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“Dimmi e sarà fatto.”

“Nella casa di George.”

“A Caleb’s Creek?” La guardò perplesso, chiedendosi perché avesse scelto proprio quel luogo. “È così lontano dalla città.”

“È questo che voglio”, rispose lei. “Non me la sento di ricevere visite in questo momento. Voglio solo… nascondermi per un po’. Riflettere su quello che è successo.”

“Non pensarci troppo”, disse Mitchell. “Non ti farà bene. Il bambino non c’è più, e niente può riportarlo in vita.”

“Era un maschio…?” chiese lei a bassa voce. Si era trattenuta dal domandarlo, anche se Waxman si era detto pronto a risponderle se solo avesse voluto saperlo.

“Sì”, rispose Mitchell, “era un maschio. Pensavo che lo sapessi.”

“Avevamo dei nomi migliori per un maschio che per una femmina”, mormorò Rachel, sentendosi prossima alle lacrime. “A te piaceva Laurence, giusto?”

“Rachel, non fare così…”

“A me piaceva Mackenzie.”

“Ti prego. Mio Dio. Rachel.”

“Il guaio di Mackenzie… è che tutti…” Non riuscì più a trattenere il pianto “… lo avrebbero chiamato Mac…”

Si mise una mano sulla bocca per soffocare i singhiozzi. Ma non ci riuscì. “A lui non sarebbe piaciuto Mac”, pianse, cercando un fazzoletto per asciugarsi gli occhi.

In quel momento, alzò lo sguardo su Mitchell. Lui si era voltato, ma Rachel riuscì comunque a vedere il suo viso straziato dal dolore, il corpo scosso dai singhiozzi. Sentì un’improvvisa ondata d’amore per lui.

“Oh, mio povero tesoro”, disse lei.

“Scusami. Non dovrei.”

“No. Tesoro. No.” Aprì le braccia per stringerlo. “Vieni qui.” Mitchell scosse la testa e non si girò verso di lei. “Non devi vergognarti. Piangere fa bene.”

“No. No, non voglio… Non voglio piangere. Voglio essere forte, per tutti e due.”

“Ti prego, vieni qua”, ripeté lei.

Riluttante, Mitch si voltò verso di lei. Aveva il volto umido e arrossato, il mento tremante. “Oh Dio, oh Dio, oh Dio. Perché è successa una cosa del genere? Non abbiamo fatto niente per meritarcelo.”

Sembrava un bambino che era appena stato punito senza sapere il perché. Un bambino che piangeva tanto per l’ingiustizia della sua sofferenza quanto per la sofferenza stessa.

“Lascia che ti stringa”, sussurrò lei. “Ho bisogno di abbracciarti.”

Lui le si avvicinò e lei lo strinse a sé. Mitch sapeva di sudore vecchio, e anche la sua acqua di colonia aveva un odore aspro.

“Perché?” singhiozzò. “Perché? Perché?”

“Non so perché”, rispose Rachel. In quel momento il suo stesso senso di colpa le sembrò orribilmente inutile. Mitchell aveva sofferto in silenzio per tutto il tempo, e lei aveva semplicemente scelto di non accorgersene. Ma adesso, guardandolo attraverso le lacrime, lo vedeva più chiaramente di quanto lo avesse visto da molte settimane a quella parte: i capelli grigi sulle tempie, le occhiaie profonde, le labbra screpolate.

“Povero caro…” mormorò, e gli baciò la fronte.

Lui le premette il volto sul seno, ed entrambi continuarono a singhiozzare, cullandosi a vicenda.

Da quel momento in poi le cose cominciarono a migliorare. Rachel in fondo non era sola col suo dolore. A modo suo, Mitchell soffriva quanto lei e quel fatto le era di conforto. In ospedale non fu l’ultima volta in cui piansero insieme — in molte altre occasioni capitò che qualcuno dicesse qualcosa che coglieva uno dei due con la guardia abbassata, e anche gli occhi dell’altro si riempivano subito di lacrime. Ma attorno a Rachel non c’era soltanto oscurità assoluta; si cominciava a intravedere la possibilità che presto o tardi la sua tristezza sarebbe sfumata e che avrebbe ricominciato a vivere.

