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Il mio viaggio notturno era stato ben più complesso di quanto avessi potuto immaginare. In qualche modo, gli incanti di Cesaria mi avevano condotto fuori dalla casa e attraverso il parco fino ai confini dell’Enfant. Ed era lì che mi trovavo adesso tra terra sacra e terra secolare; tra il territorio dei Barbarossa e il resto del mondo. Alle mie spalle, c’era un fitto muro di alberi, la vegetazione densa e impenetrabile, mentre davanti a me si estendeva un paesaggio di semplici virtù. Colline che si levavano dai terreni paludosi che circondavano l’Enfant; piccoli gruppi di alberi, campi incolti. Nessun segno di insediamenti umani.

Gli uccelli che avevano salutato il mattino si sono levati in volo e io, guardandoli attraversare quel cielo vasto e luminoso, d’improvviso mi sono sentito infinitamente vulnerabile. Era passato molto tempo dall’ultima volta che mi ero davvero allontanato da casa e sono stato tentato di tornare sui miei passi. C’erano ancora delle faccende in sospeso, mi sono detto: non potevo andarmene nel mondo così, lasciandomi alle spalle la vita che avevo vissuto. Un viaggio come quello aveva bisogno di preparativi. Dovevo dire addio a Marietta, a Zabrina e a Luman; dovevo scrivere le ultime pagine del libro che attendeva sulla mia scrivania; dovevo ripulire il mio studio e riporre le mie carte private. C’era da fare questo, c’era da fare quello.

Naturalmente erano tutte scuse. Stavo solo tentando di posporre il momento spaventoso in cui avrei davvero rivisto il mondo. Era questa la ragione per cui Cesaria mi aveva gettato in quell’improvviso esilio, ne ero certo, per negarmi ogni esitazione e ogni ripensamento, per obbligarmi a uscire sotto l’immensità del cielo. In breve, per costringermi a vivere.

Ero ancora lì e stavo fissando il paesaggio deserto davanti a me quando ho sentito un fruscio nella vegetazione alle mie spalle. Mi sono voltato e con mia grande sorpresa ho visto Luman che emergeva dal fìtto degli alberi, bestemmiando in modo colorito. Quando alla fine mi ha raggiunto, sembrava uno spirito dei boschi impazzito, rametti e spine nella barba e nei capelli. Ha sputato una foglia e mi ha guardato con aria severa.

“Dovresti essermi grato!” ha esclamato.

“Perché?” ho domandato io.

Lui ha sollevato le mani, mostrandomi due zaini di pelle, entrambi vecchi e malconci. Erano così pieni che sembravano sul punto di scoppiare. “Ti ho portato della roba per i tuoi viaggi”, ha detto.

“Be’, è gentile da parte tua.”

Mi ha gettato il più piccolo dei due zaini. Era pesante. E puzzava.

“Un altro dei tuoi pezzi d’antiquariato?” gli ho chiesto, notando che era decorato con la bandiera dei Confederati.

“Infatti”, ha risposto lui. “Li ho trovati nello stesso posto dove ho trovato la sciabola. Lì dentro ci sono anche la tua pistola, dei soldi, una camicia e una fiaschetta di brandy.”

“E nell’altro?” ho chiesto, indicando lo zaino più grande.

“Altri vestiti. Un paio di stivali e… prova a indovinare?”

Ho sorriso. “Mi hai portato il mio libro?”

“Certo. So quanto ci sei attaccato. Te l’ho avvolto in una vecchia bandiera del Sud.”

“Ti ringrazio”, ho detto, prendendo anche il secondo zaino. Era piuttosto pesante. Le mie spalle avrebbero pagato il prezzo della mia verbosità, nei giorni a venire. Ma era bello avere con me il mio libro: era come un figlio da cui non potevo separarmi.

