— In Canada è vietato per legge il possesso di armi — rispose Mary. — Il che non significa che non ce ne siano, ma… — fece spallucce — questo è un posto diverso dagli USA. L’ultimo omicidio, in Canada, è avvenuto nel 1970, e aveva a che fare con i separatisti del Quebec. Francamente, non penso che tu corra più pericoli di un qualsiasi VIP locale. Ho letto sullo “Star” che in città ci sono sia Julia Roberts che George Clooney, impegnati nelle riprese dei rispettivi film; credimi, attireranno più curiosi loro di noi.
— Bene — disse Ponter.
Passarono oltre il basso edificio sulla York Lane, e proseguirono in direzione…
Era inevitabile. Mary lo sapeva fin dall’inizio, ricordando il percorso per i visitatori. Stavano per raggiungere il punto in cui quelle due mura di cemento si incontravano ad angolo retto, creando una nicchia. Il punto in cui…
Mary allungò una mano, afferrò quella robusta di Ponter e intrecciò le dita alle sue. Non disse nulla, né guardò il muro. Proseguì con lo sguardo fisso davanti a sé.
Invece Ponter si guardava intorno. Mary non gli aveva detto in che luogo preciso fosse avvenuto lo stupro, ma ora lei si accorse che lui prendeva mentalmente nota di quello spazio chiuso, coperto dagli alberi, lontano dalle fonti di luce. Se sospettava qualcosa, però non disse nulla; Mary gli fu grata per la stretta rassicurante.
Proseguirono. Il sole scompariva e ricompariva da dietro nuvole bianche in movimento. Il campus era affollato di giovani, uno o due ancora in pantaloncini, quasi tutti in jeans, qualche studente di Giurisprudenza in giacca e cravatta.
— È molto più grande della Laurenziana — disse Ponter, indicando le distanze con due oscillazioni della testa. L’Università Laurenziana, non lontana dalla località in cui si era materializzato Ponter, era l’ateneo in cui Mary aveva compiuto gli esami del DNA per provare che lui era davvero un neanderthal.
— Oh sì — disse lei. — Ed è solo una delle due… anzi, tre università di Toronto. Se vuoi vederne una davvero imponente, un giorno ti porterò a visitare la UT.
Guardandosi attorno, Ponter si accorse che la gente lo osservava. A un certo punto a Mary si accostò una donna che si fece passare per una vecchia amica, anche se Mary non ne ricordava neppure il nome, e si erano incrociate al campus mille volte senza salutarsi. Era evidente che la donna, mentre stringeva flaccidamente la mano a Mary, desiderava solo sfruttare l’occasione per dare un’occhiata da vicino all’Uomo di neanderthal.
Alla fine si liberarono di lei. — Ecco l’edificio in cui lavoro — indicò Mary, un po’ più avanti. — Il Farquharson Life Sciences Building.
Ponter continuava a girarsi da una parte all’altra.
— Di tutti i posti che ho visto sul tuo pianeta, i campus universitari mi sembrano i più carini. Spazi aperti, alberi, prati!
Mary ci pensò su. — In effetti è una bella vita. Da molti punti di vista, più civile di quella nel mondo “reale”. — Raggiunto il Farquharson, presero la scalinata fino al primo piano. Appena furono nel corridoio, Mary individuò sul lato opposto qualcuno che conosceva bene:
— Cornelius!
L’uomo si voltò e osservò, strizzando gli occhi; evidentemente la sua vista era peggiore di quella di Mary. Alla fine però si illuminò: — Ehilà, Mary! — E si diresse verso di loro.
— Niente paura! — gli disse lei, ancora a distanza, — Sono qui solo in visita.
— Perché, lui non ti sopporta? — sussurrò Ponter.
— Oh, no, non è per questo! — ridacchiò lei. — Ma è il docente che tiene i miei corsi mentre io sono fuori sede alla Synergy.
