“È sempre stata…?”
“Un’alcolizzata? Sì.”
“Forse potrei aiutarla”, disse Rachel.
Lui la baciò. “La mia buona samaritana.” La baciò di nuovo. “Puoi anche provarci, ma fossi in te non ci spererei troppo. Ha così tanti problemi da risolvere. Loretta non le piace per niente. E anch’io credo di non piacerle affatto.”
Fu Rachel a baciarlo, ora. “E come mai non le piaci?”
Mitchell sogghignò. “Che Dio mi fulmini, non lo so”, rispose.
“Egocentrico che non sei altro.”
“Io? No. Starai pensando a qualcun altro. Io sono il più umile della famiglia.”
“Credo che non esista qualcosa come…”
“… un Geary umile?”
“Esatto.”
“Mmm.” Mitchell rimase a riflettere per un istante. “Nonna Kitty forse lo era.”
“E ti piaceva?”
“Sì”, rispose Mitchell, la voce d’improvviso riscaldata dall’affetto. “Era dolce. Forse un po’ pazza verso la fine, ma dolce.”
“E Loretta?”
“Lei non è pazza. E la persona più sana di mente di questa famiglia.”
“No, voglio dire, ti piace?”
Mitchell scrollò le spalle. “Loretta è Loretta. È una forza della natura.”
Fino a quel momento, Rachel aveva incontrato Loretta solo due o tre volte, ma non era quella l’idea che si era fatta di lei. Anzi. Le era sembrata una donna piuttosto riservata, schiva persino, un’impressione supportata dal fatto che vestiva sempre di bianco o di grigio argento. Gli unici tocchi teatrali erano i turbanti che era solita indossare e la precisione immacolata del suo trucco che metteva il risalto il viola dei suoi occhi. Era stata gentile con Rachel, ma in modo alquanto distaccato.
“So cosa stai pensando”, disse Mitchell. “Stai pensando che Loretta è solo una signora d’altri tempi. E lo è davvero. Ma prova a metterti contro di lei e…”
“E cosa succederebbe?”
“È come ti ho detto: è una forza della natura. Soprattutto se c’è di mezzo Cadmus. Se qualcuno della famiglia dicesse qualcosa contro di lui, e lei lo sentisse, potrebbe anche tagliargli la gola. ‘Non avreste nemmeno due centesimi senza di lui’, dice sempre. E ha ragione. La famiglia sarebbe andata in pezzi senza di lui.”
“Cosa accadrà dopo la sua morte?”
“Cadmus non morirà”, disse Mitchell senza alcuna traccia di ironia. “Andrà avanti e avanti, finché qualcuno di noi lo porterà in macchina a Long Island. Scusami. Battuta di pessimo gusto.”
“Ci pensi spesso?”
“A quello che è successo a papà? No. Non ci penso affatto. Solo quando esce qualche libro, sai, il genere di cose che sostiene che a ucciderlo è stata la mafia oppure la CIA. Quella robaccia mi deprime. Nessuno saprà mai davvero quello che è successo. Quindi a cosa serve pensarci?” Le scostò una ciocca di capelli dalla fronte. “Non devi preoccuparti. Se il vecchio muore domani, ci divideremo la torta: un po’ andrà a Garrison, un po’ a Loretta e un po’ a noi. Poi tu e io… spariremo. Saliremo su un aereo e ce ne andremo via.”
“Possiamo farlo anche adesso, se vuoi”, disse Rachel. “Non ho bisogno della famiglia e certamente non ho bisogno di vivere nell’alta società. Ho solo bisogno di te.”
Lui sospirò; un sospiro profondo e tormentato. “Ah. Ma dove finisce la famiglia e comincia Mitchell? Questo è il dilemma.”
“Io so chi sei”, disse Rachel avvicinandosi a lui. “Sei l’uomo che amo. Semplicemente l’uomo che amo.”
2
Ma naturalmente non era tutto così semplice.
