— Non è tutta la verità, o mi sbaglio? Avevi detto che, se ti fosse capitato di rivivere la stessa situazione, avresti di nuovo commesso quel crimine.
— Sì, ma…
— Ma…?
Ponter sospirò. — Niente.
Il Gran Consiglio dei Grigi alla fine accondiscese alla richiesta di Ponter di lasciare il computer quantistico sotto la diretta responsabilità di Adikor, in modo che lui potesse fare ritorno al mondo gliksin. Immaginava che glielo avrebbero concesso con riluttanza (e così doveva essere stato), ma fu sorpreso di ricevere il titolo di “inviato ufficiale”.
Per quanto desiderasse tornare laggiù per riabbracciare Mèr, l’idea gli suscitava sentimenti contrapposti. La sua visita precedente era nata da un incidente, e all’inizio lui aveva avuto il terrore di non rivedere mai più casa sua. Lui e Adikor erano fermamente convinti che il varco potesse essere ripristinato, e mantenuto per un tempo indefinito, ma non esistevano certezze assolute. La volta scorsa Ponter aveva corso il rischio di perdere per sempre Adikor, Jasmel e Megameg, e non era sicuro che avrebbe retto all’eventualità di perderli davvero, stavolta.
No, invece. Sarebbe partito. Per pesanti che fossero le sue preoccupazioni, Ponter voleva tornare là. Certo, gli interessava ancora scoprire come potesse procedere la storia con Daklar, ma mancava quasi un mese al successivo Due diventano Uno per rivederla e, se tutto fosse filato liscio, per allora sarebbe stato di ritorno.
Inoltre, stavolta Ponter non avrebbe viaggiato da solo. Lo avrebbe accompagnato Tukana Prat, una donna della generazione 144, quindi più anziana di lui di dieci anni.
La prima comparsa del varco era stata un evento inatteso. La seconda volta, si era trattato di una disperata operazione di recupero. Stavolta tutto sarebbe stato pianificato per bene.
Restava pur sempre la possibilità che le cose andassero storte lo stesso: che il varco si aprisse su un mondo diverso, o che Ponter avesse sbagliato tutto nell’interpretare la psicologia gliksin, e che quelli fossero pronti a invadere l’universo neanderthal alla prima occasione. Era quello il motivo per cui tra le mani di Bedros, uno degli anziani del Consiglio, ci sarebbe stato un detonatore. Nelle stanze della struttura sotterranea che ospitava il computer quantistico erano state piazzate cariche esplosive minerarie: in caso di guai, Bedros avrebbe attivato il detonatore causando il crollo di migliaia di pertav di roccia, che avrebbero ostruito il passaggio. E sebbene di lì il Companion di Bedros non potesse inviare segnali fino in superficie, avrebbe potuto inviarli fino agli esplosivi; qualora Bedros fosse rimasto ucciso in un’irruzione armata di gliksin, il suo Companion avrebbe attivato le cariche.
Nel frattempo Adikor avrebbe avuto a disposizione un pulsante da usare in caso di scenari meno drammatici. Se qualcosa non fosse andato per il verso giusto, poteva staccare il computer quantistico e richiudere così il collegamento. Se Adikor fosse morto, ci avrebbe pensato il suo Companion. In superficie, era stata minata anche l’entrata della miniera di nichel di Debrai, ed era stato inviato sul posto un contingente militare.
Ovviamente, Ponter e Tukana non si sarebbero lanciati alla cieca fuori dal tunnel. Anzitutto sarebbe stata mandata avanti una sonda munita di telecamera e macchina fotografica, microfoni, strumentazione per la campionatura dell’aria eccetera. La sonda era verniciata di arancione brillante, con un cerchio di luci tutt’intorno: non doveva dare l’impressione di essere un veicolo spia (Ponter aveva riferito della strana ossessione dei gliksin per la privacy).
Come il robot che a suo tempo era stato inviato a recuperare Ponter, la sonda avrebbe inviato dati alla base tramite cavi in fibra ottica. Però, diversamente dallo sfortunato robot, sarebbe rimasta assicurata grazie a una robusta fune in fibra sintetica.
