Выбрать главу

— Sei assolutamente sicuro? — ripeté Mary. — Senza ombra di dubbio?

— L’ombra di…? Ah, capisco. Sì, sono assolutamente sicuro.

— Non solo al di là di ogni ragionevole dubbio. Al di là di ogni possibile dubbio.

— Non ho nessun dubbio.

— Sul serio? — disse Mary.

— Sembrerà incredibile, per i vostri piccoli nasi, ma non vanto capacità straordinarie. Sarebbe in grado di farlo qualunque appartenente alla mia specie, e anche ad altre specie.

Mary ci pensò. Se i cani sapevano riconoscere chiunque dall’odore, perché Ponter no? — Che cosa possiamo fare? — chiese.

Ponter rimase in silenzio a lungo. Poi rispose, a bassa voce: — Avevi detto che il motivo per cui non avevi denunciato la violenza era che temevi le conseguenze, nei vostri tribunali.

— E allora? — scattò Mary.

— Non volevo far pesare la cosa. Volevo solo essere sicuro di aver compreso bene. In caso di indagini giudiziarie, che cosa potrebbe succedere a te o alla tua amica Qaiser?

— Be’, anche se venissero ritenute probanti le analisi del DNA… e non è detto… l’avvocato di Ruskin cercherebbe di dimostrare che eravamo consenzienti.

— Non meriti questo — disse Ponter. — Nessuno lo meriterebbe.

— Ma se non facciamo qualcosa, Ruskin colpirà ancora.

— No — disse Ponter, reciso.

— Ponter, non c’è niente che tu possa fare!

— Portami all’università.

— No, Ponter, no!

— Allora ci arriverò a piedi.

— Non sai neppure dove si trova.

— Lo sa Hak.

— Ponter, questa è una pazzia. Non puoi ammazzarlo!

Lui si toccò la spalla su cui aveva la fasciatura. — Su questo pianeta, qualcuno uccide continuamente qualcun altro.

— Ponter, non te lo permetto!

— Devo impedirgli di commettere altre violenze.

— Ma…

— Oggi potrai fermarmi, e anche domani e dopodomani, ma non potrai tenermi al guinzaglio in eterno. Una volta o l’altra riuscirò a eludere la tua sorveglianza, allora tornerò al campus ed eliminerò il problema. — La fissò dritto negli occhi, con quelle sue pupille dorate. — L’unico dilemma è se riuscirò a farlo prima che colpisca ancora. Davvero intendi rallentarmi?

Mary chiuse gli occhi, mettendosi in ascolto, con tutte le sue forze, della voce di Dio. Rimase ad attendere se Lui le inviasse un messaggio. Non arrivò nulla.

Riaprì gli occhi. — Non posso permettertelo, Ponter. Non posso permettere che tu uccida una persona a sangue freddo. Nemmeno quella persona.

— Deve essere fermato.

— Promettimelo — disse Mary. — Promettimi che non lo farai.

— Perché ci tieni tanto? Lui non è degno di vivere.

Mary inspirò profondamente. — Ponter, lo so che ritieni una stupidaggine la mia fede in un aldilà. Ma se lo ucciderai, la tua anima sarà punita. E se io ti permetto di ucciderlo, verrà punita anche la mia anima. Ruskin mi ha già dato un assaggio dell’inferno, e non intendo trascorrere l’eternità in quel modo.

Ponter corrugò la fronte. — Io intendo farlo per il tuo bene.

— Non questo. Non un omicidio.

— E va bene — disse Ponter alla fine. — Va bene. Non lo ucciderò.

— Lo prometti? Lo giuri?

— Lo prometto. — E dopo un secondo: — Gristle! Mary annuì. Quella era l’unica parolaccia che Ponter si permettesse di dire. Poi un altro pensiero colpì Mary. — C’è una possibilità che non hai preso in considerazione.

— Quale?

— Che Qaiser e Cornelius abbiano avuto un rapporto consenziente prima che qualcun altro compisse lo stupro. Non sarebbe la prima volta che due colleghi, uomo e donna, lo abbiano fatto in ufficio.

— Non saprei — disse Ponter.

— Credimi, succede continuamente. In questo caso, l’odore di lui non sarebbe rimasto su… be’, sulle sue mutandine, eccetera?

Bip.

