Basta così. È tempo di tornare alla storia di Rachel e Mitchell Geary. Tra non molto, vi saranno grandi sofferenze. Molte pagine fa vi ho promesso di parlarvi di disperazioni così profonde da farvi sentire un po’ più felici di ciò che avete. Be’, adesso sono io ad avere bisogno del conforto delle lacrime altrui.
Dodici
1
Il lunedì dopo il regalo di Mitchell, Rachel si svegliò con il peggior mal di testa della sua vita, così doloroso da annebbiarle la vista. Prese un’aspirina e tornò a letto, ma il dolore continuava a tormentarla, così telefonò a Margie che le disse che sarebbe stata da lei il prima possibile e che l’avrebbe portata dal dottor Waxman. Quando arrivarono allo studio, Rachel ormai stava tremando per il dolore: non solo per il mal di testa ma anche per gli spasmi terribili che le squassavano lo stomaco. Waxman era molto preoccupato.
“La farò subito ricoverare al Mount Sinai”, le disse. “C’è un certo dottor Hendrick là, è straordinario; voglio che la visiti il prima possibile.”
“Che cos’ho?” chiese Rachel.
“Niente di grave, mi auguro. Ma non voglio correre rischi.”
Nonostante la nebbia di dolore che l’avvolgeva, Rachel riuscì a percepire l’ansia nella voce del medico.
“Non sto per perdere il bambino, vero?” chiese.
“Faremo tutto il possibile.”
“Non posso perdere il bambino. ”
“In questo momento la cosa più importante è la sua salute, Rachel”, disse Waxman. “E nessuno è più in gamba di Gary Hendrick, mi creda. È in ottime mani.”
Un’ora più tardi, Rachel era in una camera privata del Mount Sinai. Hendrick andò a visitarla e le comunicò con estrema calma che c’erano alcuni segni preoccupanti — la pressione sanguigna troppo alta, una piccola emorragia — e che l’avrebbe tenuta sotto stretta osservazione. Le aveva somministrato un antidolorifico che ora stava cominciando ad agire. Deve solo riposarsi, le disse; ci sarà sempre un’infermiera qui con lei, se avrà bisogno di qualcosa dovrà solo chiedere.
Nel frattempo, Margie si era messa in cerca di Mitchell, e quando Hendrick se ne andò, informò Rachel che non era ancora riuscita a rintracciarlo ma che la sua segretaria le aveva detto che probabilmente era a un incontro d’affari e che avrebbe chiamato molto presto.
“Andrà tutto bene”, la consolò Margie. “Ogni tanto a Waxman piace essere melodrammatico. Lo fa sentire importante.”
Rachel sorrise. L’antidolorifico le faceva sentire le braccia, le gambe e le palpebre sempre più pesanti. Tuttavia resistette alla tentazione di dormire. Non era certa di come si sarebbe comportato il suo corpo in sua assenza.
“Mio Dio”, disse Margie, “questo è veramente strano per me.”
“Che cosa?”
“È l’ora del cocktail e non sto bevendo il mio cocktail.”
Rachel sogghignò. “Waxman dice che dovresti smettere.”
“Dovrebbe provare a essere sposato con Garrison e restare sobrio”, scherzò Margie.
Rachel aprì la bocca per replicare ma proprio in quell’istante una strana sensazione le riempì la gola, come se di colpo avesse inghiottito qualcosa. Si portò una mano alla gola e dalle labbra le sfuggì un grido spaventato.
“Che cosa c’è, tesoro?” volle sapere Margie.
Ma Rachel non riuscì a sentirla; un suono fragoroso le riecheggiava nella testa, come se una diga fosse crollata tra le sue orecchie. Con la coda dell’occhio vide l’infermiera alzarsi in piedi, un’espressione allarmata sul viso. Poi il suo corpo fu scosso da convulsioni così violente che quasi cadde dal letto. Rachel aveva già perso i sensi, quando gli spasmi cessarono.
Mitchell arrivò al Mount Sinai alle otto meno un quarto. Quindici minuti prima, Rachel aveva perso il bambino.
2
Quando Rachel si sentì abbastanza in forze da mettersi seduta e parlare — ci vollero otto o nove giorni — Waxman andò a farle visita e con i suoi modi gentili e paterni le spiegò che cos’era successo. Si era trattato di un caso di eclampsia, una condizione piuttosto rara; le cause non erano ancora note ma si dimostrava spesso fatale sia per la madre sia per il bambino. Era stata fortunata. Naturalmente, la perdita del bambino era una tragedia ed era profondamente addolorato, ma aveva parlato con Hendrick che gli aveva assicurato che Rachel stava riacquistando le forze ogni giorno di più e che ben presto avrebbero potuto dimetterla. Se avesse voluto conoscere altri dettagli su quanto le era capitato, sarebbe stato felice di spiegarglieli approfonditamente. Nel frattempo, il suo compito era uno solo: lasciarsi alle spalle quel tragico evento.
Quella spiegazione medica non significava molto per Rachel, e a dire il vero non ci credeva più di tanto. Qualunque cosa le raccontassero i dottori, Rachel aveva una sua teoria su quanto era accaduto: semplicemente il suo corpo si era rifiutato di generare un Geary. Il suo sé più profondo aveva mandato un messaggio al suo grembo, e il suo grembo al suo cuore, e insieme avevano cospirato per sbarazzarsi del bambino. In altre parole, era colpa sua se il piccolo era morto prima ancora di venire alla luce. Se solo fosse stata in grado di amarlo, il suo corpo avrebbe saputo difenderlo. Era stata colpa sua. Solo colpa sua.
Non parlò con nessuno di quella sua convinzione. Quando lasciò l’ospedale dopo due settimane di convalescenza, Mitch le propose di parlare con un terapeuta per riuscire a superare il trauma.
“Waxman mi ha detto che per un po’ le cose non saranno facili per te”, spiegò. “È come perdere qualcuno che si ama anche se non lo conoscevi ancora. Dovresti parlarne, sarà più facile superarlo.”
Rachel non poté fare a meno di notare che, per Mitch, tutto quello che era accaduto riguardava solo lei: era lei a soffrire, era lei ad aver perso il bambino, non lui. E tutto questo, da un punto di vista irrazionale, sembrava supportare la sua tesi. Mitch sapeva che cosa aveva fatto; probabilmente la odiava.
Comunque Rachel si rifiutò di parlare con un terapeuta: quel lutto era solo suo e non lo avrebbe diviso con nessuno. Forse sarebbe servito a riempire il vuoto lasciato dal bambino.
Non le mancarono le visite. Sherrie venne dall’Ohio il giorno dopo la morte del bambino e non lasciò quasi mai l’ospedale per tutto il periodo del suo ricovero. Deborah e Margie andavano e venivano. Persino Garrison andò a trovarla, anche se era talmente a disagio che alla fine Rachel gli disse che avrebbe fatto meglio ad andarsene. Lui fu felice di accettare quel consiglio e le promise che sarebbe tornato il giorno dopo. Ma naturalmente non tornò, e Rachel ne fu felice.
“Dove vuoi andare quando uscirai di qui?” le chiese Mitchell dopo una decina di giorni. “Vuoi stare nel tuo attico o stare da Margie per un po’?”
“Sai dove vorrei andare?” gli disse lei.