Выбрать главу

“Sono dei mafiosi?”

“Oh Dio, sarebbe meraviglioso se fossero solo degli uomini armati di pistola.”

“E allora che cosa sono?”

“Non lo so”, rispose il vecchio. “Ma temo che lo scoprirò nell’istante stesso in cui il mio cuore smetterà di battere.”

“Non dire così.”

“Ti rendo nervoso?” disse Cadmus. “Be’, fai bene a esserlo.” Aveva gli occhi colmi di lacrime. “C’è molto di più riguardo a questa faccenda di quanto tu potresti mai capire, figliolo, quindi, per il tuo bene, lascia perdere. Non permettere a Garrison di trascinarti in questo disastro. Vedi, lui non ha scelta. È nella sua natura. Ma tu… tu puoi salvarti. Dio sa se per me non è già troppo tardi. E anche per tuo fratello. E, naturalmente, anche per tua moglie.”

“Lei non sa niente di tutto questo.”

“Appartiene a loro”, disse Cadmus in tono piatto. “Come tutte le nostre donne. Qualche volta penso che siano state loro a salvarci dall’annientamento. Le donne Geary piacciono a Galilee. Galilee piace alle donne Geary.” Si passò le dita sulle labbra pallide per pulirsele dalla saliva. “È così che ho perso Kitty. Molto prima che il cancro me la portasse via, l’avevo già persa. Poi ho perso Loretta. È un fatto difficile da sopportare. Le amavo entrambe ma non è stato abbastanza.”

Mitchell si prese la testa tra le mani. “Garrison ha detto che i Barbarossa non sono come noi”, mormorò.

“Ha ragione e ha torto allo stesso tempo. Penso che siano più simili a noi di quanto non crediamo. Ma sono anche molto più di quanto noi potremo mai essere.” Le lacrime cominciarono a rigargli le guance. “Immagino che questo dovrebbe confortarmi. Non ho mai avuto una sola chance contro di lui. Qualunque cosa avessi fatto per le mie mogli, non sarebbe mai stato abbastanza. Mentre lui le ha avute, nell’istante stesso in cui i suoi occhi si sono posati su di loro.”

“Non piangere, nonno”, disse Mitchell. “Ti prego.”

“Piango sempre, non farci caso.”

Mitchell si avvicinò al letto. “Permettimi di essere parte di tutto questo”, disse con voce pacata ma decisa. “Ti prego. So che secondo te non valgo niente… ma… è solo perché nessuno mi ha mai spiegato niente. Così mi sono limitato a guardare dall’altra parte. Ho finto che non m’importasse. Ma mi importa. Nonno, mi importa. Voglio sapere chi sono queste persone; voglio farle soffrire come hai sofferto tu.”

“No.”

“Perché no?”

“Perché tu sei mio nipote e non voglio essere responsabile della tua morte.”

“Perché hai tanta paura di loro?”

“Perché sono quasi morto, figliolo. E se ho un’anima immortale, allora sono in guai seri. Non voglio averti sulla coscienza. È già abbastanza pesante.”

Mitchell trasse un profondo respiro. “D’accordo”, ribatté, alzandosi dalla sedia. “Non so cos’altro dire. Tu hai le tue idee, io ho le mie.”

“Cristo, figliolo, proprio non ti rendi conto”, disse Cadmus dolcemente. “Questo non è un contratto andato male. Queste sono le nostre vite.”

“Tu ci hai fatti così, nonno”, osservò Mitchell. “Tu l’hai insegnato a papà e papà l’ha insegnato a noi: gli affari prima del piacere. Gli affari prima di tutto.”

“Mi sbagliavo”, borbottò Cadmus. “Non me lo sentirai dire una seconda volta, ma mi sbagliavo.” Mitchell rimase in piedi accanto alla porta per un attimo, fissando la figura scheletrica che giaceva sul letto.

“Buonanotte, nonno.”

“Aspetta”, aggiunse il vecchio.

“Cosa?”

“Fallo per me”, lo pregò Cadmus. “Aspetta che io sia morto. Non sarà una lunga attesa, credimi. Solo… aspetta che io me ne sia andato. Per favore.”

“Se accetto…”

“Un altro contratto?”

