— Loro sono innocenti — ribadì Ponter. — Non importa quanto sia stata grave la mia azione: loro non devono subirne le conseguenze.
— Ma le subirebbero, se tu ti presentassi alla polizia a confessare il tuo reato.
Ponter annuì.
— Perciò, che intendi fare?
Ponter alzò le enormi spalle. — Portare il segreto con me nella tomba.
— E poi?
— C… come, prego?
— Che faresti, una volta nella tomba?
— Ma assolutamente niente!
— Ne sei sicuro?
— Ovvio. Voglio dire, ho studiato quella loro Bibbia, e so che Mèr è sana di mente, anzi molto in gamba, e non si fa facilmente delle illusioni, ma…
— Sei sicurissimo che lei si sbagli? E che dopo la morte non ci sia proprio nulla?
— Be’…
— Sì?
— Lasciamo perdere.
Selgan aggrottò le sopracciglia, decidendo che non era ancora il momento di sondare quel punto. — Ti sei mai chiesto perché Mèr sia attratta da te?
Ponter distolse gli occhi da lui.
— Hai detto, tempo fa, che sono pienamente umani anche loro. Eppure, tu sei più diverso da lei di qualunque altra persona lei conosca.
— Sul piano fisico, senz’altro — disse Ponter. — Ma sul piano intellettuale, ed emozionale, abbiamo moltissimo in comune.
— Però — incalzò Selgan — siccome Mèr ha sofferto a causa di un uomo della sua specie, potrebbe…
— Ci ero arrivato anche da solo! — scattò Ponter.
— Esprimilo a voce alta, Ponter. Fa’ uscire il concetto all’esterno.
Ponter emise un grugnito. — Potrebbe sentirsi attratta da me perché ai suoi occhi io non sono umano… non appartengo alla specie d’uomo che l’ha fatta soffrire.
Selgan attese per qualche battito, poi disse: — È un’idea su cui vale la pena riflettere.
— Non importa — rispose lui. — Non importa un accidente. Io la amo, e lei ama me. Queste sono le uniche due cose che contano.
— Molto bene — disse Selgan. — Molto bene. — Dopo un’altra pausa, parlò in tono assente, come se gli si fosse presentato un pensiero improvviso, non preparato con cura: — E, di’ un po’: ti sei mai chiesto perché lei piaccia a te?
Ponter alzò gli occhi al cielo. — Voi strizzacervelli! Adesso mi dirai che ha qualcosa che mi ricorda Klast. Ma non potresti fare un buco nell’acqua più grosso di questo: Mèr non le assomiglia neppure alla lontana. Le loro personalità sono completamente diverse. Non hanno nulla in comune.
— E chi lo nega? — disse Selgan, come liquidando l’argomento. — Voglio dire, come sarebbe possibile? Non appartengono nemmeno alla stessa specie…
— Esatto — disse Ponter, incrociando le braccia.
— E le loro credenze sono all’opposto.
— Appunto.
Selgan scosse la testa. — Un’idea così bislacca, vero? Che esista una vita dopo la morte… Ponter non rispose.
— Tu ci pensi mai? Anche soltanto per chiederti se, chissà… — Selgan tacque, aspettando pazientemente che fosse Ponter a concludere.
— Be’ — fece lui dopo un po’ — di certo è un’idea affascinante. Continuo a pensarci dalla prima volta che Mèr me l’ha menzionata. — Alzò le mani. — Voglio dire, ovvio, ovvio, lo so perfettamente che dopo la morte non c’è vita… almeno, non per me. Tuttavia…
— Tuttavia Mèr vive in un mondo alternativo — aggiunse Selgan. — Un universo parallelo. Un universo in cui le cose potrebbero andare in modo diverso.
Ponter annuì in maniera quasi invisibile.
— E Mèr non è una barasi, no? Appartiene a un’altra specie. Perciò, il solo fatto che noi non possediamo… come la chiamano?, un’anima immortale… il solo fatto che noi non ne abbiamo una, non significa che lo stesso valga anche per loro, esatto?
