— Capisco — disse Daklar.
Mary sapeva che se ne sarebbe pentita, ma non riuscì a trattenersi: — Io invece non capisco come facciate voi due a essere così rilassati dopo ciò che hai fatto ad Adikor.
Daklar tacque per alcuni istanti; Mary non riuscì a decifrare la sua espressione. Alla fine la neanderthal rispose: — Vedo che il nostro Ponter ti ha raccontato delle cose.
Mary non gradì quel “nostro Ponter” ma non fece commenti. Dopo un po’, Daklar riprese: — Che cosa ti ha raccontato, di preciso?
— Che, mentre Ponter si trovava nel mio mondo, tu hai accusato Adikor di averlo ucciso… Adikor! L’uomo che Ponter ama!
Daklar sollevò un sopracciglio. — Ti ha riferito quale fosse il principale indizio contro Adikor?
Mary sapeva che Daklar era una raccoglitrice di frutti spontanei, non un cacciatore, tuttavia ebbe l’impressione che la stesse attirando verso una trappola. Scosse solo lievemente la testa. — Non c’erano prove. Perché non era stato commesso alcun crimine.
— In quel momento, no. Ma prima. — Dopo una pausa, Daklar continuò in tono di sufficienza: — Sono sicura che Ponter non ti ha parlato della frattura alla sua mascella.
Mary sottolineò immediatamente il livello d’intimità che aveva con lui: — Mi ha raccontato tutto. Ho perfino visto la lastra.
— Bene, allora capirai. Adikor in passato aveva tentato di uccidere Ponter, perciò…
All’improvviso Daklar si bloccò. Strinse gli occhi per esaminare meglio l’espressione che si era dipinta in faccia a Mary. — O non sapevi che era stato Adikor? È così? Ponter non si è spinto fino a raccontarti anche questo, vero?
A Mary si era accelerato il battito cardiaco. Non trovò il coraggio di rispondere.
— Bene — disse Daklar — allora pare che io abbia qualche informazione inedita. Sì, fu Adikor a colpire Ponter. Come indizio in tribunale portai le immagini contenute nell’archivio degli alibi di Ponter, in cui era stato registrato l’assalto.
Mary e Colm avevano avuto i loro momenti bassi, ma lui non l’aveva mai picchiata. Anche se purtroppo era un fenomeno diffuso, lei non avrebbe resistito accanto a un marito manesco. Ma qui…
Qui era successo una volta sola, e…
No. Se Ponter fosse stato donna, Mary non avrebbe mai perdonato Adikor per aver alzato le mani, anche solo una volta, come…
Detestava ricordarlo. Ogni volta.
Come non aveva mai perdonato suo padre per aver picchiato sua madre, decenni prima.
Però Ponter era un uomo, e altrettanto forzuto di Adikor, quindi…
Un accidente! Niente poteva scusare la sua azione! Colpire la persona che dovresti amare.
Mary continuava a non articolare risposta. Dopo che fu trascorso un tempo ragionevole, Daklar aggiunse:
— Perciò, vedi che la mia accusa non era infondata. Oh sì, adesso me ne pento, ma all’epoca…
Tacque. Finora Daklar non aveva avuto pudori a esprimere i propri pensieri; Mary si chiese che cosa stesse chiudendo dentro di sé. Poi ebbe la soluzione in un lampo:
— All’epoca, eri furiosa all’idea di aver perso Ponter.
Daklar non annuì né scosse la testa, ma Mary fu sicura di avere fatto centro. — Allora, be’… — disse. Non aveva la più pallida idea se, e quanto, Ponter avesse raccontato a Daklar su ciò che era successo tra loro due durante il primo viaggio nel mondo gliksin.
E sicuramente Ponter non aveva avuto occasione di informare Daklar come si fosse evoluta la sua storia con Mary.
