“No, infatti. Un paio di giorni dopo, è tornato da me e sembrava di ottimo umore. In una trincea aveva trovato un cadavere, o almeno quello che ne era rimasto. Era il corpo di uno Yankee che era morto molto, molto lontano da casa. Aveva ancora addosso tutti i documenti: proprio ciò di cui Nickelberry aveva bisogno per diventare un altro uomo, e all’epoca non era un’impresa difficile. Da quel giorno in poi, ha smesso di essere ‘Nub Nickelberry’ ed è diventato un uomo di nome Geary.”
Questo non era neanche lontanamente ciò che Rachel si sarebbe aspettata ma, riflettendoci, tutti i tasselli andavano al loro posto. Le radici della famiglia di cui aveva fatto parte erano immerse nel sangue e nella sporcizia; c’era da meravigliarsi che la dinastia che era sorta da quell’inizio fosse così vuota e corrotta?
“Non sapevo cosa avevo accettato”, continuò Galilee. “Solo più avanti mi sono reso conto di quanto fosse immensa l’ambizione di Nub e di cosa fosse pronto a fare pur di trasformarla in realtà.”
“Ma se avessi saputo…?”
“Avrei accettato ugualmente? Sì. Non mi sarebbe piaciuto ma avrei accettato.”
“Perché?”
“Come avrei potuto liberarmi di lui se non accettando?”
“Avresti potuto semplicemente andartene.”
“Gli dovevo troppo. Se lo avessi tradito, la storia si sarebbe ripetuta. Sarei stato trascinato in qualcos’altro — in qualche altra follia umana — e avrei dovuto sopportarla. Avrei dovuto pagare quel prezzo, prima o poi. L’unico modo che avevo per essere libero — almeno era così che vedevo le cose — era lavorare con Nub, aiutarlo a realizzare i suoi sogni. Così avrei potuto guadagnarmi un sogno solo mio. Avrei potuto avere la mia barca e… scomparire.” Galilee emise un profondo sospiro. “Era difficile lavorare per lui; molto difficile. Ma aveva ragione quando parlava delle opportunità. Ce n’erano dovunque. Naturalmente, per farsi largo tra la folla bisognava avere qualcosa di più. Lui aveva me. Mandava me se era nei guai con qualcuno, per essere sicuro che il problema non si ripresentasse mai più. E io ero bravo in quello che facevo. Una volta preso il ritmo, mi sono reso conto che sapevo come terrorizzare la gente.”
“Un dono ereditato da Cesaria.”
“Senza dubbio. E, credimi, ero dell’umore giusto per fare del male. Adesso ero un esule; mi sentivo libero di fare tutto ciò che mi passava per la testa, per quanto inumano potesse sembrare. Odiavo il mondo e odiavo la gente che lo abitava. Così essere crudele mi rendeva felice.”
“E Nub…”
“Geary, vorrai dire. Il signor Geary.”
“Geary. Si è mai sporcato le mani, lui? Tu ti occupavi delle intimidazioni e lui si occupava degli affari?”
“No, lavorava con me quando ne aveva voglia. Dopotutto era un cuoco. Gli piacevano i coltelli e le carcasse. Certe volte mi sbalordiva. Lo vedevo così freddo, così indifferente alla sofferenza che causava e mi sentivo… mi sentivo in soggezione.”
“In soggezione?”
“Sì. Perché avevo sempre sentito troppo. Soffrivo per le cose che facevo. La mia testa era piena di voci che mi dicevano cosa fare e cosa non fare e di pensare alle conseguenze. Era per que sto che mi piaceva ubriacarmi; l’alcool smorzava quelle voci. Ma quando ero con Geary, le voci sparivano. Non sentivo più niente. Solo il silenzio. Era bello.
“Col passare dei mesi, sono guarito completamente e la gente ha cominciato a temermi. Mi piaceva avere una cattiva reputazione e facevo di tutto per meritarmela. Quando volevo dare una punizione esemplare, ero terribile. C’era una parte di me che era crudele e velenosa e quando la gente mi guardava negli occhi o sentiva la mia voce… be’, diventavano tutti più ragionevoli. Spesso non avevo bisogno nemmeno di alzare un dito. Mi vedevano arrivare e subito chiedevano che cosa potevano fare per noi, come potevano aiutarci.”
“E gli uomini che non lo facevano?”
