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“Hai detto che non volevi più giocare.”

“Infatti, non a questo gioco. Voglio farne un altro.”

“Quale?”

“Non ho ancora deciso.”

“Non ho intenzione di farmi…”

Garrison scoppiò a ridere così forte che la ragazza trasalì. Poi allungò la mano e le prese un seno. “Posso fare quel cazzo che mi pare con te. Ho pagato per la tua compagnia. E sei molto costosa.”

Lei sembrò illuminarsi nel sentirgli accennare al suo valore commerciale. “Che cosa vuoi?” gli chiese, abbassando lo sguardo sulla sua mano, sulle sue dita che le stringevano con forza la carne.

“Guardami.”

“Cosa?”

“Ho detto guardami. Guardami negli occhi.” Lei emise una risatina poco convinta, come una ragazzina impegnata in un gioco sporco. Quell’incongruità fece sorridere Garrison. “Come ti chiami?” le chiese. “Voglio dire, qual è il tuo vero nome?”

“Melodie è il mio vero nome”, rispose lei. “Mia madre dice che ero solita canticchiare tra me e me anche prima che mi battezzassero.”

“Tua madre è ancora viva?”

“Oh, certo. Si è trasferita nel Kentucky. Prima o poi la raggiungerò, appena avrò abbastanza soldi. Voglio andarmene da New York. Odio questa città.”

Con la sua nuova vista acuita, Garrison aveva l’impressione di poter leggere nel cuore della ragazza mentre parlava. Povera puttana, era piena di lividi fino al midollo; tutte le sue speranze erano finite in niente.

“Che cosa farai nel Kentucky?” le domandò.

“Oh… mi piacerebbe fare la parrucchiera, avere un piccolo salone tutto mio. Sono brava a sistemare i capelli.”

“Davvero?”

“Ma… non…” Le sue parole scivolarono via.

“Ascoltami”, disse Garrison. “Se vuoi qualcosa devi avere fede. E pazienza. Le occasioni arrivano quando meno te lo aspetti.”

“Lo credevo anch’io, una volta. Ma non è vero. Non si può sprecare tempo a sperare.”

Garrison si alzò di scatto, un movimento così improvviso che la ragazza si ritrasse. Lui la colpì con tanta forza da farla ricadere sul letto. Melodie emise un singhiozzo ma rimase dov’era.

“Avrei dovuto immaginarlo”, disse lei, sollevando la testa. Le lacrime le luccicavano agli angoli degli occhi ma a parte questo non sembrava preoccupata. Era già stata picchiata molte, molte altre volte. Anche questo aveva un prezzo, come qualsiasi altra cosa. “Lasciarmi dei segni ti costerà caro.” Si mise a sedere, mostrandogli il viso. “Ti costerà un sacco di soldi.”

“Allora te li dovrai sudare fino all’ultimo centesimo”, ribatté lui, e la colpì di nuovo, con violenza, e il sangue cominciò a scorrere.

Alla fine, Melodie dovette implorarlo di smettere, ma ci volle tempo. Gli permise di colpirla ancora e ancora, soprattutto al volto, ma anche sui seni e sulle cosce. Solo quando fu così provata dalle percosse di Garrison che non riuscì più a rialzarsi, lo pregò di fermarsi. Naturalmente, lui non le diede ascolto. Più le faceva del male, più il suo nuovo sé strano e luminoso cresceva dentro di lui; e più il suo nuovo sé cresceva, più voleva farle del male.

Si fermò solo una volta, per un attimo, quando scorse il proprio riflesso nello specchio, il volto euforico, luccicante di sudore. Non era mai stato un narcisista come Mitchell. Ma adesso gli piaceva guardarsi, e molto. C’era qualcosa di magnifico in lui, senza alcun dubbio. Prese a picchiare la donna con rinnovato vigore, sordo alle sue proteste, ai suoi singhiozzi, ai suoi patetici tentativi di negoziare una tregua. Lui la ignorò e continuò a percuoterla, colpo dopo colpo, spingendola in un angolo, dove lei cercò di alzarsi e, non riuscendoci, si fece prendere dal panico.

