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“Non ci pensare.”

“No, adesso mi ascolti. Forse stanno tramando alle nostre spalle.”

“Lasciale fare. Cosa cazzo possono fare un paio di donne?”

“Tu non conosci Rachel.”

“Sì che la conosco”, replicò Garrison irritato. “Ne ho viste a decine come lei. Non è nessuno. Tutto quello che ha gliel’hai dato tu o gliel’ha dato questa famiglia. Non merita un solo minuto del nostro tempo.” Detto questo, voltò le spalle al fratello e si allontanò. Era quasi arrivato alla porta, quando a bassa voce Mitchell disse:

“Non riesco a togliermela dalla testa. Vorrei. So che quello che dici è giusto. Ma non riesco a smettere di pensare a lei”.

Garrison si fermò e, dopo un attimo, si girò a guardare il fratello. “Oh”, lo provocò, fissando Mitchell incredulo. “Che cosa vuoi sentirti dire? Vuoi che ti dica bene, riprenditela? Se è questo che vuoi sentire, fa’ pure, vai a prenderla.”

“Non saprei come”, confessò Mitchell. La rabbia lo aveva abbandonato e ora era di nuovo il fratellino di Garrison, disperatamente in cerca di aiuto. “Non so nemmeno perché la voglio. Insomma, hai ragione: non è nessuno. Non è niente. Ma quando penso a lei con quell’animale…”

Garrison sorrise, rassicurato. “Ah, capisco. Si tratta di Galilee.”

“Non voglio che lei gli si avvicini. Non voglio nemmeno che si azzardi a pensare a lui.”

“Non le puoi impedire di pensare.” Fece una pausa, il sorriso che gli inarcava ancora le labbra. “Be’… un modo ci sarebbe, ma non credo che tu sia disposto a spingerti fino a quel punto.”

“Ci ho pensato”, disse Mitchell. “Credimi, ci ho pensato.”

“È così che funziona. Ci pensi una volta, e poi ci pensi di nuovo e poi un giorno ti si presenta l’occasione giusta. E allora lo fai.” Mitchell tenne lo sguardo fisso sul pavimento. Garrison tenne lo sguardo fisso su di lui. Ci fu un lungo silenzio. Alla fine Garrison disse: “È questo che vuoi?”

“Non lo so.”

“Allora riflettici ancora.”

“Sì.”

“Bene.”

“No. Voglio dire: sì, è questo che voglio.” Tremava; non aveva ancora sollevato lo sguardo e tremava. “Voglio essere sicuro che nessuno l’avrà mai, a parte me. L’ho sposata. L’ho fatta diventare qualcuno.” Alla fine alzò gli occhi. Erano pieni di lacrime. “Non è così? Non l’ho forse fatta diventare qualcuno?”

“Non devi convincermi, Mitch”, disse Garrison con estrema dolcezza. “È come ti ho detto: si tratta solo di aspettare l’occasione giusta.”

“L’ho fatta diventare qualcuno e quella puttana mi ha voltato le spalle come se non fossi nessuno.”

“E tu vuoi punirla per questo. È naturale.”

“Cosa devo fare?”

“Be’, prima di tutto devi scoprire dove si trova. Devi essere carino con lei.”

“E perché?”

“Così non sospetterà niente.”

“D’accordo.”

“E poi, dopo il funerale del vecchio, decideremo come risolvere il problema.”

“Sì, mi piace l’idea.”

Garrison allargò le braccia. “Vieni qui.” Mitchell lo raggiunse e il fratello lo strinse forte. “Mi fa piacere che tu me ne abbia parlato”, disse, le labbra che sfioravano la guancia di Mitchell. “Non mi ero reso conto di quanto stessi soffrendo.”

“Mi ha trattato come una merda.”

Garrison gli diede una pacca affettuosa sulla spalla. “Va tutto bene. Va tutto bene. Abbiamo molta strada da fare, tu e io. E voglio che tu sia felice.” Guardò il fratello dritto negli occhi. “A qualunque costo. Hai la mia parola. A qualunque costo.”

