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Cadmus ora stava singhiozzando rumorosamente. Lei cercò di calmarlo, come una madre con un bambino spaventato, ma più gli si faceva vicina, più lo sguardo del vecchio si riempiva di terrore.

“No…” sussurrò Cadmus, “non toccarmi…”

“Devo portarla fuori di qui”, disse Rachel.

Lui scosse la testa, rannicchiandosi ancora di più. Quel movimento gli causò dolore e lei gli vide chiudere gli occhi per un attimo e sentì un piccolo grido sfuggirgli dalle labbra.

Dal pianerottolo, risuonò la voce di Loretta che gridava a Jocelyn di tornare di sotto. Rachel alzò lo sguardo. Riuscì a scorgere Loretta per un istante prima che la porta si richiudesse sbattendo con violenza. Nel sentire quel rumore, Cadmus cominciò a piangere ancora più disperatamente, il fragile nodo del suo corpo scosso da tremiti incontrollabili.

Rachel non tentò di tranquillizzarlo. Era troppo traumatizzato perché potesse fare qualcosa per lui; avrebbe soltanto sprecato il fiato. E adesso, comunque, aveva un’altra preoccupazione. Qualunque cosa fosse la forza che aveva chiuso la porta in faccia a Loretta e che continuava a tenerla sbarrata, era ancora in quella camera con lei. Poteva sentirne la potenza, come se le stesse sfiorando la base del collo.

Si voltò con grande lentezza, pronta ad affrontare quella presenza. Scrutò di nuovo la stanza. Adesso i suoi occhi si erano abituati alla luce intermittente della lampada, tuttavia non riuscì a scorgere l’energia che aveva provocato quel disastro. Decise di provare a parlarle.

“Dove sei?” disse ad alta voce. Alle sue spalle, i singhiozzi del vecchio si interruppero bruscamente. Lo sentì trattenere il fiato, come se stesse anticipando il peggio. “Mi chiamo Rachel”, continuò, “e lui…” indicò Cadmus “… è mio suocero. Vorrei che mi permettessi di portarlo fuori di qui. Ha bisogno di aiuto. Sta perdendo molto sangue.”

Vi fu un attimo di silenzio. Poi una voce dall’altra parte della camera: una voce che proveniva da un punto tra le finestre che Rachel aveva controllato già due volte senza vedere niente. Ora si accorse dell’errore. C’era qualcuno seduto là, immobile come una statua.

Non l’ho toccato, disse la donna.

Anche ora che l’aveva individuata, si accorse Rachel, non era facile metterla a fuoco. La sua pelle nera e serica sembrava deflettere il suo sguardo. Ma Rachel non si diede per vinta. Continuò a fissarla, rifiutandosi di distogliere gli occhi.

Ha cercato di evirarsi, continuò la donna, pensando di potermi placare.

Rachel non sapeva se credere o meno a ciò che la sconosciuta le stava dicendo. L’idea che Cadmus si fosse procurato da solo la ferita in mezzo alle gambe era a dir poco grottesca. “Posso portarlo via, adesso?” chiese.

No, non puoi, rispose la donna. Sono venuta a guardarlo morire ed è esattamente quello che ho intenzione di fare.

Rachel si voltò a guardare Cadmus. Lui stava fissando la sua carnefice, e sul suo volto la paura aveva preso il posto dell’espressione vacua di poco prima.

Puoi restare con lui, se vuoi, continuò la donna. Non sarà un’attesa molto lunga. Gli restano ancora pochi respiri.

“Non voglio restare a guardarlo morire”, protestò Rachel.

Dov’è il tuo senso della storia?, ribatté la donna. Si alzò e finalmente le permise di vederla con chiarezza. Era la donna più bella che Rachel avesse mai visto; il suo volto aveva la stessa nudità che aveva visto in quello di Galilee, la prima notte. La pelle e i nervi e i muscoli e le ossa che si magnificavano a vicenda.

Adesso capiva che cosa avesse voluto dire la donna parlando del senso della storia. Era una Barbarossa che assisteva alla morte di un Geary.

“Sei sua sorella?” chiese Rachel.

Sorella?

“La sorella di Galilee.”

La donna fece un sorrisetto. No. Sono sua madre: Cesaria Yaos Barbarossa. E tu… chi eri prima di diventare una Geary?

“Mi chiamavo Pallenberg.”

Rachel Pallenberg.

“Esatto.”

Allora dimmi… sei pentita di esserti unita a questa famiglia maledetta?

Rachel rifletté per qualche istante prima di rispondere. Forse sarebbe stato saggio dire alla donna che se n’era pentita con tutta se stessa, ma non riuscì a costringersi a farlo. Non era vero. C’erano stati aspetti positivi e aspetti negativi, come in tutto.

“Pensavo di amare mio marito e pensavo che lui amasse me”, rispose alla fine. “Ma ero innamorata di una menzogna.”

Di quale menzogna?

“Che una volta che avessi avuto tutto sarei stata felice…”

anche a costo di perdere te stessa?

“È un rischio che ho corso, ma non è successo.”

Dimmi: tuo marito è in questa casa?

“No.”

Ci sono solo le donne là fuori? chiese Cesaria, lanciando un’occhiata in direzione della porta.

“Non fare loro del male”, la pregò Rachel. “Sono brave persone.”

Te l’ho già detto, non sono venuta per fare del male a nessuno. Sono venuta ad assistere a qualcosa.

Rachel guardò la distruzione che la circondava. “E allora perché tutto questo?”

Mi ha infastidita, rispose Cesaria, mi ha infastidita proponendomi un baratto. “Lasciami stare e ti darò tutto quello che vuoi.” Spostò lo sguardo su Cadmus. Non voglio niente di quello che hai, vecchio. Tra l’altro questa casa dovrebbe essere ripulita da cima a fondo. Lui sa perché. Lui capisce. È tempo di gettare tutte le maschere, tutti gli oggetti confortevoli che ha collezionato perché lo facevano sentire come un re. Si diresse verso Cadmus. Alla fine, gli sarà più facile andarsene, se non ci sarà più niente a trattenerlo qui.

“Fare a pezzi la casa è una cosa”, disse Rachel. “Ma lui è soltanto un povero vecchio malato e restare qui a guardarlo morire dissanguato è crudele.” Cesaria la fissò. “Non pensi che sia crudele?”

È un problema che non mi sono posta ma, sì, probabilmente è crudele. E lascia che ti dica una cosa: meriterebbe ben di peggio per quello che ha fatto.

“A te?”

No, a mio figlio. Ad Atva. O, come preferisce farsi chiamare lui: Galilee.

“Che cosa può aver fatto Cadmus a Galilee?”

Diglielo, gli intimò Cesaria. Avanti. Diglielo. È l’ultima occasione che ti resta, quindi diglielo! Rachel si voltò a guardare Cadmus ma non ci fu risposta. Il vecchio teneva la testa china, impossibile capire se per lo sfinimento o la vergogna. Pensavi che fosse un segreto che nessuno avrebbe mai scoperto?, continuò Cesaria. lo l’ho scoperto. Quando hai trasformato mio figlio nell’assassino del sangue del tuo sangue, l’ho scoperto. Il vecchio emise un singhiozzo a malapena udibile. Diglielo, è la verità. Non fare il codardo.

“È vero…” mormorò lui.

A proposito, tua moglie lo sa?, chiese Cesaria.

Lentamente, Cadmus alzò la testa. Adesso sembrava dieci volte più malato di prima. Non aveva il volto sporco di sangue ma le sue labbra erano bluastre, i suoi occhi e i suoi denti gialli.