— Ma la prego — disse Arnold, indicando la sedia da cui Ponter si era alzato — resti pure comodo.
Ponter si risedette; Arnold prese una sedia e sedette a rovescio, con le braccia appoggiate sullo schienale davanti a sé. Ponter sollevò un sopracciglio: ma certo, quello era il modo più comodo! Si alzò, girò al contrario la propria sedia e si mise anche lui così. Non era rilassante come una sella neanderthaliana, ma rappresentava comunque una miglioria nella postura.
Ruben si scusò e si allontanò per conferire con gli immunologi che infestavano l’area dell’Osservatorio.
— Ho una domanda che desidero rivolgerle — disse Arnold.
Ponter annuì per incoraggiarlo.
— Abbiamo notato uno strano fenomeno che sta interessando questa versione della Terra — disse il geologo — e mi chiedevo se stesse succedendo anche da voi.
— Di che si tratta?
— Be’, l’aurora boreale, sia a nord che a sud del pianeta, sta mostrando comportamenti anomali.
Ponter ne fu sorpreso. — No, da noi non si sta verificando niente del genere. L’ho ammirata anche la sera scorsa, e non c’era nulla di strano.
Arnold parve deluso. — Speravamo che i vostri scienziati avessero qualche buona ipotesi. Qui l’idea più accreditata è che il campo magnetico terrestre stia per collassare, e forse si invertiranno i poli magnetici.
Il sopracciglio di Ponter superò l’arcata cranica. — Quando è successo l’ultima volta?
— Non saprei indicarlo in modo incontrovertibile. Migliaia di anni fa.
— E da allora il fenomeno non si è ripetuto?
— No — fece Arnold.
— Affascinante. Da noi il campo magnetico è collassato… Hak?
— Sei anni fa — rispose il Companion dall’altoparlante esterno.
— Intende che il processo è terminato sei anni fa? — chiese Arnold.
— Sì.
— Ma doveva essere iniziato secoli prima.
Ponter scosse la testa. — Era iniziato 25 anni fa.
Arnold strabuzzò gli occhi. — Questa faccenda va chiarita… L’intero processo, da voi, è durato… vediamo… 19 anni?
— Esattamente — disse Ponter. — Fino a 25 anni fa il campo magnetico aveva l’intensità standard; poi è collassato, e nei 19 anni successivi il pianeta è rimasto senza un campo di intensità significativa. Infine, sei anni fa, è tornato all’improvviso.
— All’improvviso?! Starà scherzando!
— Quando scherzo — disse Ponter — mi sforzo di essere più divertente.
— Ma… ma… abbiamo sempre ritenuto che il processo richiedesse secoli, forse millenni.
— Perché?
— Be’, sa, date le dimensioni della Terra.
— Il campo magnetico del sole si inverte ogni 140 mesi circa… ogni undici anni… e il sole ha una stazza di un milione di volte quella terrestre.
— Vero, ma…
— Non intendo apparire più grigio di lei — disse Ponter. — Anche noi ne sapevano molto poco, finché non ci siamo finiti in mezzo. E vari nostri geologi sono stati presi di sorpresa.
— Collasso geomagnetico e ripristino del campo in meno di due decenni — mormorò Arnold. — Incredibile.
— È stato un periodo stimolante per la fisica — disse Ponter. — Il nostro popolo ha imparato molto sul… processo per cui il campo… avrete una parola per indicare il tutto?
Arnold annuì. — Geo-dinamo.
Ponter fece una smorfia: un altro termine con la “i” accentata. Ma lasciò che alla esatta pronuncia ci pensasse Hak: solo i nomi propri il Companion doveva ripeterli come li aveva sentiti dire da Ponter. — Sì. Abbiamo imparato molte cose sulla geo-dinamo.
— Sarebbe magnifico ascoltarla in merito — disse Arnold.