Garrison si rese conto che Melodie temeva per la propria vita; in quel momento smise di colpirla e, senza una parola, tornò in bagno a urinare e a lavarsi le mani. Non c’era stato nulla di eccitante in ciò che aveva appena fatto. Ma era convinto di essere al di là dell’eccitazione, ormai (era un’emozione troppo umana, apparteneva al passato). Con le mani pulite e la vescica vuota, tornò in camera da letto.

“Ho bisogno del tuo nome completo”, disse alla donna, che stava cercando di strisciare fino alla porta.

Lei mugolò qualcosa di incomprensibile. Lui si accomodò sulla sedia accanto alla scrivania.

“Ascoltami”, disse. “È molto importante.” Da una tasca della giacca, estrasse il portafogli e il libretto degli assegni. “Ti darò dei soldi. Così tanti soldi che potrai raggiungere tua madre in Kentucky e comprarti una piccola attività e ricominciare da capo.”

Nonostante la confusione e lo stordimento, Melodie sembrò capire ciò che lui le aveva detto. “Questa è una città sporca e perversa”, continuò lui. “Voglio che tu mi prometta che se ti darò questi soldi…” cominciò a compilare l’assegno “… diciamo un milione di dollari — non tornerai mai più. Mai più. Il tuo nome per intero.”

La donna aveva cominciato a singhiozzare, esausta. “Melodie Lara Hubbard”, rispose.

“Non ti sto pagando per quello che ti ho appena fatto. L’ho fatto perché volevo farlo, non perché mi hai offerto un servizio. E non ti sto pagando per impedirti di andare a raccontare tutto a qualche giornale scandalistico. Non me ne frega un cazzo se lo racconti a qualcuno. Capisci? Non potrebbe importarmi di meno. Ti sto dando questo denaro perché voglio che tu abbia fede.” Firmò l’assegno, poi dal suo portafogli prese un biglietto da visita su cui scarabocchiò qualcosa. “Portalo al mio avvocato, Cecil Curry, domani, e lui farà in modo che il denaro sia trasferito.” Si alzò, appoggiò l’assegno e il biglietto da visita sul letto tra i fiori schiacciati. Melodie sbatté gli occhi, cercando di mettere a fuoco gli zeri della cifra che Garrison aveva scritto. Sì, erano sei ed erano preceduti da un uno.

“Adesso rimettiti in ordine”, le ordinò. “Non sprecare quello che ti è stato dato. Persone come me non si incontrano certo tutti i giorni.” Aprì la porta. “Considerati fortunata.” Le rivolse un sorriso. “E da’ il mio nome a uno dei tuoi figli, d’accordo? A quello che amerai di più.”

Sei

Garrison non dormì quasi per niente, quella notte. Tornò al suo appartamento e si fece una lunga e piacevole doccia ghiacciata. Si sedette sulla grande poltrona proprio come quando aveva parlato a Mitchell della morte di Margie. Quella notte si era sentito invulnerabile, ma non era niente in confronto al senso di potere che provava in quel momento.

Rimase lì per il resto della notte, a riflettere sulla sua prossima mossa. Per prima cosa avrebbe dovuto mantenere la promessa che aveva fatto a Mitch, una prospettiva che trovava allettante. Rachel non rappresentava un problema per lui, ma dal momento che era una spina nel fianco per suo fratello, avrebbe fatto meglio a sbarazzarsi di lei, così come si era sbarazzato di Margie. Dopodiché, avrebbe avuto la completa attenzione di Mitchell e così, insieme, avrebbero potuto cominciare a lavorare sul serio.

Quale che fosse la natura del suo nuovo sé che aveva da poco scoperto, Garrison era certo che vi fosse qualcosa di simile anche dentro Mitchell. Qualcosa che aveva dormito a lungo ma che stava per risvegliarsi.

Sarebbe stato magnifico.

All’alba, un piacevole senso di stanchezza finalmente s’impossessò di lui, e così andò a letto. Dormì per non più di un paio d’ore e fece un sogno diverso da tutti quelli che aveva fatto finora.

Sognò di volare attraverso una grande foresta. Le chiome degli alberi erano folte e rigogliose sopra di lui ma i raggi del sole riuscivano comunque a penetrare, riscaldandogli il volto. Qualcuno gli stava parlando — una donna dalla voce leggera e felice. Garrison non riusciva a capirla ma sapeva che le sue erano parole d’amore, d’amore per lui.