“Rachel Innamorata”, ho mormorato.
“Cosa?”
Mi sono voltato a guardare Galilee. “Avrei dovuto intitolare così il libro. Rachel Innamorata.”
“È di questo che parla veramente?” ha chiesto lui.
“Non ne ho la più pallida idea”, ho risposto. “Pensavo di saperlo ma forse…” ho spostato lo sguardo sulla donna addormentata “… forse non potrò scoprirlo finché non sarà finito.”
“Non lo hai ancora finito?”
“Adesso che sei qui, no”, ho risposto.
“Spero solo che tu non ti aspetti qualche grande avvenimento”, ha detto Galilee, “perché non è questo che ho in mente.”
“Le cose andranno come devono andare”, ho replicato. “Io sono solo un osservatore.”
“Oh no, invece”, ha replicato Galilee, alzandosi a sua volta. “Ho bisogno del tuo aiuto.” L’ho guardato, senza capire. “Con lei.” ha alzato gli occhi verso il soffitto.
“Lei è tua madre, non la mia.”
“Ma tu la conosci meglio di me. Sei stato qui con lei per tutti questi anni mentre io ero via.”
“E pensi che siamo stati qui insieme a bere tè? A parlare delle magnolie? L’ho vista raramente. È rimasta quasi sempre nelle sue stanze, a ribollire di rabbia.”
“Per centoquarant’anni?”
“Aveva le sue buone ragioni. Te. Nicodemus. Jefferson.”
“Jefferson? Non starà ancora pensando a quel perdente?”
“Oh sì. Me ne ha parlato a lungo e…”
“Vedi? Parli con lei. E non negarlo.”
“D’accordo, parlo con lei. Ogni tanto. Ma non sarò io a portarle le tue scuse.”
Galilee è rimasto a riflettere per un istante; poi ha scrollato le spalle. “In questo caso non avrai alcun finale per il tuo libro. Te ne starai quaggiù a chiederti cosa diavolo sta succedendo nelle stanze di Cesaria e non lo saprai mai. Sarai costretto a inventare.”
“Gesù…” ho mormorato.
“Allora, cosa mi dici?”
Aveva toccato il mio punto debole. Cosa c’era di peggio della prospettiva di affrontare Cesaria insieme a Galilee? La prospettiva di restare lì senza sapere che cosa stava succedendo tra di loro. Non avevo altra scelta: dovevo esserci anch’io. Se non avessi assistito al loro incontro, avrei fallito come scrittore. Era un’idea che non potevo sopportare. Avevo già fallito in troppe altre cose.
“D’accordo”, ho affermato. “Mi hai convinto.”
“Bene”, ha detto lui, e mi ha abbracciato forte. Poi ha aggiunto: “Devo svegliare Rachel”.
Io l’ho seguito in camera ma mi sono fermato sulla porta. L’ho guardato mentre si chinava su di lei e la scuoteva con estrema dolcezza per sottrarla al sonno.
Era chiaro che Rachel stava dormendo profondamente perché ha impiegato un attimo a svegliarsi. Ma quando alla fine ha aperto gli occhi e ha visto Galilee, un sorriso le ha illuminato il volto. Oh, quanto amore c’era nel suo sguardo! Quanta felicità nel trovarlo lì accanto a sé.
“È ora di alzarsi, tesoro”, ha sussurrato Galilee.
Rachel mi ha guardato. “Ciao”, ha detto. “Tu chi sei?”
È stato strano, devo ammetterlo, essere salutato in quel modo dalla donna di cui avevo raccontato la vita con la massima cura e che avevo la sensazione di conoscere ormai molto bene.
“Sono Maddox”, ho risposto.
“E stai dormendo nel suo letto”, ha aggiunto Galilee.
Lei si è messa a sedere, il lenzuolo le è scivolato dal corpo nudo e si è affrettata a coprirsi. “Galilee mi ha parlato molto di te”, mi ha detto, anche se ho il sospetto che sia stato solo per nascondere l’imbarazzo.
