Stavamo per uscire dalla camera da letto deserta, quando ho sentito un ticchettio di unghie sul pavimento e ho visto Tansy, il porcospino preferito di Cesaria che sgattaiolava fuori da sotto il letto. Mi sono chinato e ho raccolto con cautela l’animale. Mi è sembrato molto felice di trovarsi tra le mie braccia, e per qualche ragione la sua presenza in quella stanza mi ha rassicurato.
“Dove andiamo adesso?” ha chiesto Galilee mentre oltrepassavo lui e Rachel per uscire.
“Su, nella stanza del cielo”, ho risposto.
Lui mi ha rivolto un’occhiata ansiosa. “Che cosa ci fa Cesaria lassù?”
“Immagino che dovremo scoprirlo”, ho risposto, e ho fatto strada attraverso il corridoio e poi su, lungo le strette scale. Man mano che salivamo, il porcospino è diventato sempre più irrequieto, un chiaro segno che il mio istinto non si era sbagliato e che Cesaria ci stava aspettando di sopra.
Io ho aperto la porta e mi sono voltato a guardare i due innamorati.
“Sei mai entrato qui?” ho chiesto a Galilee.
“No…”
“Be’, se dovessimo perderci…” ho detto.
“Aspetta. Di cosa stai parlando? Perderci? Non è una stanza così grande.”
“Non è una stanza, Galilee”, ho replicato. “Può anche sembrarlo, ma una volta che si entra si scopre un altro mondo. Il mondo di Cesaria.”
Galilee sembrava decisamente a disagio.
“Allora che cosa dobbiamo aspettarci?” ha chiesto Rachel.
“E impossibile dirlo. Bisogna lasciarsi trasportare dalla corrente, lasciare che accada. E non avere paura.”
“Rachel non ha paura quasi di niente”, ha detto Galilee, rivolgendole un sorriso.
“E, come vi ho già detto, se dovessimo perderci…”
“Continueremo senza di te”, ha concluso Galilee. “D’accordo?”
“D’accordo.”
Con Tansy accoccolato nell’incavo del braccio, ho afferrato la maniglia — con una certa indecisione, devo ammetterlo — e ho aperto la porta. Una parte di me ha osato immaginare che tornando lì avrei conosciuto un nuovo miracolo. Se dopo la prima visita ero guarito dalla mia infermità, cosa sarebbe successo dopo la seconda? Era bello da parte di Galilee decantare le virtù dei mezzosangue, ma non riuscivo a trovare alcuna particolare gloria in quella condizione; tutt’altro. Rientrando nel cuore del mondo di Cesaria sarei stato forse guarito dalla mia natura ibrida? Sarei diventato completamente divino?
Quell’affascinante possibilità mi ha reso più coraggioso di quanto sarei stato normalmente. Lanciando una breve occhiata alle spalle per controllare che Rachel e Galilee mi stessero seguendo, sono entrato nella stanza. A prima vista sembrava vuota ma sapevo per esperienza che non ci si poteva fidare delle apparenze. Cesaria era lì. Ne ero certo. E se lei era lì, allora doveva esserci anche la sua corte di visioni e trasformazioni. Era solo una questione di tempo e poi sarebbero apparse.
“Bella stanza”, ha osservato Galilee alle mie spalle.
C’era una sfumatura ironica in quel suo commento; sicuramente stava pensando che dovevo aver sopravvalutato la natura miracolosa di quel luogo. Non ho detto niente per giustificarmi. Ho trattenuto il fiato. Sono trascorsi alcuni secondi. Il porcospino tra le mie braccia si era fatto più tranquillo. Strano, ho pensato. Ho tratto un profondo respiro, molto lentamente. Ancora niente.
“Sei sicuro…” ha cominciato a chiedere Galilee.
“Shhh.”
Non ero stato io a zittirlo, era stata Rachel. Ho sentito i suoi passi alle mie spalle e con la coda dell’occhio l’ho vista inoltrarsi nella stanza. Non era più accanto a Galilee. In altre circostanze, mi sarei voltato e avrei dato a mio fratello del codardo, ma quello era un momento troppo intenso per simili sciocchezze. Ho continuato a fissare Rachel mentre si avvicinava al centro della stanza. Aveva zittito Galilee perché aveva udito qualcosa; ma cosa? Io non riuscivo a sentire altro che il rumore dei nostri respiri e dei passi di Rachel sulle assi nude. Eppure sembrava che lei stesse ascoltando un qualche suono. Ha inclinato leggermente la testa, e in quel momento ho capito qual era il suono che stava cercando di cogliere: era un mormorio sibilante così debole che se Rachel non lo avesse sentito avrei potuto scambiare per il ronzio del mio sangue.
