Mary tentò di reprimere l’irritazione. — Ma se solo lei mi lasciasse portare quel materiale al mio laboratorio alla York University, sono sicura che riuscirei a recuperare più DNA di quanto possiate fare voi qui.
— Non posso concederglielo, signora. Mi spiace.
— Perché no?
— Be’, tanto per cominciare, l’Università di York non è autorizzata a eseguire analisi a scopo giudiziario, e…
— La Laurenziana! — ebbe la folgorazione Mary.
— Mandi il materiale all’Università Laurenziana, lo analizzerò là. — L’ateneo in cui aveva esaminato per la prima volta il DNA di Ponter aveva un accordo con l’esercito canadese e con la polizia dell’Ontario.
Hobbes ci meditò. — Be’, la Laurenziana sarebbe un altro paio di maniche, anche se…
— Seguirò tutte le procedure richieste.
— Non è impossibile — disse Hobbes, ma appariva dubbioso. — Tuttavia sarebbe assai irregolare…
— Per favore — insistette Mary. Non voleva neppure pensare all’ipotesi che si volatilizzasse anche questa prova. — La prego.
Hobbes allargò le braccia. — Vedrò che cosa posso fare. Ma, sinceramente, non nutrirei troppe speranze. Le regole sulla conservazione dei reperti sono molto rigide.
— Ma ci proverà?
— Sì, okay, ci proverò.
— La ringrazio — disse Mary. — Tanto.
Ponter s’interpose a sorpresa: — La professoressa potrebbe almeno vedere il materiale, qui, adesso? L’investigatore era sbalordito almeno quanto Mary.
— Perché?
— Le basterà un’occhiata per capire se è in condizione di essere esaminato con la tecnica che lei utilizza — rispose Ponter. Si voltò verso Mary: — Dico bene, Mèr?
Mary non capiva dove volesse andare a parare Ponter, ma si fidava ciecamente di lui. — Oh, sì, sì, esatto. — Scoccò a Hobbes il suo sorriso più smagliante. — Basterà un secondo per sincerarmi se la cosa sia fattibile. Non vorrei costringerla a subire un sacco di scocciature burocratiche, se salta fuori che il campione è già troppo degradato.
Hobbes corrugò la fronte e rimase per un po’ a fissare il vuoto. — E va bene — si arrese. — Vado a prenderlo.
Uscì dalla stanza. Tornò qualche minuto dopo portando un contenitore di cartone che ricordava una scatola da scarpe. Tolse il coperchio per mostrare il contenuto a Mary. Ponter si alzò e osservò da dietro le spalle di lei. All’interno c’erano alcuni vetrini e tre buste con chiusura a pressione, ognuna con una targhetta. In una delle buste era racchiuso un paio di mutandine. In un’altra un pettinino pubico con alcuni peli. La terza custodiva delle provette, presumibilmente piene di campioni vaginali.
— È rimasto sempre tutto in frigo — disse Hobbes, sulla difensiva. — Sappiamo bene di avere a che fare con…
Con un movimento fulmineo, Ponter afferrò la busta con le mutandine, la aprì e se la portò al naso, inspirando a pieni polmoni.
— Ponter! — Mary era mortificata.
Hobbes esplose: — Dia qua!! — Cercò di riacciuffare la busta, ma Ponter non ebbe difficoltà a tenerlo a bada, e annusò di nuovo a fondo.
— Ma che cos’è, un maniaco?! — urlò l’investigatore.
Ponter scostò la busta dal naso e, senza fare commenti, la porse a Hobbes; il quale se ne impadronì con rabbia. — Ora toglietevi dai piedi — urlò. Sulla porta erano comparsi due poliziotti, attirati dalle grida.
— Chiedo scusa — disse Ponter.
— Fuori! — gli ripeté Hobbes. E poi a Mary: — Ci terremo ben strette le prove, signora. Fuori da qui!
35
Mary uscì dalla stazione di polizia su tutte le furie. Ma non disse una parola finché lei e Ponter non furono di nuovo in macchina, fermi al parcheggio.
— Ma che diavolo hai fatto? — gli gridò, guardandolo in faccia.
