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Penaloza si affrettò a prendere la macchina fotografica. Quella sì che sarebbe stata una foto memorabile! Forse avrebbe potuto avvicinarsi ancora un po’, in modo da non lasciare dubbi sull’identità di Meredith. Con grande cautela, avanzò di qualche passo, pronto a scattare il più in fretta possibile e a darsela a gambe se fosse stato necessario. Ma le due donne erano completamente rapite l’una dall’altra; se la situazione si fosse riscaldata ulteriormente, la foto sarebbe stata impubblicabile.

Ormai non c’era più alcun dubbio sull’identità della giovane Bryson; non ora che aveva la testa gettata all’indietro in quel modo. Penaloza trattenne il fiato e scattò una foto. E un’altra ancora. Avrebbe voluto scattarne una terza, ma la seduttrice di Meredith ormai si era accorta di lui. Con una certa galanteria, si mise davanti alla giovane Bryson come per proteggerla, dando a Penaloza l’opportunità di scattarle una foto straordinaria, la camicia sbottonata fino alla vita. Il fotografo non rimase ad aspettare che la donna si mettesse a urlare.

“Via”, sogghignò; si voltò e si mise a correre. Ciò che accadde a quel punto lo confuse nel modo più assoluto. Invece di sentire le grida di una o di entrambe le donne, vi fu silenzio; il solo suono era quello dei suoi passi di corsa. E poi, all’improvviso, qualcuno lo afferrò per il colletto della camicia, lo fece girare su se stesso, e fu proprio lui a lanciare un grido quando il suo aggressore gli strappò di mano la macchina fotografica.

Tu, pezzo dì merda!

Era l’amante di Meredith, naturalmente; anche se doveva aver corso a una velocità soprannaturale per riuscire a raggiungerlo.

Quella è mia!” esclamò lui, cercando di afferrare la macchina.

“No”, replicò la donna, e se la gettò alle spalle.

“Non toccarla!” gridò Penaloza. “Quella macchina fotografica è di mia proprietà. Se non vuoi che ti citi in tribunale.”

“Oh, sta’ zitto”, lo interruppe la donna, e lo colpì in pieno volto, così violentemente da fargli lacrimare gli occhi.

“Non puoi farlo”, protestò lui. “E una violazione del Quinto Emendamento.”

La donna lo colpì ancora. “Emenda questo”, disse.

Penaloza era un uomo relativamente morale. Non provava piacere nel colpire le donne, ma certe volte era una necessità. Sbattendo le palpebre per scacciare le lacrime, finse un destro e assestò un sinistro alla mascella della donna. Quest’ultima lanciò un grido soddisfacente e arretrò barcollando, ma quasi subito, con grande sorpresa del fotografo, tornò ad avventarglisi contro con una forza tale da farli rotolare entrambi a terra.

“Gesù!” Penaloza sentì dire a qualcuno, e con la coda dell’occhio vide Buckminster in piedi a qualche metro da lui, impegnato a immortalare la scena.

Penaloza riuscì a liberare una mano e a indicare la macchina fotografica che era stata gettata nell’erba sul prato, non lontano dalla figlia del senatore. “Prendila!” gridò. “Buck! Testa di cazzo! Prendi la mia macchina fotografica!

Ma era già troppo tardi. La figlia di Bryson si affrettò a raccogliere la macchina e Buckminster — che aveva deciso di aver già rischiato anche troppo — girò sui tacchi e si dileguò. Penaloza lottò per sfuggire alla morsa della donna, ma lei, seduta a cavalcioni sul suo petto, lo tenne inchiodato a terra. Il fotografo non riuscì a fare altro che gemere come un bambino mentre la donna chiamava Meredith Bryson in tono quasi distratto.

“Apri la macchina, tesoro.” Meredith obbedì. “Ora tira fuori la pellicola.”

Penaloza ricominciò a gridare; alcuni invitati si stavano avvicinando per scoprire la ragione di tutto quel chiasso. Se uno di loro fosse riuscito a impedire a Meredith di esporre la pellicola alla luce, avrebbe potuto ancora avere le sue prove. Troppo tardi! La giovane Bryson stava tirando fuori la pellicola.

“Soddisfatta?” ringhiò Penaloza.