— Dove vuoi arrivare? — disse Ponter, irritato.
— Sempre da qualche parte — rispose Selgan. — Più di venti mesi fa, hai perso la tua compagna. — E aggiunse, nel tono più dolce possibile: — Mèr non è la sola persona in fase di recupero da un trauma.
Ponter sollevò un sopracciglio. — Questo è scontato. Ma non vedo come farebbe la morte di Klast a spingermi tra le braccia di una donna aliena.
Seguì una lunga pausa. Infine Hak, che era rimasto zitto per l’intera seduta terapeutica, chiese a Selgan attraverso l’altoparlante esterno: — Vuoi che glielo spieghi io?
— No, ci penso io — rispose Selgan. — Ponter, ti prego di considerare queste parole come dettate da spirito di amicizia, ma… be’, sei stato tu a mettermi al corrente delle credenze gliksin.
— E che c’entrano? — chiese Ponter, trattenendosi.
— I gliksin credono che i morti non siano davvero morti. Ritengono che la coscienza del singolo sopravviva al disfacimento del corpo.
— E quindi?
— E quindi, stai cercando di tutelarti dal dolore che ti ha colpito quando è scomparsa Klast. Se la tua nuova compagna crede in questa… immortalità della mente, o se tu ritieni che, per quanto irrazionale sia l’idea, lei possa davvero possedere tale immortalità, allora… — invitò Ponter a concludere.
Ponter sospirò.—Allora, se è possibile l’impensabile… se io perdessi ancora una volta la mia compagna, stavolta potrei reggere meglio alla disgrazia, perché forse non tutto di lei sarà svanito nel nulla.
Selgan sollevò sia un sopracciglio che le spalle. — Esattamente.
Ponter scese di sella. — Ti ringrazio del tempo che mi hai dedicato, studioso Selgan. Ti auguro una giornata piena di salute.
— Non sono sicuro che abbiamo finito, qui — disse lui. — Dove stai andando?
— A fare una cosa che avrei dovuto fare da molto tempo — disse Ponter. E uscì.
Louise Benoit entrò nell’ufficio di Jock Krieger nella sede della Synergy. Jock non aveva geologi nel suo gruppo, ma Louise era una fisica e aveva una lunga esperienza con la miniera di Creighton, per cui quel ruolo era stato assegnato a lei.
— Okay — disse Louise — credo di raccapezzarmici, adesso. — Srotolò due grandi fogli sul tavolo di lavoro. Jock si alzò dalla scrivania e raggiunse la scienziata.
— Questo — disse Louise, indicando un marchio rosso sul foglio di sinistra — è un diagramma standard della variazioni magnetiche della Terra in epoca preistorica, elaborato dai nostri esperti.
Jock annuì.
— Quest’altro — e indicò degli strani simboli — è il diagramma equivalente che ci è stato fornito dai neanderthal.
Anche se Mary non aveva raccolto nessuna prova che il campo magnetico dall’altra parte si fosse invertito, Jock aveva mobilitato tutta la sua influenza per far mettere la questione paleo-magnetica in cima alla lista delle priorità. Se fosse risultato che i neanderthal si sbagliavano a teorizzare collassi rapidi, be’, allora ci si preoccupava per nulla. Ma bisognava esserne sicuri.
— Ora — disse Louise — noi abbiamo individuato molti più collassi magnetici di loro: oltre 300 negli ultimi 175 milioni di anni. Questo, perché i dati che si possono ottenere dalle rocce oceaniche sono più completi di quelli che forniscono i meteoriti.
— Uno a zero per noi — disse Jock secco.
— Quindi — proseguì Louise — mi sono messa a confrontare i casi che coincidono nei due schemi, quelli registrati sia da noi che da loro. Come vedi, anche se nel loro diagramma ci sono parecchi “buchi”, per il resto si riscontra una corrispondenza quasi esatta fino ai giorni nostri.