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— Niente. È fuggito.

— Ma come è possibile…

Ponter sollevò il braccio sinistro. — Niente Companion, niente giustizia.

— Per mille ossa rinsecchite. In che razza di mondo vivono…

32

Il giorno successivo percorrendo il corridoio dell’istituto di ricerca, Mary si scostò per lasciar passare uno dei robot affusolati che popolavano gli anfratti della società neanderthaliana. Il che la fece riflettere sull’economia di quel mondo. I neanderthal avevano creato i robot e l’intelligenza artificiale, ma possedevano anche l’equivalente dei taxisti. Evidentemente, non tutti i mestieri che potevano essere automatizzati erano stati automatizzati.

Mary proseguì fino a raggiungere la stanza in cui stava lavorando Lurt. — Ti andrebbe di fare una pausa anticipata? — le chiese Mary, per quanto lei stessa detestasse essere interrotta nel bel mezzo di un’analisi.

Lurt diede un’occhiata al display del Companion, che faceva anche da orologio. — Va bene.

— Ti ringrazio — disse Mary. — Facciamo due passi? Ho bisogno di parlare.

Mary e Lurt uscirono all’aria aperta. Lurt adottò una postura che Mary aveva notato spesso tra i neanderthaclass="underline" abbassavano lievemente la testa in modo che le arcate sopracciliari riparassero del tutto gli occhi dalla luce del sole. Mary tentò di ottenere lo stesso effetto facendosi schermo con la mano. Per quanto avesse problemi più pressanti, essersi dimenticata di portare gli occhiali da sole si stava rivelando una grossa seccatura. — Qui avete lenti da sole? — chiese.

— Singole, sono in vendita. Però dentro i microscopi ce n’è sempre una serie.

Mary sorrise. — Oh, no, no. — Indicò il cielo. — Intendevo lenti scure per proteggere gli occhi dal sole.

— Ah — rispose Lurt — sì, sono disponibili, anche se noi le chiamiamo — disse tutto di seguito, ma il Companion di Mary fece una pausa per cercare la traduzione più appropriata — “schermi anti-neve”.

La questione fu immediatamente chiara a Mary. Le arcate sopracciliari erano sufficienti per ripararsi dalla luce proveniente dall’alto; invece uno schermo artificiale poteva dimostrarsi utile in caso di riflessi di luce dal basso, per quanto le orbite incassate, l’ampiezza del cranio e le dimensioni del naso fornissero già qualche protezione.

— Potrei averne un paio?

— Te ne servono due? — chiese Lurt.

— Eh? No. È che noi li chiamiamo “occhiali” al plurale, siccome hanno due lenti.

Lurt scosse la testa, divertita. — Allora, chi ci impedisce di parlare anche di “pantaloni” al plurale! Hanno due gambe, no?

Mary decise di lasciar cadere l’argomento. — In ogni caso, sarebbe possibile procurarmi uno schermo antineve?

— Certamente. C’è un’intagliatrice di lenti proprio là.

Mary esitò. — Non ho soldi con me, non saprei come comprarli… cioè: comprarlo.

Lurt indicò l’avambraccio sinistro di Mary; dopo un secondo, Mary capì che la donna si riferiva al suo Companion removibile. Allora sollevò il polso in modo che Lurt potesse esaminare l’apparecchiatura. Lurt tirò due dei pulsantini rotondi, e sul display cominciarono a volteggiare dei simboli.

— Proprio come pensavo — disse Lurt. — Questo Companion è collegato ai crediti di Ponter. Puoi acquistare tutto ciò che desideri: il conto lo salderà lui.

— Davvero? Però.

— Vieni, ti accompagno dall’intagliatrice di lenti.

Lurt attraversò un’ampia striscia di terreno coperta di erba alta, seguita da Mary. La quale provava qualche senso di colpa a spendere i soldi di Ponter, dato il tema che stava per affrontare con Lurt, ma il sole le stava facendo venire mal di testa; né voleva rientrare al laboratorio, perché non dovevano esserci orecchie estranee ad ascoltare. E non era solo per quello. Mary stava cominciando a conoscere meglio i neanderthaclass="underline" sapeva che in interni, o in assenza di vento, erano capaci di indovinare i pensieri dei vicini semplicemente inalando i loro feromoni; un talento che faceva sentire Mary nuda e indifesa. Quel giorno però soffiava una brezza decisa, per cui Lurt avrebbe dovuto basarsi esclusivamente sulle parole di Mary.

