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Ma per il momento ero felice semplicemente di raggiungere la porta. Così felice che ho abbracciato Luman. Le lacrime mi sgorgavano dagli occhi e non avrei potuto fermarle nemmeno se mi fosse importato di farlo.

“Grazie”, gli ho detto.

Lui è stato piuttosto felice di accettare il mio abbraccio. Anzi, lo ha ricambiato con altrettanto fervore, premendomi il viso contro il collo. Anche lui stava singhiozzando, anche se non capivo esattamente perché. “Non vedo per cosa dovresti ringraziarmi.”

“Per avermi dato il coraggio”, ho risposto. “Per avermi convinto a entrare.”

“Allora non sei pentito?”

Sono scoppiato a ridere, e gli ho preso il volto tra le mani. “No, fratello, non sono pentito. Per niente.”

“Sei quasi impazzito?”

“Quasi.”

“E mi hai maledetto?”

“Varie volte.”

“Ma ne è valsa la pena?”

“Assolutamente.”

Luman ha fatto una pausa, riflettendo sulla domanda successiva. “Questo significa che possiamo sederci e sbronzarci fino a vomitare come fanno tutti i fratelli che si rispettino?”

“Sarà un piacere.”

Nove

1

Che cosa devo fare nel tempo che è rimasto? Semplicemente tutto.

Non so ancora quanto conosco; ma so che è molto. Ci sono immense parti della mia natura di cui non ho mai sospettato l’esistenza finora. Ho vissuto in una cella che avevo creato io stesso, mentre fuori dalle sue mura mi attendeva un paesaggio di ricchezza impareggiabile. Ma non ho avuto il coraggio di avventurarmi oltre le mie sbarre. Nella mia autocommiserazione ho pensato di essere un re minore e non ho voluto superare i confini di ciò che conoscevo per paura di perdere i miei dominii. Credo che la maggior parte di noi viva in miseri reami di questo genere. Ci vuole qualcosa di profondo perché ci trasformiamo, perché apriamo gli occhi sulla nostra gloriosa diversità.

Ora i miei occhi erano aperti, e sapevo che insieme alla vista sarebbero venute anche grandi responsabilità. Avrei dovuto scrivere di ciò che vedevo; avrei dovuto raccontarlo con le parole che appaiono proprio sulle pagine che ora state leggendo.

E ora avrei potuto sopportare il peso delle responsabilità. E lo avrei fatto con gioia. Perché ora conoscevo la risposta alla domanda più importante: che cosa si trovava al centro di tutti i fili della mia storia? Ero io. Non ero un narratore astratto di vite e amori, ero — sono — la storia stessa; la sua fonte, la sua voce, la sua musica. Forse a voi non sembrerà una rivelazione straordinaria, ma per me è qualcosa che cambia tutto il resto. Mi fa vedere con brutale chiarezza la persona che un tempo sono stato. Mi fa capire per la prima volta chi sono ora. E mi fa tremare al pensiero di ciò che devo diventare.

Devo raccontarvi non solo ciò che è accaduto nel mondo degli umani, ma anche quello che è successo tra gli animali, e tra coloro che hanno abbandonato la vita e che tuttavia continuano a vagare per la terra. Devo raccontarvi delle creature forgiate da Dio, ma anche di quelle che si sono generate da sole con la semplice forza di volontà o con l’appetito. In altre parole, ci saranno storie inevitabilmente profane, qui, proprio come ce ne saranno di sacre, ma non posso garantire che vi spiegherò la differenza tra le prime e le seconde.