La donna rimase appollaiata su di lui, a riflettere sulla domanda per un istante. “Non ti ha mai detto nessuno quanto sei adorabile?” disse poi. Allungò la mano verso l’inguine del fotografo e gli strinse i testicoli in una morsa. “Ti ha mai detto nessuno che meravigliosa, irresistibile specie di uomo sei?” Strinse più forte. Lui singhiozzò. “No?” insistette la donna.

“… no…

“Bene. Perché non è così. Sei un inutile pezzo di merda di topo.” Strinse di nuovo. “Che cosa sei?” Se in quel momento Penaloza avesse avuto una pistola avrebbe volentieri fatto saltare le cervella a quella puttana. “Che. Cosa. Sei?” ripeté la donna, strizzandogli i testicoli a ogni sillaba.

“Merda di topo”, sussurrò Penaloza.

2

La donna che aveva steso Penaloza non era altri che la mia adorata Marietta. E ormai probabilmente la conoscete abbastanza bene da sapere che fu molto fiera di se stessa. Quando tornò qui all’Enfant, raccontò tutto a me e a Zabrina fin nei minimi particolari.

“Ma comunque perché diavolo ci sei andata, in ogni caso?” ricordo che le chiese Zabrina.

“Volevo combinare un po’ di guai”, rispose Marietta. “Ma una volta che sono arrivata là e ho bevuto qualche bicchiere di champagne, avevo solo voglia di scopare. Così ho trovato quella ragazza. Non sapevo chi fosse.” Sorrise maliziosa. “E nemmeno lei lo sapeva, povero tesoro. Ma mi piace pensare di averla aiutata a scoprirlo.”

C’è un ultimo dettaglio che credo di dovervi riferire, e riguarda la successiva vita sentimentale della figlia del senatore.

Circa un anno dopo il matrimonio di Rachel e Mitchell, chi se non una radiosa Meredith Bryson apparve sulla copertina di People per annunciare il suo ingresso nella tribù di Saffo?

All’interno della rivista, c’era un’intervista di cinque pagine corredata da diverse fotografie della figlia del senatore. In una si trovava nella sua casa di Charleston; in un’altra, era nel giardino posteriore in compagnia dei suoi due gatti; e in una terza, era insieme alla sua famiglia a una cerimonia presidenziale, dove appariva terribilmente annoiata.

“Mi è sempre interessata la politica”, aveva dichiarato nell’intervista.

Il reporter si era affrettato a passare a qualche argomento più scottante. Quando si era resa conto di essere lesbica?

“Conosco un sacco di donne che dicono di averlo sempre saputo”, aveva risposto. “Ma onestamente non ho mai avuto il sospetto finché non ho incontrato la persona giusta.”

Poteva dire ai lettori chi era quella donna fortunata?

“No, in questo momento preferirei di no”, aveva risposto Meredith.

“L’ha mai portata alla Casa Bianca?”

“Non ancora. Ma lo farò, uno di questi giorni. Io e la First Lady ne abbiamo parlato e lei ha detto che la mia compagna sarà la benvenuta.”

L’articolo continuava per diverse pagine senza aggiungere un granché. Ma dopo quel riferimento a una visita alla Casa Bianca, non ho potuto fare a meno di immaginare Marietta e Meredith nella camera da letto di Lincoln, avvinghiate sotto il ritratto di Abramo. Quella sì che era una fotografia per cui i giornali sarebbero stati disposti a sborsare qualsiasi cifra.

Quanto a Marietta, non riuscii a farle dire molto altro sulla figlia del senatore. Mi chiedo comunque se a un certo punto il destino dell’Enfant e le vite segrete di Capitol Hill non si intrecceranno ancora una volta. Dopotutto, questa casa è stata costruita da un presidente. Non mi sento di sostenere che sia stato il suo capolavoro — quello è certamente la Dichiarazione d’Indipendenza — ma le radici dell’Enfant sono così vicine a quelle dell’albero della democrazia che non possono non intrecciarsi. E se, come disse una volta Zelim il Profeta, l’evoluzione di tutte le cose è come la Ruota delle Stelle e quello che sembra essere passato finisce per ritornare prima o poi, è così assurdo supporre che la rovina dell’Enfant possa essere causata o accelerata dallo stesso potere che l’aveva creato?