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“Sicura, non è il whisky. Sono felice. Scoppio di felicità. Che notte stupenda.” Si è girata a guardare il giardino per un attimo. “Oh, mio Dio! Guarda.”

Mi sono voltato per scoprire cosa aveva attratto la sua attenzione. In mezzo al prato c’erano quattro iene che ci stavano fissando. Non c’era niente di minaccioso nei loro sguardi ma la loro vicinanza alla casa era davvero sorprendente. La diffidenza naturale sembrava sparita. Erano diventate di colpo coraggiose. Tre di esse si sono fermate quando si sono accorte che le stavamo osservando, ma la più grande ha continuato ad avvicinarsi e si è fermata solo a quattro o cinque metri da noi.

“Credo che questa signorina voglia entrare”, ha detto Marietta.

“Come fai a sapere che è una lei?” le ho chiesto. “Pensavo che non si potessero distinguere le femmine dai maschi.”

“Riconosco una ragazza quando la vedo”, ha risposto mia sorella. “Ehi, tesoro”, ha detto alla iena, “vuoi entrare e unirti alla festa?”

La iena ha annusato l’aria, poi ha gettato un’occhiata alle sue compagne che stavano osservando la scena, ma non si è avvicinata ulteriormente. Forse aveva deciso che avrebbe fatto meglio a studiare la situazione prima di avventurarsi in casa. E così si è sdraiata sul prato e ha appoggiato il muso sulle zampe.

Io e Marietta siamo entrati. Era solo una questione di tempo, ho pensato. Ben presto la iena avrebbe trovato il coraggio di varcare la soglia. E poi? Dopo i festeggiamenti per il matrimonio e le iene, quanto avremmo dovuto attendere prima che arrivassero le volpi e gli uccelli? L’Enfant dopo tanto tempo sarebbe stato affollato all’interno quanto lo era all’esterno. Forse dopo tutte le mie cupe previsioni questa casa non sarebbe morta di una morte violenta ma sarebbe stata portata dolcemente alla rovina dagli animali che avevano prosperato attorno a essa. E in fondo, non avevo forse previsto anche quell’eventualità molti mesi fa? Il pensiero che la mia previsione potesse rivelarsi esatta era sorprendentemente piacevole.

Ho lasciato la porta aperta, in modo che la iena sapesse di essere la benvenuta.

Cinque

1

Perché è più difficile descrivere i momenti felici di quelli tristi? Mi è stato facile evocare le scene di dolore e devastazione che hanno occupato Dio solo sa quante pagine, ma adesso che mi trovo a dovervi parlare delle tre bellissime ore che ho trascorso con la mia adorata Marietta e la sua tribù, mi accorgo che mi mancano le parole. Sono stato semplicemente felice in compagnia di quelle donne chiassose e divertenti.

Comunque, alla fine l’alcool e il passare delle ore hanno messo fuori combattimento anche le più accanite del gruppo e verso mezzanotte ci siamo separati e ciascuno è andato per la sua strada. Ho trovato un momento per informare Marietta della partenza di Dwight e così lei ha invitato Rolanda e Terri-Lynn a prendere il suo letto per la notte. Ava era stata sistemata sul divano fin dall’inizio della serata e Lucy l’aveva raggiunta. Louie è rimasta dove si trovava, ovvero al tavolo da pranzo con la testa fra le mani. Le sposine naturalmente si sono dirette in camera di Marietta, mano nella mano.

Mentre tornavo al mio studio, ho pensato a cosa mi restava da scrivere. Avrei dovuto dedicare un paio di paragrafi alla partenza di Rachel e Galilee dall’isola che, va detto, fu tutt’altro che memorabile. Poi avrei dovuto dedicare un paio di paragrafi alla scoperta dei cadaveri nella casa. Si trattò certamente di un avvenimento più interessante della partenza degli innamorati, segnato da una nota grottesca. Fu proprio il cane cieco che si era fatto coccolare da Rachel a dare l’allarme. Non lo fece sedendosi sulla veranda e ululando, ma presentandosi nel giardino del suo padrone con in bocca un piede umano, staccato a morsi all’altezza della caviglia. Ed era proprio al cadavere di Mitchell Geary, che venne rinvenuto all’interno della casa, che mancava un piede. Per qualche ragione il cane aveva ignorato il corpo dell’uomo sulla veranda ed era andato a cibarsi di quello che giaceva in fondo alle scale.