“Morivano. Per mano mia. Di solito in modo rapido. A volte lentamente. A volte quando Geary pensava che fosse il caso di dare un esempio, facevo delle cose così cattive che…” Si fermò. Rachel non riusciva a vedere il suo volto ma sentiva i suoi bassi singhiozzi. Lui impiegò un attimo a riprendersi, poi continuò:
“Abbiamo cominciato a espanderci, stato dopo stato. Siamo andati a Nord, in Virginia, nel Tennessee e nel Missouri, ci siamo spinti fino all’Oklahoma e poi siamo scesi fino al Texas. Dovunque andassimo, Geary comprava della terra, quasi sempre con soldi che non aveva ma ormai si era fatto un nome e una reputazione; era l’uomo di Charleston che aveva la lingua veloce e un modo speciale di ottenere quello che voleva, e tutti quelli che gli dicevano di no se ne pentivano amaramente. Sempre meno gente osava mettersi contro di lui. Tutti preferivano mettersi in affari con lui: lui era il volto del futuro e si comportava sempre come se avesse così tanti soldi che chiunque avrebbe potuto diventare ricco semplicemente stringendogli la mano.” La sua voce stava riacquistando forza. “Il fatto era che molta gente diventava ricca grazie a lui. Aveva un talento naturale. Penso che fosse il primo a esserne sorpreso.
“In poco più di tre anni è diventato miliardario e ha deciso di mettere su famiglia. Ha sposato una donna ricca della Georgia che si chiamava Bedelia Townsend. Sembrava la compagna perfetta per lui. Era bellissima, era ambiziosa e voleva tenere in pugno il mondo, proprio come lui. C’era un solo problema. A lui non interessava la camera da letto quanto interessava a lei. Così ero io a tenerle compagnia.”
“Ha avuto dei figli da te?”
“No. I figli erano tutti di Geary. Facevo molta attenzione. Darle piacere era una cosa, farle mettere al mondo un Barbarossa un’altra.”
“Non eri tentato di farlo?”
“Di mettere al mondo un mezzosangue con lei? Oh sì, certo. Ma avevo paura di rovinare quello che c’era tra noi. Stare con lei era la cosa che mi rendeva più felice al mondo.”
“E Geary cosa ne pensava?”
“Non gli importava. Stava costruendo il suo impero. Finché Bedelia continuava a dargli figli e io continuavo a occuparmi di chiunque provasse a contrastarlo, non gli importava niente di quello che io e lei facevamo insieme. Un cuoco che voleva diventare un re aveva molto da fare. E, bisogna concederglielo, lavorava giorno e notte. I semi di tutto quello che sarebbe diventata la famiglia Geary sono stati piantati nei dieci anni che hanno seguito la guerra.”
“Ma ci dev’essere stato un momento in cui hai sentito di esserti sdebitato con lui?”
“Oh certo. Ma se me ne fossi andato, cosa ne sarebbe stato di me? Non potevo tornare all’Enfant. Non avevo più una vita mia, mi restavano solo i Geary.”
“Avresti potuto prendere il mare.”
“Infatti è questo che è accaduto alla fine.” Fece una pausa e rimase a riflettere per un attimo. “Ma non sono partito da solo.”
“Hai portato Bedelia con te?” domandò Rachel a bassa voce.
“Sì. È stata la prima donna a mettere piede sulla Samarcanda. E tu sei stata la seconda. Siamo partiti senza dire a Geary dove stavamo andando. Credo che lei gli abbia lasciato una lettera per spiegargli ciò che provava, per dirgli che voleva più di ciò che lui gli aveva dato.”
“Ma come ha potuto farlo? Come ha potuto lasciare i suoi figli?”
Galilee si chinò verso di lei. “Tu non l’avresti fatto per me?”
“Sì”, mormorò lei. “Naturalmente.”
“Allora, ecco la tua risposta.”
“E li ha mai rivisti?”
“Oh sì. Qualche tempo dopo. Ma intanto aveva avuto un altro figlio…”
“Il vostro mezzosangue?”
“Sì.”
“Niolopua…?”
“Sì, il mio Niolopua. Ho fatto in modo che capisse fin dall’inizio che aveva il sangue dei Barbarossa nelle vene. Che in parte avrebbe potuto sfuggire al passare del tempo. Mio padre mi aveva raccontato che alcuni dei suoi bastardi — quelli che vivevano senza conoscere la verità sulla loro condizione — avevano vissuto normali vite umane. Settant’anni ed erano morti. Solo quelli che conoscevano la loro vera natura potevano sopravvivere più a lungo.”