“Sei andato in casa per prenderlo”, ho detto. “So che detesti entrarci…”

Lui mi ha lanciato un’occhiata obliqua. “Una volta era così. Ma le cose stanno cambiando, sai? Animali sdraiati nell’atrio. Donne dappertutto.” Le sue labbra si sono allargate in un sorriso malizioso. “Anzi, ti dirò che sto pensando di tornare a vivere in casa. Quelle signore sono un bello spettacolo.”

“Sono lesbiche”, gli ho fatto notare.

“Per quanto me ne frega potrebbero anche essere del Wisconsin”, ha detto Luman. “Mi piacciono.”

“Come hai fatto a trovarmi?”

“Ti ho sentito quando sei passato vicino alla Casa del Fumo, parlavi da solo.”

“E cosa stavo dicendo?”

“Non ci ho capito molto. Sono uscito e ti ho visto che camminavi tra gli alberi, sembravi un sonnambulo. Ho immaginato che fosse opera sua. Della Signora dell’Amore.”

“Vuoi dire Cesaria?”

Ha annuito. “È così che la chiamava papà. ‘La Signora dell’Amore, tutta ghiaccio e miele.’ Non l’hai mai sentito chiamarla così?”

“No, mai.”

“Mmm… Be’, comunque ho immaginato che avesse deciso di liberarsi di te. Così ho pensato di portarti qualcosa per il viaggio.”

“Grazie. Te ne sono molto grato.” Luman mi è sembrato vagamente a disagio nel sentire i miei ringraziamenti.

“Be’…” ha detto, togliendosi un frammento di foglia da un angolo della bocca. “Sei sempre stato gentile con me, fratello.”

Guardandolo separare foglia e barba, mi sono chiesto se non avessi trascurato uno schema molto semplice nella mia analisi della nostra famiglia; mi sono chiesto se lui non fosse Pan con un altro nome, e se mio fratello non fosse Dioniso, e…

Mi sono rimproverato mentalmente per esser stato così superficiale e ho ringhiato.

“Cosa c’è?”

“Sto ancora scrivendo quel maledetto libro nella mia testa”, ho risposto.

“Te ne dimenticherai quando sarai là fuori”, ha detto Luman, spostando lo sguardo sul paesaggio alle mie spalle. Sul suo viso c’era un’espressione assorta e malinconica. Ho ripensato a quando mi aveva detto che non sarebbe mai potuto tornare nel mondo perché lo avrebbe reso troppo pazzo. Ma mi sono accorto che era tentato dall’idea di rischiare comunque e intraprendere quel viaggio. Ho deciso di essere il suo Mefistofele.

“Vuoi unirti a me?” gli ho chiesto.

Lui non mi ha guardato, ha tenuto gli occhi fissi sulle colline illuminate dal sole. “Certo…” ha borbottato. “Certo che voglio unirmi a te. Ma non lo farò. Almeno non oggi. Ci sono cose che devo fare, fratello. Devo armare tutte quelle signore.”

“Armarle?”

“Già… se hanno intenzione di restare…”

“Non resteranno.”

“Marietta invece dice di sì.”

“Davvero?”

“Davvero.”

Oh mio Dio, ho pensato: dopotutto l’invasione era avvenuta. L’Enfant era caduto. Ma non per mano dei Geary: almeno non ancora. Per mano di una tribù di lesbiche.

“Ma ti ricordi cosa mi hai promesso?” ha continuato Luman.

“Parli dei tuoi figli?”

“Allora ti ricordi.”

“Naturalmente.”

Lui si è illuminato, i suoi occhi scintillavano. “Andrai a cercarli?”

“Sì, andrò a cercarli.”

D’improvviso si è avvicinato e mi ha stretto tra le braccia. “Sapevo che non mi avresti deluso”, ha detto, baciandomi rumorosamente su una guancia. “Ti voglio bene, Maddox. E voglio che porti con te il mio amore, perché ti protegga là fuori.” Mi ha stretto ancora più forte. “Capito?”

Ho ricambiato il suo abbraccio, anche se con una certa goffaggine visto che avevo le braccia appesantite dai due zaini.

“Sai già da dove cominciare a cercarli?” mi ha chiesto quando ci siamo divisi.