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Bentley abbassò la macchina e la lasciò ciondolare sul petto. Aveva ancora la testa rintronata, gli abiti sporchi e strappati e da un sette sui calzoni sporgeva un ginocchio gonfio. Cadendo, aveva strisciato con la destra sulla ghiaia, e ora la mano era tutta un graffio. La macchina, alle sue spalle, mandava a tratti qualche cigolio quando il metallo contorto si assestava. Dal radiatore sfondato usciva l’acqua che sfrigolava a contatto col metallo surriscaldato.

In lontananza, si vedeva ancora il cane che correva con la coda fra le gambe. Uno scoiattolo, su un albero vicino, chiacchierava squittendo veloce come una mitragliatrice. La strada era deserta. Pure, fino a un istante prima c’era stato un mostro. Bentley ne poteva scorgere le impronte nella polvere. Ma era scomparso.

Bentley Price si avviò zoppicando. Arrivato al centro della carreggiata, si guardò intorno. Non c’era nessuno.

“Eppure c’era” disse tra sé Bentley, sicuro del fatto suo. “Quando ho scattato la foto, c’era. Poi è sparito di colpo. Ma c’era o no, quando ho scattato?” si domandò, preso da un improvviso dubbio. L’unico modo per accertarsene era sviluppare la foto.

Si avviò faticosamente, cercando di camminare in fretta nonostante il ginocchio dolorante. Doveva trovare un telefono, doveva procurarsi una macchina e tornare al più presto a Washington.

44

— Siamo venuti a contatto tre volte coi mostri, ma senza risultati — disse Sandburg. — Nessuno ha fatto in tempo a colpirli. Appena si sono trovati sotto tiro, sono scomparsi e nessuno li ha più visti.

— Sono scappati? — domandò Thornton Williams.

— No, non è esatto — spiegò il Segretario alla Difesa. — Sono spariti, non erano più lì. Gli uomini che li hanno visti giurano che non si sono mossi. Un momento c’erano e un momento dopo non c’erano più. Hanno detto tutti la stessa cosa, indipendentemente l’uno dall’altro e ignorando quello che avevano riferito gli altri. Uno può anche sbagliare, anche due, forse, ma è impossibile che tre osservatori indipendenti commettano lo stesso sbaglio.

— Avete qualche idea che spieghi l’accaduto?

— No — rispose Sandburg. — Probabilmente si tratta di un sistema di autodifesa naturale sviluppatosi a causa delle circostanze. È ovvio che i mostri stanno sulla difensiva. Devono fare di tutto per riuscire a sopravvivere, evitando di correre rischi. Messi con le spalle al muro, credo che passerebbero al contrattacco, ma solo se non avessero altro modo di cavarsela. È evidente che hanno escogitato un nuovo sistema per mettersi in salvo. Abbiamo parlato col dottor Isaac Wolfe, il biologo profugo che deve essere il massimo esperto in materia, ma anche lui non aveva mai sentito parlare di queste sparizioni improvvise. Ha tuttavia detto, in via d’ipotesi, che può trattarsi di una caratteristica dei mostri cuccioli. Una specie di meccanismo di difesa. Può darsi che nel futuro lo ignorassero perché avevano sempre avuto a che fare con mostri adulti.

— Quanti uomini sono già impegnati nella caccia? — domandò il Presidente.

— Non dispongo dei dati esatti — rispose Sandburg — ma ne abbiamo già moltissimi nella zona. Nei campi dei profughi sono stati già istituiti dei comitati di sorveglianza formati dai profughi stessi, così non ce ne dobbiamo più occupare noi. Inoltre, Agricoltura e Benessere ci hanno sostituito per la raccolta e il trasporto di viveri e altri generi necessari nei campi, e infine stasera aspettiamo l’arrivo dei primi contingenti richiamati dall’estero. Gli uomini, quindi, non ci mancano.

— Stamattina è venuto qui Morozov per offrire da parte del suo governo l’invio di uomini. Ha insistito molto. Naturalmente abbiamo rifiutato. Ma mi sorge un dubbio: dovremmo chiedere aiuto al Canada, al Messico, alla Francia, alla Germania, all’Inghilterra e agli altri nostri amici?