“Se accetto, devi dirmi dov’è il diario.” Cadmus chiuse gli occhi di nuovo. E Mitchell per qualche lungo istante indugiò, senza sapere se andarsene o restare. Alla fine il vecchio emise un sospiro gracchiante e disse: “Va bene. Come vuoi tu. Ho dato il diario a Margie”.

“È quello che pensava anche Garrison. Ma non è riuscito a trovarlo.”

“Allora chiedi a Loretta. O a tua moglie. Forse Margie lo ha dato a una di loro. Ma ricorda… ti ho avvertito, e tu non hai voluto ascoltarmi.”

“Sono sicuro che con questo tu ti sia guadagnato un posto in paradiso, nonno”, disse Mitchell. “Buonanotte.”

Il vecchio non rispose. Aveva ricominciato a piangere. Mitchell non gli offrì altre parole di consolazione. Come aveva detto Cadmus, i vecchi piangevano; e non c’era niente da fare.

Quattordici

1

Uno dopo l’altro, tutti i segreti si svelano come le stelle al tramonto. Per la cronaca, quello che Cadmus aveva detto sulla gravidanza di Margie era in parte vero. Era rimasta incinta ma il bambino non era sopravvissuto. Aveva avuto un aborto spontaneo al quinto mese e i pochi che sapevano che il bambino era nero erano stati pagati profumatamente per il loro silenzio. Garrison aveva immaginato che il figlio fosse di Galilee. Quello era stato il più grande sbaglio che avesse mai commesso, forse; un errore che coinvolge la sua stessa natura e tutto ciò che con il tempo dovrà diventare. Quanto a Margie, non so dirvi cosa le avevano raccontato quando si era ripresa, ma credo che sia improbabile che abbia mai saputo che il suo grembo aveva prodotto una simile eresia. Cadmus, certamente, aveva cercato di proteggere l’equilibrio della famiglia e aveva fatto in modo che solo un ristrettissimo numero di persone venisse a conoscenza di quell’episodio. E Garrison non aveva alcuna ragione per parlarne ad anima viva: l’unico effetto che aveva avuto su di lui la vista del bambino morto — sì, aveva visto il cadavere; aveva voluto a tutti i costi andare all’obitorio e guardarlo, avvolto nel suo piccolo sudario — era stato quello di rendere più profonda la spaccatura tra lui e sua moglie. Il primo passo sulla strada che avrebbe condotto alla morte di Margie era stato fatto quel giorno.

Ci sarebbe altro da aggiungere, su questo argomento; ma alcune stelle impiegano più tempo a mostrarsi di altre. È questo il paradosso: più le tenebre si infittiscono, più segreti riusciamo a vedere. Alla fine si mostreranno in tutta la loro gloria; e saranno proprio le cose che abbiamo nascosto, le cose di cui più ci vergogniamo, che ci indicheranno la strada da seguire.

2

Trascorsero tre, quattro, cinque giorni e Galilee lasciò che la Samarcanda venisse trasportata dalla corrente. Per trentasei ore, la barca si mosse appena, quasi immobile sulle acque di seta. Per la maggior parte del tempo, Galilee rimase seduto sul ponte a fumare sigari e a scrutare nelle profondità dell’oceano. Comparve un grande squalo bianco che nuotò intorno all’imbarcazione varie volte prima di scomparire, ma perlopiù il cielo e il mare furono gli unici compagni di mio fratello. I soli suoni che poteva sentire di tanto in tanto provenivano dalla Samarcanda: un’asse che scricchiolava, un nodo che cigolava quasi che la barca, come il suo proprietario, stesse cominciando a dubitare della sua stessa esistenza e stesse producendo quei rumori per ricordare a se stessa che era ancora reale.

I suoi dubbi erano più che comprensibili dato che sul suo ponte si aggiravano così tante illusioni. Più lo stomaco di Galilee si svuotava, più cresceva il delirio, e più il delirio cresceva, più si moltiplicavano le visioni. Vide la sua famiglia, riunita. Discusse animatamente con me su una citazione di Eraclito — qualcosa che aveva a che fare con la bellezza delle macerie. Ebbe una conversazione ancora più lunga con Luman e per un po’ rimase in compagnia di Marietta e Zabrina, e insieme a loro cantò ballate sconce da marinaio, le guance rigate dal pianto.