Ma Daklar era una donna. Magari pesava 100 chili, in palestra poteva sollevarne il doppio, e con la pellicetta sulle guance. Ma era una donna. Un esemplare femminile del genere Homo, capace di comprendere quanto Mary. Se prima di quel giorno Daklar non aveva sospettato nulla della relazione di Ponter con Mary, adesso non poteva più avere dubbi. E non solo per ragioni ovvie, come la partecipazione di Mary al rito in sostituzione di Klast, ma anche per il modo in cui Ponter la guardava, il modo in cui le stava vicino. Il linguaggio somatico di Ponter era eloquente per Daklar tanto quanto per Mary.
— Allora, be’ — le fece eco Daklar.
Mary spostò lo sguardo sulla festa nuziale. Ponter lavorava alla carcassa del cervo insieme a Jasmel, Tryon e Bal, ma continuava a lanciare sguardi nella loro direzione. Se Ponter fosse stato un gliksin, a quella distanza sarebbe stato forse impossibile capire la sua espressione, ma sulla sua faccia ampia e scolpita le emozioni erano riconoscibilissime. Era evidente che la conversazione tra le due donne lo rendeva nervoso. E a ragione, pensò Mary.
Tornò a osservare la neanderthal che aveva di fronte, con le braccia incrociate sul petto voluminoso ma non molto sporgente. Per quanto Mary avesse visto, nessuna donna neanderthal era, diciamo, ben carrozzata come una Louise Benoit. Probabilmente, dato che maschi e femmine trascorrevano separati gran parte della vita, i caratteri sessuali secondari non erano così fondamentali.
— Lui appartiene alla mia specie — dichiarò Daklar. Il che era indiscutibile. Ma…
Ma.
Rifiutandosi di guardare Daklar negli occhi, e senza aggiungere una parola, Mary Vaughan, donna, canadese, della specie Homo sapiens, tornò al gruppo intento a strappare strisce di pellame arrossato dalla carne di un animale che uno di loro aveva ucciso senza altri ausili che la propria lancia.
Mary dovette ammettere che la cena era squisita. Carne saporita e succosa, verdura fresca di stagione. Le tornò in mente un viaggio di lavoro, un paio di anni prima, in Nuova Zelanda, quando erano usciti tutti insieme per partecipare a un hangi maori.
Ma non durò molto, con stupore di Mary, Tryon se ne andò con suo padre. Lei sussurrò a Ponter: — Perché Tryon si allontana da Jasmel?
A Ponter la risposta pareva evidente. — Mancano ancora due giorni al periodo in cui i Due diventano Uno.
Mary ricordò i brutti presentimenti che aveva provato nel momento stesso in cui usciva di chiesa accanto a Colm, tanti anni prima. Se le avessero concesso l’opportunità di ripensarci, avrebbe fatto marcia indietro. In quel caso, non essendo ancora stato consumato il matrimonio, lei si sarebbe addirittura potuta permettere un autentico annullamento da parte del Vaticano, non quel ripiego posticcio che volevano farle accettare. Un momento… Due giorni?
— E quindi… — disse lentamente, cercando di farsi coraggio — quindi non tornerai nel mio mondo finché non sarà trascorso, vero?
— È un periodo molto importante per…— interruppe la frase. Mary si chiese se il seguito sarebbe stato “la mia famiglia” o “la mia specie”. A ben vedere, la differenza era enorme.
Mary inspirò. — Desideri che io torni indietro prima, da sola?
Ponter a sua volta inspirò profondamente, e…
— Papi! Papiii! — La piccola Mega lo raggiunse di corsa.
Lui si accovacciò per avere gli occhi all’altezza di quelli della figlia. — Dimmi, tesoro.
— Jasmel sta per riportarmi a casa.
Ponter la strinse tra le braccia. — Mi mancherai tanto.
— Ti voglio bene, pa’.
— Anch’io ti voglio bene, Megameg. Lei mise le manine sui fianchi.
— Ops, scusa — fece Ponter, alzando la mano destra.
— Anch’io ti voglio bene, Mega.
La bambina sorrise. — Quando i Due diventano Uno, andiamo di nuovo a fare un picnic con Daklar?
Mary ebbe un colpo al cuore.
Ponter si voltò di scatto verso di lei, poi abbassò di nuovo gli occhi. L’arcata sopracciliare glieli nascose.