— Qualche rinforzo non sarebbe inutile — rispose Sandburg. — Ne parlerò coi Capi di Stato Maggiore per sentire come la pensano. Ci occorrono aiuti massicci a nord e a sud, nella parte alta dello Stato di New York e in Georgia, per essere sicuri di evitare che i mostri dilaghino, cosa di cui finora non siamo sicuri. Se riusciremo a contenerli, avremo partita vinta.

— Bene, e ora passiamo ad altro — disse il Presidente.

— Reilly, avete qualcosa da dire?

— Niente di preciso, per ora — rispose Reilly Douglas. — Si tratta di una cosa che bisogna ancora vagliare e discutere, specialmente dal punto di vista della validità legale. Ieri sera è venuto da me Clinton Chapman. Lo conoscete, vero?

Tutti i presenti annuirono.

— È venuto — riprese Douglas — e in seguito mi ha telefonato tre o quattro volte, e stamattina abbiamo fatto colazione insieme. Forse saprete anche che eravamo compagni di stanza a Harvard, e in seguito siamo rimasti sempre amici. Per questo credo che abbia scelto me per i primi approcci. Si è offerto di costruire i tunnel finanziando il costo senza l’aiuto di fondi statali. In cambio, dopo che la popolazione del futuro sarà stata trasferita nel Miocene, chiede il monopolio per poter continuare a farli funzionare.

— Non capisco perché uno possa volere una cosa simile — osservò Williams. — Cosa se ne farà? Le forze temporali, o come diavolo si chiamano, possono funzionare solo in una direzione, e cioè verso il passato.

— Clint non è di questo parere — spiegò Douglas. — Ha parlato con gli scienziati dei suoi laboratori di ricerca — laboratori che, sia detto fra parentesi, sono tra i più progrediti del mondo — e gli hanno dato l’assicurazione che, se i viaggi nel tempo sono davvero possibili, non possono esserlo in una direzione sola. O in tutte e due, o niente. Anzi, gli hanno detto che dovrebbe essere più facile andare nel futuro, perché il tempo fluisce per natura verso il futuro.

Williams era molto perplesso. — Non so — disse. — In tutta coscienza possiamo affidare i viaggi nel tempo — dato e non concesso che siano possibili — a un monopolio privato? Provate a pensare all’uso che potrebbe farne.

— Ne ho parlato a Clint, oggi a colazione — disse Douglas. — Gli ho fatto presente che un’operazione del genere, se possibile, andrebbe eseguita sotto strettissimo controllo. Bisognerebbe creare delle Commissioni per formulare un codice di viaggi nel tempo, il Congresso dovrebbe promulgare delle leggi in materia. Non solo, ma codice e leggi dovrebbero aver valore universale, internazionale. Ne consegue che si dovrebbero stipulare accordi fra tutte le nazioni, e voi potete immaginare quanto tempo ci vorrebbe. Ma Clint non ha fatto obiezioni, anzi, ha detto che l’aveva previsto e lo reputava necessario. Pare che l’idea lo ossessioni. Da amico, ho cercato in tutti i modi di persuaderlo a rinunciare, ma non ha voluto darmi retta. Se gli concederanno il monopolio, naturalmente. Dapprima pensava di finanziare da solo l’impresa, poi si è reso conto dell’enorme quantità di danaro necessaria, e ora pensa di formare un consorzio per finanziare il progetto.

— Secondo me, non sarebbe prudente rifiutare sui due piedi l’offerta — disse Sandburg. — È una questione che va esaminata a fondo. Finora nessuno si era mai occupato seriamente della possibilità di viaggiare nel tempo, ma adesso è venuto il momento di farlo.

— Potrebbero esserci delle applicazioni militari — osservò Williams — anche se per il momento non vedo quali.

— Bisognerebbe stipulare accordi internazionali per evitare che i tunnel temporali vengano usati per scopi militari — disse a sua volta il Presidente. — Ma se qualcuno dovesse poi violarli, non vedo come potrebbe reggere il monopolio. Le necessità nazionali hanno sempre avuto la precedenza. Comunque vadano le cose, i viaggi nel tempo sono una realtà. Dobbiamo studiare il problema, affrontarlo e cercare di risolverlo nel miglior modo possibile.