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Ho cominciato a sentire il sogno ritrarsi, ma proprio in quel momento la lotta di mio fratello è diventata ancora più disperata — le ferite sul suo corpo riaperte mentre si dibatteva — e alla fine è riuscito a liberarsi una mano. Ha sollevato la testa dalle onde, gli occhi selvaggi, la bocca aperta in un urlo senza suono. Si è liberato l’altro polso e, dopo essersi seduto su quel che restava della zattera, ha cercato di sciogliere i nodi che gli stringevano le gambe.

Ma non è stato abbastanza veloce. Le assi sotto di lui si sono divise, Galilee è stato sopraffatto dalle onde ed è stato trascinato sott’acqua dai resti della zattera con i piedi ancora legati.

E poi si è verificato l’evento più strano del sogno. Mentre il suo corpo scompariva tra i flutti, le acque attorno a lui si sono fatte cristalline, come per rispetto verso la carne che stavano reclamando. Non erano trasparenti, ma la loro oscurità si è trasformata in una luce rivelatrice che ardeva così intensa da far invidia al cielo.

Potevo vedere il corpo di mio fratello che sprofondava in quegli abissi luminosi. Potevo vedere ogni forma vivente che nuotava nel mare attorno a lui stagliarsi contro il chiarore delle acque. Banchi di piccoli pesci che si muovevano come un’unica creatura; calamari enormi — i più grandi che avessi mai visto — che osservavano Galilee mentre si inabissava nel loro regno; e, naturalmente, innumerevoli squali che nuotavano in spirali attorno a lui come per proteggerlo.

E poi, come si dice nei libri di fantasia codarda, mi sono svegliato ed era stato solo un sogno.

Non sono pronto a negare la possibilità che, anche se le immagini che ho visto non erano reali, potessero essere vere. Che Galilee, se non è ancora annegato, stia per annegare.

Questo cosa comporta per la storia che vi stavo raccontando? Be’, la interrompe ancora prima che sia finita.

Torniamo a Rachel per un po’. Nel frattempo, lascerò sedimentare questo sogno e tra qualche ora lo riesaminerò. Forse avrà un senso diverso.

2

Quando abbiamo lasciato Rachel, si trovava su un taxi che la stava riaccompagnando all’appartamento di Central Park. Tra le mani teneva il diario che Garrison aveva trascorso tante ore a desiderare, immaginandone le dimensioni e il peso, interrogandosi sul contenuto. E là, tra quelle pagine, Rachel aveva scoperto un mistero: che c’era stato un uomo di nome Galilee nella primavera del 1865 a Charleston. Ora Nickelberry stava accompagnando Holt a conoscerlo, con la promessa che quell’incontro avrebbe alleviato il suo dolore.

Non avevo mai assistito a eccessi simili a quelli che stavo per vedere, sin dai primi giorni della guerra, quando mi era capitato di entrare in un bordello in cui era stato assassinato uno dei miei uomini. Per la verità non ho mai amato il lusso, soprattutto nelle sue forme più esagerate; solo in natura trovo affascinante la sovrabbondanza, le tracce della fonte infinita della creazione. E sempre stata la mia cara Adina ad amare le cose belle — vasi e sete e quadri. Per me, come credo accada alla maggior parte degli appartenenti al mio sesso, l’eleganza dev’essere moderata, altrimenti rischia di essere soffocante.

Quindi, immaginate questo: due case nell’East Battery, di fronte all’acqua, e così danneggiate dal fuoco nemico da sembrare poco più che involucri ma che, all’interno, contengono gli splendori delle cinquanta case più ricche di Charleston.

È stato in quel luogo che mi ha accompagnato Nickelberry; lo stesso luogo dove lo aveva condotto la sua guida, Olivia, che era solo una delle molte persone che occupavano quell’improbabile palazzo.

