Luman non è molto convinto che le cose possano andare in questo modo. Oggi è venuto a portarmi altre due armi; una bellissima sciabola che aveva lucidato tanto da farla brillare, e una baionetta che dev’essere appartenuta a un artigliere confederato. Mi ha detto di aver provato a lucidare anche quest’ultima ma senza riuscirci: il metallo si era rifiutato di scintillare. Detto questo, comunque, la baionetta possiede una brutale semplicità. È priva dell’eleganza patrizia della spada e serve per sventrare; impugnandola si può quasi sentire lo scopo a cui è destinata. In un certo senso, chiede di essere usata.
Luman si è trattenuto per un paio d’ore e quando mi ha lasciato e ho potuto ricominciare a scrivere, ormai era buio. Stavo prendendo appunti per la scena in cui Garrison Geary si reca a visitare la stanza in cui è morto Cadmus, ed ero completamente immerso nei dettagli, quando ho sentito bussare alla porta e Zabrina è entrata in camera mia. Era venuta a chiamarmi per conto di Cesaria.
“Quindi mamma è a casa?” ho chiesto.
“Stai facendo del sarcasmo?” ha ribattuto lei.
“No, è una semplice osservazione. È tornata a casa. E questo è un bene. Dovresti esserne felice.”
“E lo sono”, ha replicato Zabrina, ancora sospettosa.
“Be’, sono felice che tu sia felice. Sei felice, no?”
“Non proprio.”
“E come mai?”
“È cambiata, Maddox. Non è la stessa donna che era prima di andarsene.”
“Forse è cambiata in meglio”, ho detto. Zabrina non ha gradito il mio commento, si è limitata a stringere le labbra. “Comunque, di cosa ti sorprendi? E normale che sia cambiata. Ha perso uno dei suoi nemici.” Mia sorella ha continuato a fissarmi, inespressiva. “Non te lo ha detto?”
“No.”
“Ha ucciso Cadmus Geary. O meglio, era lì quando lui è morto. Non so quale sia la verità.”
“E questo cosa significa per noi?” ha chiesto Zabrina. “Vorrei saperlo anch’io.”
Lei ha lanciato un’occhiata alle tre armi che tenevo sulla scrivania. “Ti stai preparando al peggio”, ha osservato. “Sono un regalo di Luman. Ne vuoi una?”
“No, grazie. Ho i miei metodi personali per trattare con questa gente, se dovesse mai arrivare. Pensi che sarà Garrison Geary o il fratello carino?”
“Non mi ero reso conto che ti stessi interessando a questa faccenda”, ho detto. “Potrebbero essere entrambi, comunque.”
“Spero che sia il fratello carino”, ha detto Zabrina. “Saprei cosa farmene di lui.”
“E cioè?”
“Lo sai benissimo”, ha risposto lei. Ero stupito nel vederla così diretta, ma in fondo perché diavolo non avrebbe dovuto esserlo? Tutti stavano gettando la maschera. E ora lo stava facendo anche lei.
“Sarei felice di avere quell’uomo nel mio letto”, ha continuato lei. “Ha dei capelli meravigliosi.”
“A differenza del tuo Dwight che non ne ha per niente.”
“Dwight e io ci divertiamo ancora molto insieme, quando siamo dell’umore giusto.”
“Allora è vero”, ho esclamato. “Lo hai sedotto quando è arrivato qui.”
“Naturalmente, Maddox”, ha replicato lei. “Pensi che lo abbia tenuto nella mia stanza per tutto quel tempo solo per insegnargli l’alfabeto? Marietta non è l’unica della famiglia ad amare il sesso, sai?” Si è avvicinata alla mia scrivania e ha preso la sciabola. “Hai veramente intenzione di usarla?”
“Se ci sarò costretto.”
“Quando è stata l’ultima volta che hai ucciso un uomo?”
“Non ho mai ucciso nessuno.”
“Davvero?” si è stupita. “Nemmeno durante i tuoi viaggi con papà?”
“Mai.”
“Oh, questo sì che è divertente”, ha detto Zabrina con uno strano luccichio negli occhi. Quella si stava trasformando in una conversazione rivelatrice, ho pensato.
