— Hanno riferito che anche nel Congo è scappato un mostro — disse il deputato Wayne Smith. — Ci sono altre notizie?
— No — rispose il Presidente. — E anche quella dal Congo non è sicura.
— Non ci sono state richieste di aiuto?
— No. Niente di ufficiale, finora.
— E dei tunnel, cosa si sa? Gli ultimi rapporti sono confusi e contraddittori. Sappiamo che qualcuno è stato chiuso, ma non abbiamo un’idea ben chiara di quello che sta succedendo.
— Non credo di saperne più di voi, Wayne — disse il Presidente. — Qui in Virginia il tunnel è stato chiuso, ma questo lo sappiamo ormai tutti. Due altri sono stati chiusi senza il nostro intervento, uno nel Wisconsin e l’altro nel Texas. Suppongo che li abbiano chiusi i guardiani, all’ingresso, perché i mostri stavano avvicinandosi troppo. Oppure si è trattato di qualche guasto. Per il resto, tutti i tunnel degli Stati Uniti sono ancora in funzione.
— Non potrebbe darsi che quei due siano stati chiusi perché non c’era più gente da far passare? Sono molti, d’accordo, ma prima o poi saranno passati tutti.
— Quello del Wisconsin era stato chiuso perché i mostri avevano sferrato un attacco. Ce l’hanno detto gli ultimi che sono riusciti a passare. Ignoro il motivo per cui è stato chiuso quello del Texas. Quanto al resto… sì, spero anch’io che i tunnel verranno presto chiusi tutti perché non c’è più gente da far passare.
— Signor Presidente — domandò il senatore Dixon — cosa ne sappiamo dei tunnel? Cioè, come si costruiscono, di cosa sono fatti?
— Posso dirvi quel poco che so. I nostri tecnici e i nostri fisici si sono già messi al lavoro sotto la guida degli scienziati del futuro. I profughi hanno scelto i luoghi dove andranno installati i tunnel. Non esiste più l’urgenza di costruirli che li ha spinti a venire qui. Sotto la minaccia dei mostri, nel futuro si sono affrettati a costruirne moltissimi per far sfollare al più presto la maggior parte della popolazione. Adesso ne basteranno meno. Per esempio, non credo che sarà necessario costruirne nei Paesi più piccoli. Si potrà provvedere a trasportare i profughi sul posto. Il vero problema è riuscire a costruire i tunnel e a far partire tutto il popolo del futuro prima che le nostre scorte si esauriscano.
— La costruzione dei tunnel, dunque, non è superiore alle nostre capacità? Bastano tempo, denaro e manodopera?
— Esatto, Brian. La manodopera non costituisce un problema. I profughi stessi potranno fornirne in abbondanza, e ho proprio parlato poco fa con Terry Roberts il quale ha detto che i nostri sindacati non faranno obiezioni se verranno impiegati anche i profughi nella costruzione dei tunnel. Il denaro, invece, costituisce un grosso problema. Anche se l’industria sarà disposta a collaborare per non essere da meno dei sindacati, occorrerà costruire nuove e costose attrezzature per poter fabbricare le componenti dei tunnel. La creazione di nuove attrezzature è sempre un procedimento lungo e costoso. Il fatto che dobbiamo accelerarlo al massimo lo renderà ancora più costoso. E poi costeranno molto anche le componenti dei tunnel. Non dimentichiamo che non saremo i soli a dover affrontare questi problemi, ma vi parteciperà tutto il mondo, o almeno le nazioni maggiormente industrializzate. Noi, Germania, Russia, Francia, Gran Bretagna, Cina, Giappone, e alcune altre costruiremo le componenti da distribuire in tutto il mondo. Anche se non sarà necessario costruire tanti tunnel quanti ne sono stati costruiti per portare il popolo del futuro fra noi, bisognerà distribuirli equamente su tutta la superficie del mondo, perché i profughi possano agevolmente andare nel Miocene. Anche se la popolazione del futuro è numericamente inferiore a quella attuale, è tuttavia abbastanza numerosa e sarebbe assurdo concentrarla tutta in poche località. Di qui la necessità di un certo numero di tunnel sparsi su tutto il mondo. Le spese, poi, non si limiteranno alla fabbricazione dei tunnel. Bisognerà rifornire i profughi di materiali, attrezzi, generi di prima necessità, medicinali, bestiame, sementi, insomma, quanto potrà essere loro necessario per ricominciare da capo. E, per farlo, occorre disporre di attrezzature industriali adeguate.
— Avete parlato con qualche rappresentante dell’industria?
— Direttamente non ancora. Da parte dei commercianti, c’è stato qualche tentativo di approccio, per avere un’idea della reazione. Finora non mi risulta niente. Ma la reazione sarà senz’altro positiva, perché è nell’interesse di tutti fare il massimo sforzo.
Oakes fece capolino dalla poltrona. — Avete un’idea di quanto verrà a costare tutto questo, signor Presidente? Almeno una cifra approssimativa?
— No, non ne ho la minima idea.
— Però sarà molto costoso.
— Sì, molto.
— Supererà forse il budget della Difesa che tanti hanno criticato inorriditi.
— Volete che vi risponda di sì — disse il Presidente — e vi accontento. Sì, costerà molto, molto di più del budget della Difesa. Costerà addirittura più di una guerra. Resteremo a terra. Forse tutto il mondo farà bancarotta, ma che altro potremmo fare? Ammazzare tutti i profughi? Certo sarebbe una soluzione radicale e molto meno costosa, ma voi l’approvereste?
Gli risposero con dei borbottii, e Oakes sprofondò ancora di più nella poltrona.
— Secondo me — disse Able — per quanto possa costare, per noi sarà sempre un guadagno. Infatti i profughi vengono da un’epoca in cui molti problemi tecnici e scientifici che ci assillano saranno stati risolti, in cui saranno avvenute scoperte e invenzioni utili. Ho sentito che hanno parlato dell’uso dell’energia atomica prodotta a bassissimo costo e quindi alla portata di tutti. Noi siamo ancora agli inizi, in questo campo. E poi chissà quante altre cose…
— E secondo voi sarebbe un bene? — ribatté adirato Oakes. — Cosa ne sarebbe delle industrie del carbone e del petrolio, se disponessimo di energia atomica a basso costo? Andrebbero alla malora!
— E pensate se nel futuro avessero scoperto la cura del cancro — proseguì Able, senza badargli.
— Avete ragione — asserì Dixon. — Se disponessimo delle cognizioni tecniche e scientifiche del futuro, faremmo un enorme balzo in avanti.
— Tutto questo è prematuro — lo interruppe il deputato Smith. — Ora come ora dobbiamo aiutare i profughi a sterminare i mostri. Questi sono i problemi a cui ci dobbiamo applicare subito, non è così, signor Presidente?
— Proprio così — convenne il Presidente.
— Ho sentito che l’ambasciatore russo ha chiesto di essere ricevuto da voi — borbottò Oakes.
— Voi non dovreste saperlo, Andy.
— Be’, invece lo so. Noi abbiamo i nostri sistemi di informazione, e spesso sappiamo cose che dovremmo ignorare.
— A ogni modo, non è un segreto — disse il Presidente. — Non so perché venga. Tutti i governi, naturalmente, cercano di lavorare di comune accordo alla soluzione del problema dei profughi. Ho telefonato a molti Capi di Stato, compreso quello russo, e credo che la visita dell’ambasciatore sia in relazione alla telefonata.