Rachel era entrata a far parte di un’elite piccola e tutt’altro che invidiabile: quel gruppo di persone le cui vite private erano considerate di pubblico dominio. L’America voleva sapere tutto della donna che aveva rubato il cuore di Mitchell Geary, soprattutto perché fino a poco tempo prima era stata una creatura a dir poco ordinaria. Ma ora era tutto diverso. E la prova di quella trasformazione era là, nelle pagine patinate dei settimanali scandalistici: Rachel Pallenberg che indossava abiti che sei mesi prima le sarebbero costati il salario di un anno di lavoro, il suo sorriso quello di una donna felice al di là dei suoi sogni più selvaggi. Ma una simile felicità non poteva essere celebrata a lungo; ben presto, perse le sue attrattive. Gli stessi lettori, che erano rimasti affascinati in febbraio e in marzo dalla sua ascesa improvvisa e stupiti dal modo in cui una ragazza qualunque era diventata una principessa in aprile e in maggio e che si erano commossi quando in giugno era stata annunciata la data delle nozze, all’inizio di luglio volevano già la sporcizia.
Che tipo di donna era veramente quella ladra che aveva rubato al mondo il Principe Mitchell? Non poteva essere perfetta come sembrava; nessuno era così piacevole. Doveva avere dei segreti, senza dubbio. Subito dopo l’annuncio delle nozze, gli investigatori si misero al lavoro. Prima che Rachel Pallenberg indossasse il suo abito bianco per diventare Rachel Geary, avrebbero trovato qualcosa di scandaloso da raccontare, anche a costo di passare al setaccio l’intero stato dell’Ohio.
Mitchell non rimase immune a quel genere di interesse. Ricomparvero vecchi fantasmi sulle sue varie relazioni. La sua breve storia con la figlia tossicomane di un membro del Congresso; i suoi vari viaggi tra le isole dell’Egeo con un piccolo harem di modelle parigine; il suo appassionato legame con Natasha Morley che recentemente aveva sposato un nobile europeo, spezzandogli così il cuore (secondo alcune fonti). Uno dei giornali più accaniti arrivò persino a scovare un compagno di Mitchell dei tempi di Harvard, che dichiarò che il giovane Geary aveva un debole per le minorenni.
Nel caso Rachel fosse stata tentata di prendersela per quel tipo di attenzioni, Margie le portò una pila di riviste che la sua governante, Magdalene, aveva raccolto nei primi anni del suo matrimonio con Garrison, riviste che contenevano storie al vetriolo praticamente identiche a quelle che ora venivano scritte su lei e Mitchell. Le due donne erano diverse quasi in tutto: Rachel era minuta ed elegante, riservata; Margie era alta, appariscente e volubile. Eppure, in quella tempesta erano come sorelle.
“All’epoca me l’ero presa veramente a male”, disse Margie. “Ma ben presto ho cominciato a rimpiangere che nemmeno il dieci per cento di quello che dicevano su Garrison fosse vero. Sarebbe stato un uomo dannatamente più interessante.”
“Se sono tutte menzogne, perché qualcuno non li denuncia?” chiese Rachel.
Margie scrollò le spalle con aria rassegnata. “Se non si occupassero di noi, si occuperebbero di qualche altro povero figlio di puttana. E comunque se smettessero di scrivere questa merda, sarei costretta a ricominciare a leggere dei libri.” Finse di rabbrividire con fare teatrale.
“Allora tu leggi questa roba?”
Margie inarcò un sopracciglio. “E tu no?”
“Be’…”
“Tesoro, a tutti noi piace sapere chi si scopa chi. Fino a quando non siamo noi quel chi. Ma tieni duro. Tra non molto passeranno alla prossima fortunata concorrente.”
Margie l’aveva rassicurata proprio al momento giusto, perché la settimana successiva a quella conversazione cominciarono a giungere le prime notizie da Dansky. Niente di particolarmente doloroso; solo un ritratto alquanto squallido della città natale di Rachel e qualche fotografia della casa di sua madre, il prato incolto, la vernice scrostata. C’era anche un breve riassunto della vita di Hank Pallenberg. La particolare brevità di quel resoconto era una forma di crudeltà, pensò Rachel. Suo padre si sarebbe meritato qualcosa di meglio. Tuttavia il peggio doveva ancora venire. Un reporter rintracciò una donna che era stata in classe con Rachel alla scuola di odontotecnica. Il ritratto che la donna fece di lei fu tutt’altro che gradevole.