Entrarono nell’edificio indicato da Lurt. Si trattava di una struttura piuttosto vasta, ottenuta grazie a tre alberi fatti crescere uno vicino all’altro; i rami si intrecciavano creando un unico tendone naturale.

Ciò che vide, sorprese Mary. Si era aspettata una versione “parallela” di una fabbrica di articoli per la vista. Però nel suo mondo gran parte dell’ottica era incentrata sulle volubili mode relative alla montatura: una sensibilità lontanissima da quella dei più spartani neanderthal. Del resto, con una popolazione così ridotta, non c’era neppure l’opportunità di mestieri troppo specialistici; per cui quel negozio trattava ogni genere di prodotti di ottica. I banconi traboccavano di oggetti facilmente identificabili come telescopi, microscopi, macchine fotografiche, telecamere, proiettori, lenti d’ingrandimento, torce elettriche eccetera. Mary cercò di memorizzare più cose possibile, già sapendo che al suo rientro alla Synergy sarebbe stata subissata di domande da Lilly, Kevin e Frank.

Si fece avanti un’anziana neanderthal. Mary rifece il giochetto mentale di scoprire a quale generazione appartenesse. La donna sembrava andare per la settantina, il che la rendeva… vediamo… una 142. L’apparizione di Mary le fece strabuzzare gli occhi, ma si ricompose in fretta. — Salute a voi — disse.

— Salute a te — rispose Lurt. — Ti presento la mia amica Mèr.

— Già, come supponevo — fece la 142. — Una visitatrice da un altro universo! Lo sa? — rivelò a Mary — il mio Esibizionista preferito non ha mai smesso di seguirla, da quando lei è arrivata.

Mary rabbrividì.

— Mèr ha bisogno di uno schermo anti-neve — disse Lurt.

La donna annuì, e scomparve per qualche istante nel retro del negozio. Al suo ritorno portava un paio di lenti scure (blu, non verdi o ambra come era abituata Mary) attaccate a una fascia elastica. — Provi questi — disse.

Mary prese gli occhiali, ma non sapeva bene come indossarli. Lurt rise. — Si mettono così — disse, impadronendosi dell’aggeggio e tirando l’elastico finché non ebbe la lunghezza giusta per la testa di Mary. — Di solito — spiegò — la fascia si posiziona qui — passò il dito sulla striscia di pelliccia tra l’arcata sopracciliare e la fronte — in modo da non scivolare.

Infatti, in testa a Mary dava tutta l’impressione di voler scivolare. La negoziante si accorse che l’articolo non andava. — Mi permetta di farle provare un modello per bambini — disse, e si rituffò nel retro.

Mary si sforzò di celare l’imbarazzo. I gliksin hanno crani sviluppati in altezza, i neanderthal in lunghezza. La negoziante tornò con un altro paio di lenti, munite di una fascia elastica meno ingombrante. Questo modello sembrò adattarsi perfettamente alla cliente.

— Può far ruotare le lenti verso l’alto o verso il basso, come le occorre — le disse, dandone dimostrazione.

— Grazie. E… come faccio a…

— Pagare? — completò Lurt, con un sorriso. — Non devi fare altro che attraversare la porta di uscita. Il conto verrà addebitato automaticamente.

Ecco un buon metodo contro i furti, pensò Mary. — Grazie ancora — disse, e le due se ne andarono. Adesso che era munita di occhiali da sole, Mary si sentiva molto meglio, anche se la tonalità blu che conferivano al paesaggio le metteva ancora più freddo in corpo. Era il momento di sputare il rospo.

— Non conosco gli usi locali — disse. — Non sono una politica né una diplomatica né niente. E di certo non intendo offenderti né metterti in una situazione imbarazzante, ma…

Stavano attraversando un’altra striscia d’erba, questa però ornata con sculture a grandezza naturale di quelle che dovevano essere illustri personalità, tutte donne. — Parla liberamente — le disse Lurl.