verità. Vogliamo andare nella preistoria, tutto qui. Cosa vi fa credere che abbiamo tanta voglia di restare qui insieme a degli imbecilli come voi?
L’uomo col sigaro afferrò l’asta del cartello, e una delle ragazze gli mollò un calcio in uno stinco. L’uomo vacillò, lasciò la presa, e il giovanotto gli calò il cartello sulla testa.
Un tizio che stava vicino all’omaccione colpì il giovanotto con un pugno. Scoppiò un tafferuglio, e la polizia accorse a ristabilire l’ordine.
35
Judy era al suo posto di lavoro. Gli appunti andavano accumulandosi e le spie luminose lampeggiavano sulla sua scrivania.
— Sei riuscita a dormire? — le domandò Wilson.
— Un po’ — rispose lei alzando gli occhi a guardarlo. — Sono rimasta sveglia a pensare. Ho paura. Le cose non si mettono bene, vero, Steve?
— No — rispose lui. — È che abbiamo troppa carne al fuoco. Impossibile far subito fronte a tutto. Se ci fosse più tempo, potrebbe andar meglio.
— Questo non l’hai detto alla stampa, vero?
— No, e non glielo dirò neanche.
— Fra poco verranno a chiedere quando potrai parlare.
— Lo farò tra poco.
— Senti — riprese Judy — è inutile che aspetti a dirtelo. Ho deciso di tornare a casa, nell’Ohio.
— Ma abbiamo bisogno di te, qui.
— Potete sostituirmi con una delle dattilografe. Dopo un paio di giorni non ti accorgerai della differenza.
— Non era questo che volevo dire…
— So cosa volevi dire. Hai bisogno di me come donna. Da quanto dura? Da sei mesi ormai. Colpa di questa città che sporca tutto quello che tocca. Da un’altra parte sarebbe andata in maniera diversa, meno sordida…
— Ma, Judy, accidenti, cosa ti piglia adesso? Solo perché stanotte non sono tornato a casa…
— Non è solo per questo. So perché sei dovuto restare qui. Ma mi sentivo così sola, ed erano successe tante cose, e avevo paura. Ho cercato di chiamare la mamma, ma le linee erano sovraccariche. Proprio come una bambina spaventata che corre dalla mamma… Davvero, sai? Non ero più la ragazza sicura di sé, smaniosa di far carriera a Washington, ma una bambinetta con le treccine, proveniente da una sperduta cittadina dell’Ohio. Tutto perché avevo paura. Dimmi, ero esagerata?
— Oh, no. Anch’io ho paura. Tutti sono spaventati.
— Cosa ne sarà di noi?
— Onestamente, non lo so. Ma non stavamo parlando di questo.
— Mostri che scappano e vanno a nascondersi in montagna — continuò lei. — Un sacco di bocche in più da sfamare. La tensione che aumenta…
— Stavamo parlando della tua decisione di tornare nell’Ohio. Non ti ho chiesto se hai davvero intenzione di farlo, perché so che parlavi sul serio. Anzi, probabilmente dovrei invidiarti, perché hai un posto dove poterti rifugiare. Vorrei pregarti di rimanere, ma sarebbe disonesto da parte mia. Disonesto ed egoista. Però mi farebbe molto piacere.
— Sono riuscita miracolosamente a prenotare un posto su un aereo. Comincia a serpeggiare il panico e c’è una gran confusione in giro. Ci si sente così soli, così impotenti.
— Non ti troverai bene nell’Ohio. Te ne accorgerai appena arrivata. Se hai paura qui a Washington, avrai paura anche laggiù.
— Ci vado lo stesso. L’aereo parte stasera alle sei e un quarto.
— C’è niente che possa dire?
— No, Steve, niente altro.
— E allora sarà meglio far entrare la stampa. Ho delle novità.
36
Il senatore Andrew Oakes si sollevò un poco dalle profondità della poltrona nella quale era affondato. — Io non credo che sia prudente richiamare in patria tutti i contingenti militari all’estero, signor Presidente — disse. — Non possiamo lasciare sguarnite le basi. Inoltre, mi sembra che una mossa simile possa far pensare che ci siamo lasciati prendere dal panico. Qualche mostro ha razziato un pollaio nella Virginia, e noi ci affrettiamo a richiamare le truppe. E credo che non avreste dovuto divulgare la storia dei mostri. Scatenerà il panico.
— Senatore — disse il deputato Nelson Able — mi pare che stiate travisando la questione. Non siamo stati convocati qui per decidere se sia meglio o no richiamare le truppe, ma per essere informati della decisione presa in proposito e delle ragioni che l’hanno motivata.
— Io resto dell’idea che al Presidente Henderson non dispiaccia sapere qual è la nostra opinione — dichiarò il vecchio senatore. — Anche se è diversa dalla sua.
— Avete ragione — affermò il Presidente. — Sapete che sono anni che vi ascolto e spesso quello che dite mi affascina. Questo non vuol dire che sia sempre d’accordo con voi, però. Anzi, succede molto di rado.
— Lo so benissimo, ma non per questo evito di esprimere quello che penso — disse Oakes. — E adesso penso che sia una gran stupidaggine richiamare in patria le truppe. Non occorrerà tutto il nostro apparato militare per snidare e sterminare quei piccoli mostri.
— È già stato ripetutamente detto che i mostri non resteranno piccoli a lungo — intervenne il senatore Brian Dixon. — E l’unica maniera sensata per evitare che crescano e si moltiplichino è quella di cercare di ammazzarli tutti prima che diventino adulti.
— Ma come facciamo a esser sicuri che crescono e si moltiplicano tanto in fretta? Abbiamo preso in parola della gente che è scappata a rifugiarsi da noi perché è stata incapace di affrontarli e vincerli. Non avevano un organismo militare, né armi, e questo dimostra che se si abbassa la guardia…
— Un momento, senatore — lo interruppe Able. — Siete liberissimo di fare i vostri discorsi militaristi sulla Collina. Lassù avete un’ottima stampa e siete bravissimo a far colpo sul pubblico. Ma qui è fatica inutile. Noi non ci lasciamo impressionare.
— Signori, stiamo uscendo dal seminato — disse il Presidente. — Con tutto il rispetto per il senatore, le truppe torneranno in patria perché il Segretario alla Difesa e i Capi di Stato Maggiore lo ritengono necessario. Quanto a noi, ne abbiamo già discusso prima, concludendo che non possiamo correre il rischio di prendere le cose alla leggera. Meglio che ci accusino per eccesso di zelo che per difetto. Sarà anche vero che le informazioni forniteci dagli uomini del futuro sono scarse, ma a parer mio sono più che sufficienti. Loro hanno avuto a che fare per vent’anni con i mostri e mi pare che su questo argomento ne sappiano più di noi. Ho parlato coi membri dell’Accademia delle Scienze e mi hanno detto che, se anche strane e insolite, le caratteristiche attribuite ai mostri non sono contrarie alle norme biologiche. Quindi penso che si siano prese le decisioni a ragion veduta. Dato l’incalzare degli eventi, siamo stati costretti ad agire senza la calma e la ponderatezza che ci sono abituali, ma proprio ce ne è mancato il tempo. Oakes non rispose e tornò a sprofondarsi in poltrona.