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Rachel non rimpiange di aver lasciato Dansky. Lì, aveva vissuto una vita claustrofobica: piatta e ripetitiva. E il futuro le era sempre sembrato cupo. Le donne di Dansky non avevano grandi pretese, il matrimonio era quello che volevano, e se i loro mariti erano sobri due o tre sere alla settimana e i loro figli nascevano con il giusto numero di gambe e braccia, si consideravano fortunate e si preparavano per un lungo e lento declino.

Ma Rachel aveva sempre avuto altri progetti. Due giorni dopo il suo diciassettesimo compleanno aveva lasciato la città, senza voltarsi indietro. C’era un’altra vita là fuori, che aveva visto sulle riviste e alla televisione: una vita di possibilità, una vita da stella del cinema, una vita che Rachel era determinata a ottenere. Non era l’unica diciassettenne americana a nutrire speranze del genere, naturalmente. Né io sono la prima persona a raccontare in uno scritto il modo in cui Rachel ha trasformato il suo sogno in realtà. Qui accanto a me ho quattro libri e una pila di riviste, che parlano invariabilmente dell’inarrestabile ascesa di Rachel Pallenberg. Farò del mio meglio in questa sede per evitare gli eccessi e attenermi ai fatti, ma questa è una storia — così simile a una favola — che saprebbe tentare anche un asceta letterario, come scoprirete ben presto. La bellissima ragazza dagli occhi scuri di Dansky, che non ha niente che la distingua da tante altre a parte un sorriso accattivante e un fascino disinvolto, si trova per puro caso in compagnia dello scapolo più desiderato d’America e attira la sua attenzione. Il resto non è ancora storia; la storia ha bisogno di un finale, e questa storia è ancora in movimento. Ma certamente è qualcosa di notevole.

Com’è accaduto? Questa parte, almeno, è molto semplice da raccontare.

Rachel lasciò Dansky, decisa a cominciare una nuova vita a Cincinnati, dove viveva la sorella di sua madre. Rimase lì per circa due anni. Seguì con scarsi risultati un breve corso per diventare odontotecnica, poi per diversi mesi lavorò come cameriera. Rachel piaceva alla gente, anche se non sempre era amata. Alcune delle sue colleghe sembravano considerarla un po’ troppo ambiziosa; era una di quelle persone che non facevano mistero delle loro aspirazioni, e questo irritava coloro che erano troppo timidi per fare altrettanto o che semplicemente non avevano aspirazioni. Il gestore del ristorante, un uomo di nome Herbert Finney, la descrive in modo diverso da intervista a intervista. Rachel era “una ragazza molto tranquilla, che lavorava sodo”, come dice a un intervistatore, o “una che flirtava con i clienti, sempre in cerca di qualcosa per sé”, come dice a un altro? Forse la verità è a metà strada tra queste due descrizioni. Quello che è certo è che il lavoro di cameriera ben presto cominciò ad andarle stretto; proprio come Cincinnati. Ventun mesi dopo il suo arrivo, alla fine di agosto, Rachel prese un treno diretto verso est e si trasferì a Boston. Quando, in seguito, una rivista idiota le chiese perché avesse scelto quella città, rispose che aveva sentito dire che da quelle parti l’autunno era piacevole. Trovò un altro posto come cameriera e andò a vivere con due ragazze che, come lei, erano appena arrivate in città. Dopo due settimane, trovò un lavoro in un’elegante gioielleria di Newbury Street, dove lavorò per tutto l’autunno — che a Boston era davvero bellissimo — finché, il 23 dicembre, nel tardo pomeriggio, il Natale arrivò sotto forma di Mitchell Geary.

2

Quel pomeriggio cominciò a nevicare verso le due, mentre Rachel tornava al lavoro dopo aver pranzato. Le previsioni del tempo per il resto del giorno e per la notte si facevano più fosche di ora in ora: stava per arrivare una tormenta.

