“Questo è il luogo in cui sei stato battezzato”, gli ho detto.
“Davvero?” Ha guardato verso le acque placide. “Quando ho cercato di scappare a nuoto?”
“Esattamente.”
“Quanto ti sei allontanato?” gli ha domandato Rachel.
Non sono riuscito a sentire la sua risposta. La mia attenzione era di nuovo fissa sul porcospino, che era tornato indietro e si stava avvicinando alla carcassa della barca annusando la sabbia. Era quasi a metà strada quando ha sollevato la testa, ha emesso uno squittio e ha allungato il passo. Non stava più cercando la strada con l’olfatto: conosceva la sua destinazione, adesso. Qualcuno ci stava aspettando tra le ombre dell’imbarcazione.
“Galilee…?” ho mormorato.
Lui mi ha guardato e io gli ho indicato il relitto. Là — seduta nella barca — c’era la creatrice di tempeste, la virago in persona, una sciarpa di seta scura attorno alla testa.
“La vedi?” gli ho chiesto.
“Sì, la vedo”, ha risposto lui. Poi, a voce più bassa: “Vai prima tu”.
Non ho fatto obiezioni. L’ansia mi aveva abbandonato, scacciata dalla serenità del paesaggio. Non sarebbero state scatenate forze rabbiose, ne ero sicuro. Certo, questo probabilmente significava che la mia speranza di essere elevato dalla mia condizione di mezzosangue era infondata. Ma almeno non avrei corso alcun rischio.
Mi sono avvicinato alla barca. La luce delle stelle mi ha mostrato Cesaria abbastanza chiaramente. Era seduta su una pila di assi e mi stava guardando. Circondata dai resti dello scafo, sembrava che si trovasse al centro di un fiore scuro.
L’Enfants… ci ha detto… ce ne avete messo di tempo.
Tansy era ai suoi piedi. Cesaria si è chinata a raccoglierlo e l’ha preso tra le braccia.
“Ti abbiamo cercata nelle tue stanze…” ho cominciato a spiegare.
Non ho intenzione di tornarci, ha detto lei. Ho pianto troppe lacrime laggiù.
Da quando ci eravamo avvicinati, non aveva staccato lo sguardo da me. Era come se non volesse guardare suo figlio; come se non ne avesse il coraggio per paura di versare le lacrime che non voleva più piangere. Solo allora mi sono accorto di quanto Cesaria fosse emozionata.
“C’è qualcosa che posso fare per te?” le ho chiesto.
No, Maddox, mi ha risposto. Niente. Hai fatto più che abbastanza, bambino mio.
Bambino mio. C’era stato un tempo in cui mi aveva fatto infuriare chiamandomi così. Ma adesso mi sembrava bellissimo. Ero ancora un bambino. Cesaria sembrava volermi dire che dovevo ancora vivere la mia vita.
Penso che dovresti andare, ha detto.
“Dove?”
Attraverso la foresta, ha risposto Cesaria. Come ha fatto Zelim.
Non mi sono mosso. Dopo tutta la paura che avevo provato al pensiero di trovarmi in sua presenza, adesso non volevo altro che trattenermi ancora un po’, godermi il balsamo dei suoi occhi e il miele della sua voce. Con grande difficoltà, ho convinto le mie membra a obbedirmi.
Fai buon viaggio, bambino mio…
È stato così diffìcile allontanarmi, anche se in un certo senso ho avuto la sensazione di essere stato liberato. Avevo pagato la mia libertà con le parole; ogni pensiero che ho scritto su queste pagine è stato una sorta di riscatto. Eppure ero triste all’idea di partire.
Mi sono voltato dopo circa una ventina di passi e sono rimasto a osservare la scena. Era quello il momento. Galilee e Rachel, mano nella mano, si stavano avvicinando alla barca.
Moccioso, gli ha detto Cesaria. Perché ci hai messo tanto?
“Mi sono perso, mamma”, ha risposto Galilee. “Mi sono perso nel mondo. Ma adesso sono a casa.”
Non esiste più una casa a cui fare ritorno, ha detto Cesaria. Non c’è più niente.
“Allora permettimi di ricostruirla”, ha ribattuto Galilee.
Non ne saresti in grado, figlio mio.