Per quanto la sonda fosse all’avanguardia, e il tubo Derkers per mantenere aperto il varco costituisse un esempio di ingegneria meccanica piuttosto sofisticata, l’inserzione del tubo stesso sarebbe stata un’operazione decisamente tradizionale.
Il computer quantistico era stato realizzato da Ponter e Adikor allo scopo di fattorizzare numeri enormi. Per farlo, il computer si connetteva a universi paralleli in cui esistessero altre versioni di se stesso; ognuna di quelle altre versioni avrebbe sperimentato un singolo fattore di potenza. Combinando i risultati provenienti da tutti gli universi, diventava così possibile verificare in simultanea milioni di fattori di potenza.
Tuttavia, se il numero da fattorizzare era così ciclopico da possedere fattori più numerosi degli universi paralleli dotati di un computer simile, quest’ultimo si sarebbe trovato costretto a contattare universi in cui non esistevano ancora delle sue versioni. Solo che, al primo contatto con uno di quegli universi, il processo di fattorizzazione si era interrotto, creando il varco.
All’inizio l’impianto quantistico consisteva solo di quattro stanze: una toilette a secco, la mensa, la stanza di controllo e la massiccia camera che conteneva il computer. Adesso però erano stati aggiunti tre ambienti: una piccola infermeria, un dormitorio, un grande impianto di decontaminazione. Chiunque viaggiasse in una direzione o nell’altra avrebbe dovuto passare dalla camera di decontaminazione per ridurre le possibilità di introdurre dall’altra parte virus o altre fonti d’infezione, o di portarne con sé al ritorno. I gliksin possedevano tecnologie di decontaminazione assai limitate, forse la loro quasi-assenza di pelo rendeva più facile curare l’igiene, o forse l’atrofizzazione del loro olfatto li rendeva felicemente ignoranti delle porcherie che si portavano addosso. Viceversa, tra i neanderthal erano in uso da un sacco di tempo decontaminatori laser che superavano le strutture proteiche di pelle, carne, organi e peli, e disintegravano germi e virus.
Mai prima di allora s’era vista tanta gente nell’impianto sotterraneo. C’erano Ponter e Adikor. C’era l’ambasciatrice Prat insieme a tre membri del Gran Consiglio, tra cui i due esponenti del governo locale. C’era anche Dern, l’ingegnere robotico che avrebbe messo in funzione la sonda. Infine due Esibizionisti con le loro unità di registrazione, che raccoglievano immagini da ritrasmettere appena fossero tornati in superficie.
E adesso, il grande momento era giunto.
Adikor era alla consolle su un lato della stanza; Ponter a quella sul lato opposto. Dern ne possedeva una personale, posata su un tavolo.
— Avete tutto il necessario per il viaggio? — chiese Adikor.
Ponter fece un controllo di sicurezza. Anche Hak, ovviamente, era della partita; gli era stato caricato un archivio medico-chirurgico completo, in caso a Ponter o Tukana fosse capitato qualche malanno nel mondo gliksin.
Ai fianchi, Ponter portava un’alta fascia di cuoio con numerose tasche. Aveva già fatto l’inventario: antibiotici, antivirus, farmaci per il rafforzamento del sistema immunitario, bende sterilizzate, un termocauterio laser, forbici chirurgiche e varie sostanze come decongestionanti, analgesici, sonniferi. Anche Tukana aveva un cinturone simile. Inoltre entrambi avevano valigie piene di cambi di biancheria. — A posto — disse Ponter.
— A posto — ripeté Tukana. Adikor si voltò verso Dern. — E tu?
Il grasso scienziato annuì. — Sono pronto.
— Allora, al tuo via — disse Adikor a Ponter.
Ponter aprì le dita della mano. — Andiamo a trovare i nostri cuginetti.
— Molto bene — fece Adikor. — Dieci!…
Uno degli Esibizionisti era piazzato in piedi accanto ad Adikor; l’altro, accanto a Ponter.