“E tu hai mai ucciso?” le ho domandato.
“Non sono sicura di volertelo dire”, è stata la sua risposta.
“Zabrina, non essere sciocca. Ti prometto che non lo scriverò.” Guardandola, ho notato che la sua espressione era vagamente delusa. “A meno che tu non voglia”, ho aggiunto.
Le sue labbra si sono inarcate in un sorrisetto. La donna che mi aveva proibito di parlare di lei nel mio libro aveva lasciato il posto a una Zabrina che trovava quell’idea stuzzicante. “Immagino che se non te lo dico e tu non lo scrivi, nessuno lo saprà mai…”
“Saprà cosa?” Lei si è accigliata, mordicchiandosi un labbro. Avrei voluto avere una scatola di cioccolatini da offrirle o magari una fetta di torta alle noci. Ma l’unica seduzione che avevo da offrirle era la mia penna. “Qualunque cosa sia, ti giuro che lo racconterò con le tue stesse parole.”
“Mmm…”
Non era ancora convinta. Allora ho aggiunto: “Mi stai solo provocando. Se non vuoi raccontarmi niente, non farlo”.
“No, no, no”, si è affrettata a dire lei. “Voglio raccontartelo. Il fatto è che è così strano dopo tutti questi anni…”
“Se sapessi quante volte ho pensato la stessa cosa mentre scrivevo. Questo libro è pieno di fatti che non sono mai stati raccontati. E hai ragione. Ci si sente strani a confessare certe cose.”
“Lo hai fatto anche tu?”
“Oh sì”, ho risposto, appoggiandomi allo schienale. “E a volte è stato difficile. Ho raccontato cose che non mi fanno certo fare bella figura.”
“Be’, non credo che questo mi farà fare una brutta figura, esattamente…” Sono rimasto ad aspettare, sperando che il mio silenzio la incoraggiasse ad aprirsi. Ha funzionato. “Dwight viveva con noi da circa un anno”, ha detto Zabrina, “e un giorno ho deciso di andare a trovare la sua famiglia nella contea di Sampson. Lui mi aveva raccontato ciò che gli avevano fatto… cose orribili. Sapevo che era la verità perché avevo visto le sue cicatrici. Aveva la schiena coperta di bruciature di sigaretta. Suo fratello maggiore si era divertito a torturarlo, mentre suo padre gli aveva lasciato un altro genere di ferite. Così un giorno sono andata a trovare la sua famiglia. Ho fatto subito amicizia con sua madre, non è stato difficile. Evidentemente non aveva nessuno con cui parlare: lei e i suoi venivano trattati da tutti come paria. Comunque, mi ha invitata a cena. Io mi sono offerta di portarle delle bistecche per gli uomini di casa. Lei ha detto che sarebbe stato fantastico. C’erano cinque fratelli e il padre, così ho portato sei bistecche e le ho cucinate, mentre loro si ubriacavano in cortile.
“La donna aveva capito cosa avevo intenzione di fare, te lo posso giurare. Continuava a guardarmi mentre cucinavo le bistecche. Io aggiungevo un pizzico di questo e un pizzico di quello. Una ricetta speciale per gli uomini della sua vita, le ho spiegato. Lei mi ha fissata dritto negli occhi e ha sussurrato: Bene. Se la meritano.
“Mi ha anche aiutata a servirli. Abbiamo messo le bistecche sui piatti — erano bistecche grandi e io non le avevo cotte troppo, la donna mi aveva detto che ai suoi ragazzi piacevano al sangue — e lei ha detto: Avevo un altro figlio, ma è scappato. E io: Lo so. E lei: So che lo sai.
“Poi abbiamo servito le bistecche. Il veleno ha agito in fretta. Nel giro di qualche minuto erano tutti morti. Un terribile spreco di ottima carne, certo, ma ne era valsa la pena. E loro erano lì, seduti in cortile sotto le stelle, i volti neri e le labbra arricciate a scoprire i denti. È stata una serata memorabile…” È rimasta in silenzio. “Cosa ne è stato della madre?”
“Ha fatto le valigie e se n’è andata quella sera stessa.”