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“No”, rispose.

Falla entrare, disse Cesaria a Rachel. Voglio che sappia quello che lui le ha nascosto per tutto questo tempo. E di’ alla serva di andarsene. Questi sono affari di famiglia.

Anche se a Rachel non piaceva affatto essere trattata a sua volta come una serva, obbedì. Andò alla porta e l’aprì senza problemi. Loretta e Jocelyn erano lì fuori in attesa.

“Perché hai chiuso a chiave?” volle sapere Loretta.

“Non sono stata io”, rispose Rachel. “Cesaria Barbarossa è lì dentro con Cadmus. Vuole parlare con te. E vuole che Jocelyn se ne vada.”

“Cesaria…?” ripeté Loretta, la voce imperiosa di colpo ridotta a un basso mormorio. “Come ha fatto a entrare?”

“Non lo so”, rispose Rachel, facendosi da parte per permettere a Loretta di guardare nella stanza. “Dice di essere venuta ad assistere alla morte di Cadmus.”

“Be’, non avrà questo piacere”, replicò Loretta, ed entrò nella camera del marito.

“Cosa devo fare?” chiese Jocelyn tra le lacrime.

“Devi solo andartene.”

“Vuole che chiami Garrison?”

“No. Vattene da questa casa. Hai già fatto tutto quello che potevi.”

L’espressione spaventata della cameriera diceva chiaramente che non vedeva l’ora di andarsene; ma la lealtà che le era stata insegnata le impediva di farlo.

“Se non te ne vai ora”, l’ammonì Rachel, “potresti non avere un’altra occasione. Hai la tua famiglia a cui pensare. Vai.

Il volto di Jocelyn fu invaso dal sollievo; le parole di Rachel le avrebbero permesso di andarsene con la coscienza a posto. “Grazie”, disse, e si allontanò.

Rachel rientrò nella stanza e si richiuse la porta alle spalle. Loretta aveva già deciso come affrontare Cesaria: con un attacco frontale.

“Non dovresti esseri qui”, stava dicendo. “Ti sei introdotta in casa mia e adesso voglio che tu te ne vada.”

Questa casa non è tua, replicò Cesaria senza guardarla, tenendo lo sguardo fisso sull’uomo rannicchiato nell’angolo. E non è nemmeno sua. Loretta fece per protestare, ma Cesaria la zittì con un semplice gesto della mano. Mio figlio ha costruito questa casa, come lui — indicò Cadmus - sa fin troppo bene. L’ha costruita con il sangue e con il seme che ha versato per fare la vostra fortuna.

“Ma di cosa stai parlando?” disse Loretta, il suo tono, benché deciso, era tinto di disagio. Sembrava rendersi conto della verità di quelle parole.

Diglielo, ordinò Cesaria a Cadmus. Lui si limitò a scuotere la testa. Cesaria gli si avvicinò di un passo. Vecchio. Alzati.

“Non può”, disse Loretta.

Sta’ zitta, sibilò Cesaria. Hai sentito, vecchio. Voglio che ti alzi.

Non appena quell’ordine scaturì dalle labbra della donna, la testa di Cadmus scattò all’indietro costringendolo a guardarla. Poi, centimetro dopo centimetro, tremando, cominciò ad alzarsi, la schiena premuta contro la parete. Ma le sue gambe erano ormai troppo deboli per sostenerlo e quella non poteva essere altro che opera di Cesaria: lo stava facendo alzare servendosi della sua straordinaria forza di volontà.

Lui non sembrava dispiaciuto di essere stato trasformato in una sorta di burattino. Un sorriso sottile gli increspò le labbra, come se stesse provando piacere nell’essere manovrato in quel modo, nel sentire su di sé il potere di quella donna.

Allo stesso tempo affascinata e sbalordita, Rachel attraversò la stanza e andò a fermarsi accanto a Loretta. “Ti prego, non farlo! Lascialo morire in pace.”

Ma lui non vuole morire in pace, rispose Cesaria. Poi, a Cadmus: Vero? Preferisci soffrire adesso perché così potrai pensare di aver pagato i tuoi debiti. Non è questo che speri?