Cinque

Più tardi, Garrison andò a trovare una signora con la quale non si intratteneva da diverse settimane: la sua adorabile e docile Melodie. Dopo una giornata così stressante, la sua compagnia silenziosa era un vero piacere. Rimase a guardarla per un’intera mezz’ora, toccandole di tanto in tanto i piedi ghiacciati, le cosce, il ventre, facendole scivolare le dita tra le gambe. Dio, era brava nel suo lavoro. Non si mosse nemmeno una volta, nemmeno quando la mise a pancia in giù e la sodomizzò.

Quando Garrison ebbe finito, non se ne andò, come avrebbe fatto in circostanze normali. Entrò nel bagno dalle piastrelle verde lime, si sciacquò il cazzo e il collo arrossato, poi tornò a sedersi in camera da letto e riprese a fissare la ragazza. Quando l’aveva voltata, aveva schiacciato i fiori che le circondavano il corpo e adesso il loro profumo sembrava quasi acuirgli i sensi. La pelle di Melodie gli appariva quasi rilucente, il brandy che beveva conteneva sfumature di sapore che non ricordava di aver mai gustato prima; addirittura il vetro del bicchiere sembrava serico sotto le sue dita.

Cosa gli stava succedendo? Era come se fosse in atto una qualche trasformazione; come se il Garrison che era stato — il Garrison testardo e accanito lavoratore, che non aveva mai davvero ispirato nessuno con la sua presenza — fosse in procinto di abbandonarlo, di staccarsi da lui come una pelle vecchia, per rivelare qualcos’altro: qualcosa di più luminoso, più forte, più strano.

Non poteva essere un caso che quel suo nuovo sé fosse uscito allo scoperto proprio ora che Cadmus era morto. Il vecchio regime era finito. Le sue regole, le sue ipocrisie, le sue limitazioni appartenevano al passato, adesso. Era tempo che qualcosa di nuovo si mostrasse, imprimendo nel mondo le sue visioni. E quel qualcosa si stava muovendo dentro di lui — in fondo a lui — cullando i suoi sensi con la gioia che sarebbe venuta quando, finalmente, si fosse rivelato.

Certo, c’era ancora una parte di lui che tremava a quella prospettiva. Ogni trasfigurazione era una sorta di morte; la morte di quello che era stato, necessaria a fare spazio a ciò che sarebbe venuto. Comunque Garrison sapeva che non avrebbe perso niente di importante. L’uomo che tutti avevano conosciuto come Ganison Geary era stato un’invenzione; aveva imparato — soprattutto da Cadmus — come presentare alla gente un’apparenza pacata e civile per distrarre l’attenzione dai suoi veri scopi. Abbastanza ingenuamente, Garrison aveva creduto che quegli scopi fossero identici a quelli del suo mentore: la prosperità della famiglia, l’accrescimento di influenza e potere.

Ma adesso sapeva che le cose non stavano così; e quale palcoscenico migliore per raggiungere quella consapevolezza del luogo in cui aveva sempre mostrato il suo volto più autentico? Sì, lo aveva mostrato ma non era stato visto perché le sue sole testimoni non avevano mai avuto il permesso di aprire gli occhi?

Forse era tempo che qualcuno lo vedesse. Appoggiò il bicchiere di brandy, si alzò dalla poltrona e raggiunse il letto. La donna era ancora immobile. Garrison le fece scivolare le mani sotto il corpo e la voltò sul dorso. Poi si inginocchiò e le posò una mano sullo stomaco.

“Il gioco è finito…” disse.

Lei non si mosse. Garrison le spostò la mano dallo stomaco al seno.

“Riesco a sentire il tuo cuore”, continuò. “Sei molto brava in quello che fai, ma riesco sempre sentire il tuo cuore.” Si chinò su di lei. “Apri gli occhi.” Le pizzicò un capezzolo. “Smettila di fare la morta. Ho deciso di resuscitarti.”

Melodie corrugò impercettibilmente la fronte.

“Sei stata fantastica”, disse Garrison, “sul serio. Molto convincente. Ma non ho più voglia di giocare.”

Lei aprì gli occhi.

“Castani”, osservò lui. “Hai gli occhi castani. Pensavo che fossero azzurri.”

“Hai finito con me?” domandò la donna. Aveva la voce leggermente strascicata. Forse riusciva a fare il cadavere così bene grazie alla droga.

“Avrò finito con te quando ti dirò che ho finito con te”, rispose Garrison, “non prima.”