Gli affari andavano a rilento; la gente si affrettava a lasciare la città, anche se le ore rimaste da dedicare allo shopping natalizio si potevano contare sulle dita di una mano. Il direttore della gioielleria, un certo signor Erickson (un uomo di quarant’anni che aveva la stanca eleganza di un sessantenne), era nel suo ufficio e stava discutendo al telefono con il suo capo sull’eventualità di chiudere in anticipo, quando davanti al negozio si fermò una limousine da cui scese un ragazzo dai capelli scuri, che indossava un pesante cappotto e che teneva gli occhi bassi, quasi che temesse di essere riconosciuto nel tragitto di non più di dieci metri che separava l’auto dalla gioielleria. Entrò, scrollandosi la neve di dosso. Erickson era ancora nel suo ufficio e stava contrattando l’ora di chiusura. La sua assistente, Noelle, era uscita a prendere un caffè. Toccò a Rachel occuparsi di quel cliente. Naturalmente, sapeva chi era. Chi non lo avrebbe riconosciuto? Quei lineamenti classici e regolari — gli zigomi delicati, gli occhi profondi, la bocca forte e sensuale, i capelli ribelli — comparivano più o meno ogni mese sulla copertina di qualche rivista: Mitchell Monroe Geary era uno degli uomini più osservati, discussi e desiderati d’America. E ora era là, in piedi davanti a Rachel, con fiocchi di neve che gli si scioglievano sulle ciglia scure.

Cosa accadde allora? Be’, ci fu uno scambio di battute piuttosto semplice. Geary le spiegò che stava cercando un regalo di Natale per la moglie di suo nonno, Loretta. Qualcosa coi diamanti. Poi, scuotendo leggermente la testa, aggiunse: “Loretta adora i diamanti”. Rachel gli mostrò una serie di spille tempestate di brillanti, pregando che Erickson non finisse la sua telefonata proprio in quel momento e che la coda alla caffetteria fosse lunga abbastanza da ritardare il ritorno di Noelle di qualche altro minuto. Voleva avere il principe Geary tutto per sé ancora per un po’. Rachel non chiedeva altro.

Lui disse che gli piacevano sia la farfalla sia la stella. Lei tolse le spille dai cuscini di velluto nero per permettergli di esaminarle più da vicino. Cosa ne pensava, le chiese lui. Io?, si stupì lei. Sì, lei. Be’, disse Rachel, sorpresa da quanto fosse facile parlare con lui: se è per sua nonna, allora direi che la farfalla probabilmente è troppo romantica.

Lui la guardò dritto negli occhi, con un luccichio malizioso nello sguardo. “Come fa a sapere che non sono follemente innamorato di mia nonna?” disse.

“Se così fosse, non sarebbe ancora alla ricerca dell’anima gemella”, replicò Rachel prontamente.

“E cosa le fa pensare che sia così?”

Fu lei a sorridere, ora. “Leggo le riviste”, rispose.

“Non dicono mai la verità”, ribatté lui. “Vivo come un monaco. Glielo giuro.” Lei non fece commenti, pensando di aver già detto troppo, probabilmente: forse aveva perso la vendita, forse aveva perso persino il lavoro, se Erickson aveva sentito il loro scambio di battute. “Prenderò la stella”, decise lui. “Grazie per il consiglio.”

Acquistò il gioiello e se ne andò, portandosi via il suo fascino, la sua presenza e il luccichio dei suoi occhi. Rachel si sentì stranamente tradita, quando Geary se ne fu andato, come se le avesse tolto qualcosa che le apparteneva, per quanto assurdo potesse sembrare. Noelle rientrò con i caffè, proprio mentre Geary si allontanava dalla gioielleria.

“Era proprio chi penso io?” disse, con gli occhi sgranati.

Rachel annuì.

“È semplicemente stupendo di persona, non ti pare?” commentò Noelle. Rachel annuì. “Stai sbavando.”

Rachel scoppiò a ridere. “Sì, è davvero bellissimo.”

“Era da solo?” volle sapere Noelle. Si voltò a guardare la strada, mentre la limousine si allontanava dal marciapiede. “C’era anche lei?”