Il coroner stabilì che entrambi gli uomini erano morti da almeno quarantotto ore. Anche se la polizia diede immediatamente inizio alle ricerche, gli investigatori ipotizzarono subito che l’assassino fosse già fuggito da tempo e che avesse già lasciato l’isola. C’erano molte prove che riconducevano a Racheclass="underline" i suoi bagagli nella camera da letto, le sue impronte digitali sul corrimano vicino a dove giaceva Mitchell Geary. In seguito, comunque, le analisi della scientifica fornirono alcune valide ragioni per dubitare della sua colpevolezza: il proprietario di un emporio identificò Mitchell come l’uomo che aveva acquistato l’arma del delitto; e sul coltello furono trovate solo le impronte di Mitchell. Ma il fatto che non fosse stata lei a sferrare il colpo fatale non la scagionava del tutto. Ben presto sui giornali comparvero le teorie più disparate su ciò che era accaduto alla casa. Secondo la più accreditata, Mitchell si era recato sull’isola per riprendersi sua moglie ma, sospettando che lei avesse architettato un piano per ucciderlo, si era procurato un’arma. Poi aveva ucciso l’uomo che lei aveva assoldato per assassinarlo e alla fine — forse lottando con Rachel — era caduto giù dalle scale ed era morto per una pura fatalità.

Non mancarono i commenti su queste teorie — un paio degli articolisti più attenti notarono quanto fossero sempre stati difficili i rapporti tra i Geary e le loro consorti. Alcuni sostennero addirittura di aver previsto la tragedia, e dissero che si era trattato di un evento inevitabile. Quella era una coppia nata all’inferno, scrisse una delle più velenose giornaliste scandalistiche, e sono sorpresa che ci sia voluto tanto tempo perché si arrivasse a una fine drammatica. Raramente le questioni amorose e matrimoniali sono state facili all’interno della famiglia Geary. Basta guardare la storia della dinastia per trovare la dimostrazione che gli uomini della famiglia troppo spesso hanno trattato le loro mogli come se fossero state poco più che investimenti dotati di un utero, destinati a fruttare figli invece che dollari. C’è da meravigliarsi, quindi, che Rachel Geary abbia voluto opporsi a un destino del genere?

La famiglia non fece dichiarazioni pubbliche sull’argomento, a parte un breve comunicato scritto con estrema cautela da Cecil in cui si diceva che i Geary avevano la massima fiducia nelle indagini della polizia.

Questa volta non vi furono riunioni di famiglia per discutere l’accaduto, né discorsi toccanti di Loretta sul fatto che quell’avversità avrebbe permesso ai Geary di dimostrare la loro forza. Quella era la terza morte che aveva segnato la famiglia nel giro di pochi mesi e ciascuno preferì vivere in privato il proprio dolore. Il funerale di Cadmus venne rimandato di diversi giorni, in modo che il corpo di Mitchell potesse essere riportato indietro dalle Hawaii e che si potesse organizzare una cerimonia congiunta. Loretta non si occupò dei preparativi: lasciò questo compito a Carl Linville. Accompagnata da Jocelyn, si recò nella casa di Washington, dove non rispose alle telefonate e si rifiutò di parlare con chiunque a parte Cecil. Aveva perso il suo ultimo alleato, ora che il principe era morto. Solo il tempo avrebbe potuto dire se il piano di Loretta per controllare la famiglia avrebbe avuto successo o meno; per il momento, il mondo avrebbe dovuto fare a meno di lei.

Solo Garrison sembrò non essere toccato da quegli avvenimenti. Quando si recò alle Hawaii per riportare a casa la salma del fratello, attraversò le orde di fotografi e giornalisti che lo stavano attendendo all’aeroporto come un uomo che avesse ritrovato la voglia di vivere. Non che si esibisse in sorrisi che l’opinione pubblica avrebbe trovato di cattivo gusto, ma tutti quelli che lo conoscevano e conoscevano il brusco linguaggio del suo corpo e la sua riservatezza si accorsero che era avvenuto un notevole cambiamento in lui. Era come se Garrison avesse ereditato le doti e soprattutto la sicurezza che avevano sempre contraddistinto il principe Mitchell. Passò attraverso i giornalisti senza dire una parola, ma dispensando cenni che sembravano dire: Ora sono io al potere.