“Hai ragione. Ma con la mia Rachel…”
La tua Rachel, ha detto Cesaria, in tono più dolce. Si è alzata dal suo trono di assi e ha fatto un cenno a Rachel. Vieni qui, le ha detto.
Rachel ha lasciato la mano di Galilee e si è avvicinata. Cesaria è uscita dai resti dello scafo e l’ha osservata. Ero troppo lontano per vedere l’espressione del suo viso, ma non stento a immaginare che tormento sia stato quell’esame. Era stato lo stesso per me. Cesaria stava guardando nell’anima di Rachel. Stava per emettere un giudizio definitivo su di lei. Alla fine ha detto:
Sei sicura di volere tutto questo?
“Tutto questo?” ha ripetuto Rachel.
Questa casa. Questa storia. Mio figlio.
Rachel si è voltata a guardare Galilee per un lungo istante e io ho avuto l’impressione di sentire il suono delle stelle che si muovevano sopra di noi, soddisfatte e immutabili.
“Sì”, ha risposto alla fine. “Lui è tutto ciò che voglio.”
Allora è tuo, ha detto Cesaria.
Ha allargato le braccia.
“Questo significa che sono perdonato?” ha domandato Galilee.
Cesaria è scoppiata a ridere. Se non ora, quando? Vieni qui, se non vuoi spezzarmi il cuore un’altra volta.
“Oh, mamma…”
È andato da lei e le ha premuto il viso contro la spalla mentre lei lo stringeva tra le braccia.
“Perdonato?” ha ripetuto Galilee.
Perdonato, ha risposto Cesaria.
Sette
1
Non mi sarei mai aspettato di arrivare alle ultime pagine di questa storia seguendo i passi di Zelim il pescatore, ma è proprio questo che è successo. Lasciandomi alle spalle quella felice riunione, mi sono inoltrato tra gli alberi. Era buio e ben presto ho smesso di cercare una strada da seguire; mi sono limitato ad avanzare attraverso la vegetazione, lasciando che fosse il caso a decidere del mio destino. Ciò che ricordavo del viaggio di Zelim non era poi molto rassicurante. Era emerso da quella foresta solo per essere aggredito da un gruppo di banditi. Speravo di essere più fortunato di lui; speravo che Cesaria in qualche modo mi guidasse e continuasse a vegliare su di me.
Tuttavia il viaggio non si è fatto più facile, anzi. Quando ero ormai convinto che l’oscurità attorno a me non potesse essere più profonda, si è infittita ancora di più. E ben presto mi sono ritrovato a barcollare alla cieca con le braccia protese davanti a me per evitare di finire contro un albero. Questo comunque non ha impedito alla mia faccia, alle mie mani e al mio petto di essere graffiati dalle spine o ai miei piedi di restare impigliati tra gli arbusti. Sono caduto diverse volte, rimanendo senza fiato. Con una certa amarezza, ho ripensato alla benedizione finale di Cesaria. Fai buon viaggio. Visto che quello in cui mi trovavo era il suo mondo, non avrebbe potuto far splendere la luna su di me perché illuminasse il mio cammino?
No, immagino che avrebbe ribattuto che in quel modo sarebbe stato troppo facile. Cesaria non era mai stata inutilmente gentile, nemmeno con se stessa. Soprattutto con se stessa. E non sarebbe cambiata solo perché suo figlio era tornato da lei.
Comunque era troppo tardi per tornare indietro. La spiaggia era scomparsa da tempo alle mie spalle. Non avevo altra scelta che continuare a vagare — come Zelim aveva fatto prima di me — sperando che quel tormento prima o poi finisse.
E così è stato, dopo molto, molto tempo. Ho intravisto una luce color ambra tra gli alberi e, cercando di tenere lo sguardo fìsso sul chiarore, mi sono incamminato in quella direzione. Stava arrivando l’alba, proprio davanti a me; potevo scorgere strati di nuvole colorate, i loro vetri piatti accarezzati dal sole che stava sorgendo. E per dare il benvenuto alla luce, cori di uccelli hanno riempito l’aria attorno a me. Le mie gambe erano ormai molto deboli e il mio corpo tremava per la stanchezza, ma quello spettacolo mi ha dato nuove energie e non più tardi di cinque minuti dopo sono emerso dalla foresta.