Avvicinandosi, Cornelius strabuzzò gli occhi al rendersi conto chi fosse l’accompagnatore di Mary. Va detto a suo merito che si ricompose in fretta. — Professor Boddit… — disse, con un inchino.
Mary stava per dirgli che lì dentro non tutti i parrucconi erano professori, ma lasciò perdere. Non parlare di corda in casa dell’impiccato.
— Salve — fece Ponter.
— Ponter, ti presento Cornelius Ruskin. — Come sempre, lasciò una discreta pausa tra nome e cognome, in modo che Ponter potesse distinguerli. — È laureato… il nostro più alto grado accademico… in Biologia molecolare.
— Lieto di conoscerla, professor Ruskin — disse Ponter.
A Mary non andava di correggerlo: già faceva miracoli, a districarsi nelle mille sfumature gliksin. Che Cornelius avesse notato o no l’imprecisione, lasciò correre, affascinato com’era dal faccia a faccia con il neanderthal. — La ringrazio — disse. — Qual buon vento?
— L’automobile di Mèr — rispose Ponter.
— Eravamo sulla via del ritorno a Sudbury — disse Mary. — La figlia di Ponter si sposa, e lui non intende perdersi la cerimonia.
— Felicitazioni — disse Cornelius.
— Daria Klein è nei paraggi? — chiese Mary. — E Graham Smythe?
— Oggi Graham non l’ho visto — rispose Cornelius. — Daria però si trova al tuo ex laboratorio.
— E Qaiser?
— Dovrebbe essere nel suo ufficio, ma non sono sicuro.
— Bene — disse Mary. — Volevo solo prendere un paio di cose. Alla prossima!
— Stammi bene — disse Cornelius. — La saluto, professor Boddit.
— Salute anche a lei — disse Ponter, e seguì Mary. Arrivati di fronte a un ufficio, lei bussò.
— Sì? — chiese una voce femminile dall’interno. Mary fece capolino.
— Mary! — esclamò la donna, scombussolata.
— Ciao, Qaiser — fece lei, con un’espressione furbesca. Spalancò la porta, mostrando Ponter. Gli occhi castani di Qaiser si spalancarono.
— Professoressa Qaiser Remtulla — disse Mary in tono solenne — sono onorata di presentarle il mio vecchio amico Ponter Boddit. — Si voltò verso di lui. — È la preside della nostra facoltà di Genetica.
— Incredibile — disse Qaiser, afferrando la mano di Ponter e stringendola. — Assolutamente incredibile.
“Lo è sul serio” stava per aggiungere Mary, ma lo tenne per sé. Le due si scambiarono per qualche minuto le novità, poi, quando Qaiser si allontanò per tenere una lezione, Mary e Ponter proseguirono lungo lo stesso corridoio. Arrivarono di fronte a una porta in cui si apriva una finestrella. Mary bussò, ed entrò direttamente.
— Toc toc, c’è qualcuno? — chiese a una ragazza chinata a lavorare su un tavolo.
Lei si voltò. — Professoressa Vaughan! — esclamò in tono allegro. — Che bello rivederla! E… Dio mio! Non mi dica che…
— Daria, permettimi di presentarti Ponter Boddit.
— Caspita — disse lei. Poi, a ribadire il concetto: — Caspita…
— Daria sta lavorando alla sua tesi. Prenderà la mia stessa specializzazione: tecniche di recupero del DNA antico.
Mentre le due chiacchieravano, Ponter, che non dimenticava mai di essere uno scienziato, si dava un’occhiata intorno. La tecnologia gliksin non finiva mai di stupirlo.
Alla fine, Mary disse: — Bene, ora dobbiamo proprio andare. Prendo giusto un paio di campioni che avevo lasciato qui.
Attraversò il laboratorio per raggiungere il refrigeratore per campioni biologici. Erano stati aggiunti con lo scotch alcuni nuovi cartellini, accanto a quelli con le parole “Sidney Harris” e “Gary Larson” che a suo tempo aveva appiccicato lei stessa. Aprì il portello metallico, la investì una zaffata di aria gelida.