— Mi dispiace — disse Ponter.
— E adesso, tanti saluti alla possibilità di esaminare quei campioni! Cristo, sono pronta a scommettere che l’unico motivo per cui non ti ha arrestato è perché avrebbe dovuto ammettere la sua stupidità a lasciarti avvicinare.
— Ripeto: mi dispiace.
— Ma, santo cielo, che cosa avevi in mente? Ponter tacque.
— E allora? Eh?
— Adesso — disse lui, in tono piatto — so chi ha violentato Qaiser. E, com’è probabile, anche te.
Mary si abbandonò sul sedile. — Chi?
— Il tuo collega… non riesco a pronunciare bene il suo nome… qualcosa come Co… na… le… as.
— Cornelius? Cornelius Ruskin? No, questa è follia!
— Perché? C’è qualcosa nella sua costituzione fisica che sia in contraddizione con i tuoi ricordi di quella notte?
Mary aveva ancora il fiatone per aver urlato. Però dalla sua voce se n’era andata tutta la rabbia, era rimasto solo lo stupore. — Be’, no. Voglio dire, okay, Cornelius ha gli occhi azzurri, ma ce li ha un sacco di gente. E poi non fuma.
— Fuma — disse Ponter.
— Non l’ho mai visto con una sigaretta.
— Quando lo abbiamo salutato, aveva odore di tabacco.
— Magari era stato in un pub e il fumo gli si era attaccato addosso.
— No, proveniva dal suo alito, anche se tentava di nasconderlo con qualche sostanza chimica.
Mary aggrottò le ciglia. Ne conosceva qualcuno, di fumatore in segreto. — Io non ho sentito niente. Ponter non rispose.
— Inoltre — continuò Mary — Cornelius non farebbe mai del male a me o a Qaiser. Voglio dire, eravamo colleghi, e…
Mary s’interruppe.
— Sì? — chiese Ponter.
— In effetti, a me piaceva considerarlo un collega. Ma lui era solo un assistente stagionale. Si era specializzato a Oxford… Oxford, santo cielo, ma non aveva ottenuto niente di più di quella miseria. Non dico una cattedra, ma neppure un contratto a tempo pieno. Invece, io e Qaiser…
— Sì?
— Be’, io devo ringraziare di essere donna, ma lei ha fatto l’en-plein quando sono state assegnate le cattedre: è donna e per di più appartenente a una minoranza. Dicono che gli stupri non vengano commessi per desiderio sessuale: sono un crimine istigato dal desiderio di forza, di autorità. E si sa che Cornelius pensa di non averne nessuna.
— È anche uno di quelli che hanno accesso al frigorifero del laboratorio — disse Ponter. — Essendo un genetista, poteva prevedere che cosa avresti fatto. Avrebbe cercato, e distrutto, tutte le prove.
“Mio Dio” pensò Mary. — Però… aspetta. Sono solo illazioni.
— Erano solo illazioni, finché non ho avuto occasione di esaminare i reperti della violenza su Qaiser. Conservati al sicuro in un posto in cui Ruskin non avrebbe mai potuto mettere piede. L’odore di quei reperti è lo stesso che aveva lui quando lo abbiamo incontrato in corridoio, fuori dal tuo laboratorio.
— Ne sei sicuro? — chiese Mary. — Ne sei assolutamente sicuro?
— Non dimentico mai un odore — disse Ponter.
— Mio Dio… Che facciamo adesso?
— Potremmo avvisare l’investigatore Hobbes.
— Già, ma…
— Ma?
— Questo non è il tuo mondo — disse Mary. — Non si può semplicemente chiedere di visionare un archivio degli alibi. In ciò che hai detto, non c’è niente che consenta alla polizia di esigere un campione del DNA di Ruskin. — Non era già più “Cornelius”.
— Potrei testimoniare che il suo odore…
Mary scosse la testa. — Non esiste nessun precedente di questo tipo, neppure come primo indizio. Anche se Hobbes credesse alle tue affermazioni, non potrebbe ingiungere a Ruskin di presentarsi per un interrogatorio.
— Questo mondo… — disse Ponter, arrendendosi.