Mi rendo conto che la cosa che più di tutte voglio fare è affascinarvi; condividere con voi una visione del mondo che porti ordine dove un tempo c’erano caos e discordanza. Niente accade per caso. Non veniamo al mondo senza una ragione, anche se possiamo non capire quale sia. Nemmeno un neonato che vive per una sola ora e che poi muore senza avere il tempo di vedere coloro che lo hanno creato ha vissuto invano: questa è la mia improvvisa certezza. Ed è mio dovere sudare fino a convincere anche voi. Talvolta racconterò di eventi epici — guerre e insurrezioni e la caduta di dinastie. Talvolta di eventi che sembreranno banali in confronto, e vi chiederete che cosa hanno a che fare con queste pagine. Fidatevi di me. Considerate quei frammenti come i trucioli di legno sul pavimento di un carpentiere, ammonticchiati alla fine della realizzazione di una grande opera. Il capolavoro ha lasciato il laboratorio, ma che cosa potremmo imparare studiando un particolare ricciolo di legno sul momento della creazione? Su come il carpentiere abbia esitato a un certo punto, o abbia completato una certa forma con assoluta sicurezza? E quei trucioli, allora, che sembrano inutili a un primo sguardo, non sono forse parte della grande opera, dal momento che sono ciò che è stato tolto per portarla alla luce?

Non rimarrò qua all’Enfant a cercare quei trucioli. Abbiamo grandi città da visitare: New York e Washington, Parigi e Londra; e luoghi ancora più a est, ancora più antichi di questi, come la leggendaria città di Samarcanda, i cui palazzi in rovina e le cui moschee danno ancora il benvenuto ai viaggiatori che percorrono la Via della Seta. E quando sarete stanchi delle città? Allora ci sposteremo in terre selvagge. Le isole delle Hawaii e le montagne del Giappone, le foreste dove giacciono ancora i morti della guerra civile, e tratti di mare che nessun navigatore ha mai solcato. Hanno tutti una loro poesia: le città luccicanti e quelle in rovina, le distese d’acqua e quelle di polvere; voglio mostrarvele tutte. Voglio mostrarvi tutto.

Semplicemente tutto: profeti, poeti, soldati, cani, uccelli, pesci, amanti, potenti, mendicanti, spettri. Niente è oltre la mia ambizione, ora, e niente sfugge al mio sguardo. Tenterò di evocare divinità comuni, e di mostrarvi le meraviglie dell’oscenità.

Un momento! Ma cosa sto dicendo? La mia penna dev’essere impazzita a promettere tutto questo. È un’operazione suicida. Non posso che fallire. Ma è questo ciò che voglio fare. Anche se dovessi coprirmi completamente di ridicolo, è questo che voglio fare.

Voglio mostrarvi la beatitudine, la mia e quella di altri. E certamente vi mostrerò la disperazione. Questo posso promettervelo senza esitare. Una disperazione così profonda che vi illuminerà il cuore così da scoprire che altri soffrono tanto più di voi.

E come finirà tutto questo? Questo spettacolo, questo fallimento. Onestamente, non ne ho la minima idea.

Seduto qui, mentre osservo il prato, mi chiedo quanto lontano sia il mondo dai confini del nostro piccolo e bizzarro dominio. Settimane? Mesi? Un anno? Non credo che qualcuno di noi qui conosca la risposta. Nemmeno Cesaria, con tutti i suoi poteri profetici, potrebbe dirvi tra quanto tempo il nemico piomberà su di noi. La sola cosa che so è che verrà. Dovrà venire, per il bene di tutti. Ho abbandonato l’idea di questa casa vista come un rifugio benedetto e incantato. Forse lo è stata un tempo. Ma la decadenza l’ha raggiunta, le sue grandi ambizioni sono marcite. Meglio che sia fatta a pezzi, magari con una certa misura di dignità; e, se così non sarà, non potremo farci niente.

Tutto ciò che voglio adesso è il tempo di incantarvi. Una volta fatto questo, immagino che apparterrò al passato, proprio come questa casa. Non sarei sorpreso se entrambi finissimo insieme in fondo alla palude. E a dire la verità, questa è una prospettiva che non mi disturberà poi così tanto se avrò fatto tutto ciò che devo prima di andarmene.

Semplicemente tutto.