A quanto pare, Nub ha accettato l’abbondanza di quel luogo senza fare domande (forse questa è la natura dei cuochi, soprattutto in tempi di ristrettezze). Io invece ho cominciato subito a interrogare Olivia. Ho voluto sapere da dove provenissero tutte quelle ricchezze. La donna era nera e poco educata (era stata una schiava, anche se ora indossava un abito elegante e portava gioielli che qualunque signora di Meeting Street le avrebbe invidiato): non ha saputo rispondermi in modo coerente. Io mi sono innervosito ma prima che la mia agitazione crescesse ulteriormente, una donna bianca, molto più vecchia di Olivia, è comparsa al mio fianco. Si è presentata come la vedova del generale Walter Harris, un uomo sotto il cui comando avevo combattuto in Virginia. E stata più che felice di rispondere alle mie domande. Nessuna delle ricchezze in mezzo alle quali ci trovavamo era stata rubata o saccheggiata, mi ha spiegato, ma donata liberamente all’uomo che viveva lì, Galilee. Non le ho nascosto la mia sorpresa perché, oltre allo sfarzo della casa stessa, c’erano cibo e bevande in una quantità inimmaginabile. Le signore mi hanno invitato a sedermi e a mangiare, e dopo molti mesi passati a nutrirmi di gallette fritte nel grasso del bacon, non sono riuscito a trattenermi. Non ero solo al tavolo. C’erano anche un ragazzino negro di non più di dodici anni, un giovanotto dell’Alabama di nome Maybank e una donna molto pallida ed elegante che mangiava dalle mani di Maybank come se fosse stata la sua schiava. All’inizio ho mangiato con prudenza, come sopraffatto dalle pietanze che mi trovavo di fronte, ma il mio appetito ha avuto la meglio e alla fine ho mangiato abbastanza da saziare dieci uomini. Pane dolce con sherry, vitello impanato, ostriche e funghi, una squisita zuppa di granchio e stufato di ostriche e spezie. Per dessert, soufflé al cognac, crostata di mirtilli, pesche sotto spirito e frutta candita. Nickelberry, Olivia e la vedova del generale hanno mangiato con me, mentre la donna più giovane, una certa Katherine Morrow, si è ubriacata di brandy e alla fine se n’è andata in cerca del nostro ospite, solo per addormentarsi sul pavimento vicino alla porta. D’improvviso il giovane Maybank ha dichiarato che avrebbe voluto approfittarsi della donna mentre era in quello stato e ha chiamato il ragazzino negro, Thaddeus, perché lo aiutasse a spogliarla.

Io ho protestato ma Nickelberry mi ha consigliato di tenere a freno la lingua. Avevano tutto il diritto di fare ciò che volevano con la signorina Morrow, se era questo che desideravano, mi ha spiegato; così diceva la legge di quel luogo. Olivia ha confermato le sue parole. Se avessi cercato di intervenire, ha aggiunto, e Galilee mi avesse sentito, mi avrebbe senz’altro ucciso…

Rachel quasi non si accorse del viaggio in taxi né del tragitto in ascensore. Ora sedeva vicino alla finestra, con lo splendore di New York che si stendeva davanti a lei, e lei neanche lo vedeva. Tutto quello che vedeva era la casa dell’East Battery, quelle stanze cariche di eccessi; il capitano, seduto al tavolo, che si rimpinzava…

Le ho chiesto che genere di uomo fosse Galilee e Olivia mi ha sorrìso. Vedrai, mi ha detto. E capirai, quando ti parlerà, che genere di re sia.

Re?, ho detto io, di quale paese? Di ogni paese, ha risposto Olivia; di ogni città, di ogni pietra.

È nero, ha detto la vedova Harris, ma non è mai stato uno schiavo. Le ho chiesto come potesse esserne così sicura e lei mi ha risposto semplicemente che non c’era un uomo al mondo capace di mettere Galilee in catene.

Inutile dire che erano davvero strani discorsi; e nel frattempo i rumori che provenivano dalla stanza accanto diventavano sempre più forti, mentre Maybank e il ragazzo violavano la signorina Morrow.

Nickelberry ha lasciato la tavola ed è andato a guardare. Mi ha invitato a raggiungerlo, e con grande vergogna devo ammettere di aver preso la bottiglia di vino e di essermi avvicinato a lui.