Quelle riflessioni hanno messo Luman di umore malinconico, e d’improvviso ha detto di non volerne più parlare e se n’è andato. Ma verso l’alba, o poco dopo, è tornato a farmi visita per la terza volta. Non penso che avesse dormito. Probabilmente aveva continuato a vagare, immerso nei suoi pensieri.
“Ho preso qualche altro appunto”, mi ha detto, “per il capitolo su Cristo.”
“C’è anche Cristo nel tuo libro?” ho domandato.
“Deve esserci. Deve esserci”, ha risposto Luman. “Ci sono dei forti legami familiari.”
“Ma noi non apparteniamo alla stessa famiglia di Gesù, Luman”, ho obiettato. Poi, dubitando delle mie stesse parole: “O sì?”
“Nah. Ma anche lui era un pazzo, proprio come noi. Solo che gliene importava più di quanto abbia mai importato a noi.”
“Di cosa?”
“Di loro”, ha risposto Luman. “Dell’umanità. Del fottuto gregge. La verità è che non siamo mai stati dei pastori. Eravamo cacciatori. O almeno, lei lo era. Credo che a Nicodemus invece piacesse la vita domestica. Allevare cavalli. Era un ranchero, in fondo al cuore.” Ho sorriso a quelle sue ultime parole. Era vero. Nostro Padre, il costruttore di recinti.
“Forse avremmo dovuto curarci di più di loro”, ha continuato Luman. “Avremmo dovuto cercare di amarli, anche se loro non ci hanno mai amato.”
“Nicodemus li amava”, ho ribattuto. “Le donne, se non altro.”
“Ci ho provato”, ha detto Luman. “Ma poi muoiono, proprio quando cominci ad abituarli ad averle intorno.”
“Hai dei figli là fuori?” gli ho chiesto.
“Oh certo, ho dei bastardi.”
Non avevo mai pensato fino a quel momento che il nostro albero genealogico potesse avere rami ancora misteriosi. Ho sempre dato per scontato di conoscere tutto il clan dei Barbarossa. Ma evidentemente non era così.
“E sai dove si trovano?” ho domandato.
“No.”
“Ma potresti rintracciarli.”
“Suppongo di sì…”
“Se sono come me, sono ancora vivi. Invecchiano lentamente ma…”
“Oh certo, sono ancora vivi.”
“E non sei curioso di conoscerli?”
“Certo che lo sono”, ha risposto lui, con voce più aspra. “Ma riesco a malapena a restare sano di mente quando sono là, nella mia Casa del Fumo. Se uscissi a cercare i miei figli, sarei tormentato dai ricordi delle donne che mi sono portato a letto, e perderei anche quel poco equilibrio che mi è rimasto.” Ha scosso la testa con violenza, come per scrollarsi di dosso la tentazione.
“Forse… se mai me ne andrò di qui…” ho cominciato. Lui ha smesso di scuotere la testa e ha alzato lo sguardo su di me. Di colpo i suoi occhi hanno cominciato a luccicare: di lacrime ma, credo, anche di speranza. “Forse potrei cercarli per te…” ho continuato.
“Cercheresti i miei figli?”
“Sì.”
“Lo faresti davvero?”
“Sì. Naturalmente. Sarebbe… un onore.”
“ ‘Oh, fratello”, ha detto Luman. “Ma ci pensi? I miei figli.” La sua voce è diventata un sussurro rauco. “I miei figli.” Mi ha preso la mano; il suo palmo era elettrico contro il mio, come se l’agitazione gli stesse fuoriuscendo dai pori della pelle. “E quando lo faresti?” ha voluto sapere.
“Oh… be’… non potrei andarmene prima di aver finito il libro.”
“Il mio libro o il tuo?”
“Il mio. Il tuo dovrà aspettare.”
“Nessun problema. Nessun problema. Posso sopportarlo. E poi se sapessi che stai per riportarmi…” Non è riuscito a concludere la frase; era troppo emozionato. Mi ha lasciato andare la mano e si è coperto gli occhi. Le lacrime gli scorrevano sulle guance ora, e i suoi singhiozzi erano così forti che probabilmente lo hanno sentito tutti quelli che erano in casa. Alla fine si è ripreso abbastanza da riuscire a dire: “Ne parleremo ancora un’altra volta”.
“Quando vuoi”, gli ho detto.
“Sapevo che la nostra amicizia aveva uno scopo. Sei un grand’uomo, Maddox. E io non scelgo mai le parole a casaccio. Un grand’uomo.”
Dopodiché è uscito in veranda e si fermato solo un attimo per rubarmi l’ennesimo sigaro. Poi si è voltato. “Non so se questa informazione abbia una qualche utilità, ma ora che mi fido penso che dovrei dirtelo.”