— Mutandine. I… pantaloncini di sotto. Quelle che hai visto in quella busta trasparente.

— Sì. La tua ipotesi è possibile.

— Dobbiamo avere delle certezze. Assolute.

— Potresti chiederlo a Qaiser — suggerì Ponter.

— Non me lo direbbe mai.

— Perché? Pensavo foste amiche.

— Lo siamo. Ma Qaiser è sposata… ha un Legame… con un altro uomo. Però credimi: anche in questi casi, il sesso in ufficio è diffusissimo.

— Andiamo bene — commentò Ponter.

— Perciò, temo che non ci sia granché che possiamo fare — disse Mary.

— Possiamo fare molto, invece. Ma mi hai fatto promettere di no.

— Infatti. Ma…

— Dovremmo avvisarlo che è stato scoperto — aggiunse Ponter. — Che i suoi spostamenti sono tenuti sotto sorveglianza.

— Non me la sento di affrontarlo faccia a faccia.

— Non te lo chiederei mai. Potremmo fargli pervenire un messaggio.

— Ma servirebbe a qualcosa?

Ponter mostrò il polso sinistro. — È la filosofia che sta dietro gli impianti Companion. Quando si sa di essere osservati, o che le proprie azioni vengono registrate, si modifica il proprio comportamento. Nel mio mondo ha funzionato egregiamente.

Mary sentì allentarsi un po’ la tensione. — Immagino… immagino che male non farà. A che cosa pensavi? A una lettera anonima?

— Sì.

— Cioè, informarlo che d’ora in poi avrà sempre degli occhi puntati addosso? E che non avrebbe nessun modo per farla franca? — Ci rifletté. — Dovrebbe essere matto per riprovarci, sapendo che c’è gente sulle sue tracce.

— Proprio così — disse Ponter.

— Potremmo lasciargli un messaggio nella casella postale dell’università.

— No, non alla York — disse Ponter. — È il luogo in cui ha già distrutto tutte le prove esistenti, facendo affidamento sul fatto che tu saresti rimasta via per un anno, e quindi, al tuo ritorno, sarebbe stato impossibile risalire all’epoca del furto. No, dovremmo lasciargli il messaggio nella sua “tana”.

— Tana? Cioè casa sua?

— Sì.

— Ci sono! Non c’è nulla di più inquietante che scoprire di essere stati “stanati”.

Ponter fece un’espressione perplessa, ma chiese: — Sai dove abita?

— Non lontano di qui. Non ha una macchina, dato che vive da solo, e non potrebbe neppure permettersela. Durante le tempeste di neve, qualche volta gli ho dato uno strappo fino a casa. Si tratta di un appartamento appena oltre Jane Street… un momento, so in quale palazzo abiti, ma non ho idea di che numero abbia il suo appartamento.

— Un’abitazione multifamiliare, come la tua?

— Sì. No. Molto meno graziosa della mia.

— Vicino all’ingresso non c’è un elenco delle persone che vi risiedono?

— Non più. Ora usiamo codici numerici e nomi fittizi. Il tutto, proprio per evitare che la gente faccia ciò che abbiamo intenzione di fare noi.

Ponter era senza parole. — Pur di non munirvi di Companion, sareste disposti a tutto…

— Andiamo — disse Mary. — Per tornare a casa passeremo davanti alla sua abitazione. La riconoscerò a vista, e se non altro potremo segnarci il numero civico.

— Bene — disse Ponter.

Guidando lungo la Finch, e poi svoltando nella via in cui sorgeva il palazzo di Ruskin, Mary sentì accrescersi il nervosismo. Non che temesse di incontrarlo, ma non riusciva a smettere di immaginare la scena in tribunale. “Lei sa dove abiti l’uomo che sta accusando, signora Vaughan? È mai stata a casa sua? Ah, sì, davvero? E tuttavia sostiene che il rapporto non fu consensuale…”

Driftwood, l’area che si estendeva lungo Jane Street e Finch Avenue West, non era il posto in cui una persona sana di mente avrebbe risieduto a lungo. Era uno dei peggiori quartieri di Toronto… anzi, del Nord America. La sua vicinanza alla York University creava problemi all’ateneo; probabilmente era quello il motivo per cui, nonostante anni di pressioni, la metropolitana non era mai stata prolungata fino al campus.