Ponter fu lieto che Tukana stesse dormendo: probabilmente lui aveva già svenduto fin troppe informazioni, ma come scienziato non gli garbava l’idea di mercanteggiare la conoscenza. La scienza deve circolare liberamente. In ogni caso, decise di spostare di un po’ l’asse del discorso. — Alla Inco sono preoccupati che nel periodo di collasso possa crollare anche la richiesta di nichel? — chiese. Il nichel era ampiamente utilizzato per le bussole in entrambe le versioni della Terra, e il deposito di Sudbury era tra i più grandi del pianeta.
— Cosa?… Oh, non ci avevo nemmeno pensato — rispose Arnold.
Ponter non si capacitava. — Ruben non ha detto che lei è un geologo?
— Sì, ma non al soldo della Inco. Lavoro per il ministero canadese dell’Ambiente. Mi sono precipitato qui appena saputo che era stato ristabilito il contatto con il vostro mondo.
— Ah — disse Ponter, che continuava a non capire.
— Il mio mestiere è tutelare l’ambiente.
— Non è il mestiere di tutti? — chiese Ponter, con troppa ingenuità.
Di nuovo, Arnold non colse. — Certo che sì! — rispose. — Certo, certo. Ma mi interessava scoprire che cosa sapesse il suo popolo a proposito degli effetti ambientali legati ai collassi geomagnetici. Speravo che foste in possesso di informazioni tratte dai materiali fossili, ma addirittura studi sul campo! È favoloso.
— Non ci sono stati effetti ambientali apprezzabili — rispose Ponter. — Qualche specie di uccelli migratori è rimasta confusa, ma nulla di più.
— Già, come immaginavo — disse Arnold. — E come si sono riadattate?
— Le specie colpite sono quelle che contengono nel cervello una potente sostanza magnetica…
— La magnetite — suggerì Arnold. — Tre atomi di ferro, quattro di ossigeno.
— Sì. Altre specie di uccelli si orientano in base alle stelle, e anche alcuni esemplari delle specie dotate di magnetite si sono riconvertiti a quel tipo di navigazione. Il solito metodo della Natura: la variabilità all’interno di una popolazione garantisce i mezzi per sopravvivere al mutamento delle condizioni esterne, senza contare che molti adattamenti decisivi possiedono un sistema di emergenza.
— Affascinante. Affascinante. E mi dica: quando avete scoperto l’inversione periodica del campo magnetico terrestre? Per noi è una materia piuttosto recente.
— L’alternanza magnetica è ben visibile nei siti in cui sono avvenuti impatti di meteoriti.
— Sul serio? — disse Arnold, sollevando un sopracciglio. Che bello vedere una persona normale, almeno su questo!
— Certo — rispose Ponter. — Quando un meteorite ricco di ferro e nichel entra in collisione con la Terra, l’impatto fa allineare il campo magnetico del meteorite stesso.
Arnold ci pensò. — Immagino di sì. Come prendere a martellate una sbarra di ferro per trasformarla in una calamita.
— Esatto. Ma, se quaggiù non lo avete scoperto grazie ai meteoriti, come avete fatto?
— Grazie alla distribuzione dei fondi oceanici.
— Cosa?
— Conoscete la tettonica a zolle? — chiese Arnold. — Intendo, la deriva dei continenti.
— Deriva dei continenti? — disse Ponter, con aria strabiliata. Poi però sollevò una mano. — Ecco, stavolta stavo scherzando! Sì, anche noi conosciamo il fenomeno; dopotutto, le linee costiere del Ranilass e del Podlar mostrano chiaramente che, in passato, erano congiunte.
— Senz’altro intende l’Africa e il Sud America — disse Arnold, annuendo. Fece un sorriso amaro. — Già, lei dirà che è una cosa ovvia, ma qui ci sono voluti decenni perché l’idea fosse comunemente accettata.
— Perché?
Arnold allargò le braccia. — Lei è uno scienziato, e capirà. La vecchia guardia sosteneva di sapere come funzionasse il mondo, e non era disposta a rinunciare alle proprie teorie. Con tutta quella rivoluzione nei modelli scientifici, non valeva neppure la pena provare a convincere la gente a cambiare idea: bastava aspettare che avvenisse il cambio generazionale.