“Che cosa?”
Luman ha cominciato a grattarsi la barba nervosamente, di colpo angosciato. “Ora penserai che sono davvero pazzo.”
“Coraggio, dimmi.”
“Be’… Ho una teoria. Su Nicodemus.”
“Sì?”
“Non credo che la sua morte sia stata un incidente. Penso che sia stato lui a organizzato tutto.”
“E perché mai avrebbe fatto una cosa simile?”
“Così avrebbe potuto fuggire da lei. Dalle sue responsabilità. So che può essere difficile per te sentire queste cose, fratello, ma credo che la presenza di tua moglie gli abbia fatto tornare in mente i bei vecchi tempi. Voleva un po’ di figa umana. E così ha dovuto andarsene.”
“Ma lo hai sepolto tu stesso, Luman, e io l’ho visto morire, proprio davanti ai miei occhi. Ero a terra, sotto gli stessi zoccoli che lo hanno ucciso.”
“Un cadavere non dimostra niente”, ha ribattuto Luman. “Lo sai. Ci sono modi di uscire, basta conoscerli. E se c’è qualcuno al mondo che li conosceva…”
“… quel qualcuno era lui.”
“Un imbroglione figlio di puttana, ecco chi era nostro padre. Imbroglione sessuomane.” Ha smesso di grattarsi la barba e ha scrollato le spalle, come per scusarsi. “Mi dispiace, forse è doloroso per te pensare a queste cose, ma…”
“No. Va benissimo.”
“Dobbiamo cominciare a essere onesti in questa casa, secondo me. Bisogna smetterla di fingere che fosse un santo.”
“Io non l’ho mai fatto, credimi. Ha preso mia moglie.”
“Vedi?” ha detto Luman. “Stai mentendo a te stesso. Lui non ti ha portato via Chiyojo. Sei stato tu a lasciargliela, Maddox.” Notando l’espressione rabbiosa nei miei occhi, ha esitato per un istante. Ma poi ha deciso di tenere fede al suo proposito e di dire la verità, per come la vedeva, per quanto sgradevole potesse essere. “Avresti potuto impedirlo, nel momento in cui la cosa stava succedendo tra loro. Avresti potuto andartene nel cuore della notte con lei e lasciare che lui si raffreddasse. Ma sei rimasto. Ti sei accorto che le aveva messo gli occhi addosso, e sei rimasto, anche se sapevi che lei non sarebbe stata in grado di dirgli di no. Sei stato tu a lasciargliela, Maddox, perché volevi che lui ti amasse.” Ha abbassato lo sguardo. “Non posso biasimarti. Probabilmente avrei fatto lo stesso al posto tuo. Ma non pensare di poterti staccare da tutto questo e restare a guardare. Sei immerso nella merda tanto quanto lo siamo noi altri.”
“Faresti meglio ad andartene”, ho replicato con calma.
“Me ne vado, me ne vado. Ma rifletti su quello che ti ho detto. Ti accorgerai che è la verità.”
“Non tornare per un po’ ”, ho aggiunto. “Perché non sarai il benvenuto.”
“Aspetta, Maddox.”
“Vattene”, gli ho intimato. “Cerca di non peggiorare le cose.”
Mi ha rivolto un’espressione addolorata. Ovviamente, si stava pentendo di ciò che aveva appena detto; con poche parole aveva distrutto la fiducia reciproca che avevamo instaurato da poco. Ma sapeva che sarebbe stato inutile cercare di rimediare. Ha distolto lo sguardo triste da me, si è voltato e se n’è andato.
Cosa posso dire della terribile accusa che mi ha mosso Luman? Molto poco, mi sembra. Ho riferito il più onestamente possibile i punti salienti delle nostre conversazioni, e tornerò a parlarne anche più avanti, quando avrò una visione più obiettiva delle cose. Probabilmente è inutile che vi dica che non sarei stato così distratto da tutto questo, e che non avrei sentito il bisogno di raccontarlo come ho appena fatto, se non pensassi che c’è qualcosa di vero nelle sue parole. Ma ammetterlo è tutt’altro che facile, per quanto possa sforzarmi di essere onesto con me stesso e con voi. Se credessi all’interpretazione di Luman, allora la colpa della morte di Chiyojo sarebbe mia; così come quella delle mie stesse ferite e degli anni di solitudine e dolore che ho trascorso seduto qui. È difficile accettare tutto questo e non sono sicuro di esserne in grado. Ma vi garantisco che se riuscirò a scendere a patti con questo sospetto, le pagine che state leggendo saranno le prime a saperlo.