“Ma non sono come mi avevi immaginato.”
“Non esattamente.”
“Sei più in forma di quando ti ho visto alla palude”, ha detto Galilee dandomi una pacca sullo stomaco.
“Ho lavorato sodo e non ho mangiato un granché.”
“Ah, il tuo libro”, ha esclamato Rachel.
Ho annuito, sperando che avremmo abbandonato l’argomento. Fino a quell’istante non mi ero mai reso conto che Rachel avrebbe potuto chiedermi di farle leggere ciò che avevo scritto su di lei. E quell’idea mi rendeva nervoso. Mi sono rivolto a Galilee: “Sai, penso che dovremmo andare da Cesaria il prima possibile. Lei sa già che sei qui…”
“Vuoi dire che più aspettiamo, più si convincerà che ho paura di affrontarla?” ha chiesto lui. Io ho annuito.
“Vorrei almeno lavarmi la faccia prima di andare”, ha detto Rachel.
“Il bagno è da quella parte”, le ho indicato. Poi sono uscito dalla stanza per non violare la sua privacy.
“È bellissima”, ho sussurrato a Galilee quando mi ha raggiunto. “Sei un uomo davvero fortunato.”
Lui non ha detto niente. Teneva lo sguardo fisso sul soffitto come se si stesse preparando per ciò che lo aspettava al piano di sopra.
“Che cosa vuoi da lei?” gli ho domandato.
“Il suo perdono, immagino. No, anche qualcos’altro.” Ha spostato lo sguardo su di me. “Voglio tornare a casa, Eddie. Voglio portare la donna che amo qui all’Enfant e vivere per sempre qui con lei.” Questa volta sono stato io a non replicare. “Non credi che sia possibile vivere per sempre felici e contenti?”
“Per noi?”
“Per tutti.”
“Ma noi non siamo come tutti gli altri, giusto? Noi siamo i Barbarossa. Per noi le regole sono diverse.”
“Sul serio?” ha detto lui, lo sguardo distante. “Non ne sono così sicuro. Mi sembra che agiamo per le stesse stupide ragioni per cui agiscono anche tutti gli altri. Non siamo migliori dei Geary. Dovremmo esserlo, ma non lo siamo. Siamo sciocchi e confusi quanto loro. È ora che cominciamo a pensare al futuro.”
“È strano, detto da te.”
“Voglio avere dei figli con Rachel.”
“Non mi sembra una buona idea”, ho ribattuto io. “I mezzosangue non servono a nessuno.”
Galilee mi ha appoggiato una mano sulla spalla. “Lo credevo anch’io. Comunque, che razza di padre sarei? È questo che mi sono domandato. Ma è ora, Eddie.” Ha sorriso, radioso. “Voglio riempire questa vecchia casa di bambini. E voglio che imparino ad apprezzare tutte le cose miracolose che noi diamo per scontate!”
“Non penso che sia rimasto qualcosa di miracoloso in questo posto”, ho detto. “Se mai c’è stato.”
“È ancora qui”, ha detto lui. “È dovunque, è tutto attorno a noi. E nel nostro sangue. È nella terra. Ed è lassù, con lei.”
“Può darsi.”
Lui mi ha dato una pacca sulla spalla. “Sii felice, fratello. Sono tornato a casa.”
Sei
E così siamo saliti, Galilee, Rachel e io. Abbiamo attraversato la casa buia e silenziosa fino a raggiungere le stanze di Cesaria. Ma lei non c’era. Mentre passavo da una stanza all’altra, bussando leggermente e aprendo le porte, mi sono reso conto che non c’era da meravigliarsi che lei non fosse lì. Doveva essere salita nella stanza del cielo. Il cerchio si stava chiudendo, sempre più in fretta ormai. Il luogo dove tutto era iniziato — dove ero stato visitato dalle prime visioni — esigeva la nostra presenza.