Lei ha abbassato lo sguardo e io mi sono accorto che le assi avevano subito un cambiamento quasi impercettibile. Le fessure stavano scomparendo e i dettagli e le venature di ogni asse stavano mutando. Ovviamente Rachel poteva sentire quella trasformazione sotto i suoi piedi: il flusso di energia scaturiva dal centro della stanza e si stava dirigendo verso di lei.
Ho messo insieme il suono che stavo ascoltando con il mutamento delle assi: il legno stava diventando sabbia; sabbia sollevata da una brezza leggera ma continua.
Rachel si è voltata a guardarmi e mi sono reso conto che non era preoccupata da ciò che stava accadendo, ma divertita, piuttosto.
“Guarda”, ha esclamato. Poi a Galilee: “Va tutto bene, tesoro”. Ha teso una mano verso di lui e mio fratello l’ha raggiunta, gettandomi un’occhiata ansiosa. Il vento stava soffiando più forte ora, e le assi erano scomparse del tutto. C’era solo sabbia sotto i nostri piedi, infiniti granelli di sabbia che luccicavano rotolando via.
Galilee ha raggiunto Rachel e l’ha presa per mano, e io mi sono chiesto che luogo fosse quello che stava prendendo forma attorno a noi. Le pareti della stanza erano scomparse per lasciare il posto a una foschia blu-grigia; ho alzato gli occhi al cielo e mi sono accorto che anche la cupola era svanita. Là, dove fino a qualche istante prima c’era stata una solida volta di legno e intonaco, adesso c’erano solo stelle. L’oscurità tra una stella e l’altra stava diventando più profonda e il chiarore degli astri più intenso. Per qualche secondo ho avuto l’impressione di cadere verso il cielo. Poi ho spostato lo sguardo su Rachel e Galilee prima che l’illusione si impossessasse completamente di me e ho visto le dita delle loro mani che si intrecciavano.
Mi sono sentito attraversare da una strana corrente e Tansy è balzato a terra, sulla sabbia davanti a me. Io mi sono accovacciato per controllare che non si fosse fatto male: in un certo senso, era strano preoccuparsi delle condizioni di un porcospino mentre la terra e le stelle venivano ricreate. Ma Tansy non aveva affatto bisogno del mio aiuto e si è allontanato con la sua buffa andatura prima che potessi toccarlo. Io sono rimasto a osservarlo per un attimo prima di sollevare lo sguardo. Ciò che ho visto a quel punto mi ha fatto dimenticare di colpo tutto il resto.
Non c’era nessuna scena apocalittica davanti a me; niente piogge di fuoco, niente animali terrorizzati. C’era solo un paesaggio che conoscevo. Avevo camminato lì solo con l’immaginazione, ma forse proprio per questo mi era ancora più familiare.
Alla mia destra c’era una foresta, fitta e scura. E alla mia sinistra, c’erano le acque calme del Mar Caspio.
Due anime vecchie come il paradiso scesero alla spiaggia in quell’antico mezzogiorno…
Quello era il luogo in cui aveva camminato la sacra famiglia; il luogo in cui Zelim il pescatore aveva lasciato i suoi compagni per fare un incontro che non solo avrebbe cambiato la sua vita ma anche la vita che avrebbe vissuto dopo la morte. Il luogo degli inizi.
Non c’era niente da temere, lì, mi sono detto. C’erano solo il vento, la sabbia e il mare. Mi sono voltato a guardare la porta ma era scomparsa. Non c’era modo di uscire, di tornare nella casa. E non c’era alcuna traccia della presenza di Cesaria sulla spiaggia. In lontananza, tra le dune, ho avuto l’impressione di scorgere qualche abitazione — Atva, probabilmente — e poi ho notato i resti scheletrici di una barca, le ossa dello scafo nere sotto la luce delle stelle, ma della donna che eravamo venuti a cercare nemmeno una traccia.
“Dove diavolo ci troviamo?” ha chiesto Galilee, come se stesse riflettendo ad alta voce.