Cadmus annuì impercettibilmente.

Potresti anche avere ragione, continuò lei. Non ne so più di te di quello che ti aspetta. Forse la tua anima sarà libera. Forse saranno quelli che ti lascerai dietro a pagare al posto tuo. Fece un altro passo verso di lui. I tuoi figli. I tuoi nipoti. Tua moglie. Era così vicina adesso che avrebbe potuto toccarlo. Ma non aveva bisogno del contatto fisico; lo stava già stringendo con il suo volere e con le sue parole.

Gli occhi di Cadmus erano pieni di lacrime. Aprì appena la bocca e provò a parlare.

“Non possiamo… fare la pace?” la voce ridotta al fantasma di un sussurro.

Pace?

“La tua famiglia… e la mia.”

È troppo tardi.

“No…”

Hai usato mio figlio per assassinare il sangue del tuo sangue. Hai portato Atva alla follia per soddisfare la tua ambizione. E hai gettato semi terribili quando lo hai fatto. Terribili, davvero terrìbili.

Il volto di Cadmus era inondato dalle lacrime. Non sorrideva più e, anzi, sembrava la maschera di una tragedia greca: gli angoli della bocca rivolti all’ingiù, le guance scavate, la fronte corrugata.

“Non punirli per quello che ho fatto”, singhiozzò. “Se vuoi… puoi fermare… questa… guerra…”

Sono troppo stanca, replicò Cesaria, e troppo vecchia. E i miei figli sono determinati quanto i tuoi. Non c’è niente che io possa fare. Se fossi venuto da me cinquant’anni fa e ti fossi pentito delle tue azioni, forse avrei potuto fare qualcosa. Ma adesso è troppo tardi, per tutti noi.

Trasse un breve respiro e in quel momento la vita abbandonò il corpo di Cadmus. Il vecchio smise di tremare e il suo volto, quella maschera tragica, d’improvviso perse ogni espressione. Vi fu un lungo istante di assoluta immobilità. Poi Cesaria si rivolse a Loretta: È tutto tuo, quindi si allontanò dalla moglie e dal cadavere. Nel preciso momento in cui rinunciò a ogni controllo su Cadmus, il vecchio scivolò lungo la parete come un sacco pieno di ossa. Loretta emise un debole grido e andò a inginocchiarsi accanto a lui.

Cesaria non era più interessata a quel dramma adesso che Cadmus aveva abbandonato il palcoscenico. Non degnò Loretta di uno sguardo, mentre lasciava la stanza. Rachel la raggiunse in corridoio.

“Aspetta!”

Sentì l’aria attorno alla donna farsi più agitata. Era circondata da un’aura indefinibile, come il calore di una stufa incandescente. Ma Rachel non aveva nessuna intenzione di lasciarla andare senza neanche provare a parlarle. Erano state dette troppe cose che avevano bisogno di una spiegazione.

“Aiutami a capire”, continuò.

Non c’è niente dì cui tu ti debba preoccupare. E finita, adesso.

“No, non è finita! Devo sapere cos’è successo a Galilee.”

Perché?, chiese Cesaria, e prese a scendere le scale. Le sue emanazioni stavano cominciando a interferire con l’ambiente circostante. Il soffitto emetteva uno strano ringhio, come se stesse tremando sotto l’intonaco; il corrimano vibrava, come percorso dalla corrente elettrica.

“Io lo amo”, disse Rachel.

Certo. Non mi sarei aspettata niente di meno.

“Quindi voglio aiutarlo.” Ebbe un attimo di esitazione ma, rendendosi conto che non sarebbe riuscita a convincere Cesaria a fermarsi, la seguì al piano di sotto. Fu investita da una folata di aria malsana che sapeva di canfora e sporcizia, che le fece lacrimare gli occhi. Non si fermò.

Sai quanti uomini e quante donne hanno voluto guarire il mio Atva nel corso degli anni?, disse Cesaria. Nessuno di loro c’è mai riuscito. Nessuno di loro avrebbe mai potuto.