Non avrebbe più potuto avere bambini; il dottor Waxman era stato assolutamente chiaro su quel punto. Se, per qualche sfortunato incidente, Rachel fosse rimasta di nuovo incinta, avrebbe dovuto abortire il prima possibile per evitare che il suo corpo fosse sottoposto a un’eccessiva quantità di stress.

“Sono così fragile?” domandò lei al dottore quando le ebbe spiegato la situazione. “Non mi sento affatto fragile.”

“È vulnerabile, diciamo così”, rispose Waxman. “In ogni altro aspetto della vita, può vivere un’esistenza perfettamente normale. Ma quanto ad avere figli…” Scrollò le spalle. “Certo, comunque ne potrà sempre adottare.”

“Non so se i Geary approverebbero.”

Lui inarcò un sopracciglio. “Forse in questo momento è ancora troppo sensibile”, disse. “Il che è del tutto normale, date le circostanze. Ma credo che se chiedesse a Mitch o a sua madre o persino al vecchio Cadmus cosa ne pensano, rimarrebbe sorpresa nello scoprire quanto possono essere aperti all’idea dell’adozione. E in ogni caso non deve pensarci adesso. Ora deve solo prendersi cura di se stessa. Mitch mi ha detto che si trasferirà per un po’ nella casa di suo padre.”

“Mi piacerebbe molto.”

“È una regione bellissima. Non mi dispiacerebbe trasferirmi da quelle parti quando andrò in pensione. A mia moglie non importava, ma adesso è morta…”

“Oh, mi dispiace. È successo di recente?”

Il sorriso di Waxman era scomparso. “L’anno scorso”, rispose. “Aveva il cancro.”

“Mi dispiace molto.”

Il dottore sospirò; un sospiro triste. “Non credo che abbia voglia di sentire il suo vecchio medico raccontarle banalità, ma lasci che le dica questo: si vive solo una volta, Rachel, e nessuno può vivere al posto nostro. Questo significa che deve pensare bene a quello che vuole. Una porta si chiude, e questo è uno choc terribile. Ma ci sono molte altre porte, specialmente per una donna nella sua posizione.” Si chinò in avanti, facendo scricchiolare il cuoio della sua poltrona. “Deve fare una cosa per me.”

“Che cosa?”

“Deve promettermi che non finirà come Margie. Sono anni che la vedo scavarsi la fossa bicchiere dopo bicchiere, senza poterci fare niente.” Gli sfuggì un altro sospiro addolorato. “Mi dispiace. Ora è meglio che chiuda il becco.”

“No…” mormorò Rachel. “Mi fa piacere ascoltarla.”

“Una volta non ero così incline alla malinconia. Ma da quando Faith mi ha lasciato, vedo le cose in modo diverso. Sa, sono stato con lei per quarantanove anni. Quando l’ho conosciuta ne aveva sedici. Così, ho visto tutta una vita passare e andarsene. E questo mi ha portato a pensare a certe cose in modo diverso.”

“Sì…”

“Dopo la morte di Faith ho detto a un mio collega che mi sentivo come se fossi stato catapultato nello spazio, come se stessi guardando tutto ciò che mi era sembrato così eterno solo per rendermi conto che non vedevo altro che una fragile roccia blu in tutto quel… niente.” Lo sguardo gli si svuotò, mentre parlava; e quando sollevò di nuovo gli occhi su Rachel, lei ebbe l’impressione di poter vedere dentro di lui, dentro una solitudine terrorizzante.

“Cerchi solo di essere felice”, le disse dolcemente. “Lei è una brava persona, Rachel. Ne sono certo. E merita di essere felice. Per cui faccia ciò che l’istinto le dice di fare, e se i Geary non sono d’accordo, se ne vada per la sua strada.” Quelle parole le tolsero il fiato. “Naturalmente se riferirà a qualcuno quel che le ho appena detto, negherò tutto. Spero che Cadmus mi regali un piccolo pezzo di terra quando me ne andrò in pensione, per essermi preso cura dei suoi figli e dei suoi nipoti in tutti questi anni.”

“Metterò una buona parola per lei”, gli promise Rachel.

Tredici

1

Ci sono occasioni in cui la responsabilità di un narratore e quelle di un semplice testimone finiscono per contraddirsi a vicenda. Per esempio, se vi avessi detto fin dal primo momento che la ragione principale della separazione di Mitch e Rachel fu la morte del loro bambino, avrei privato di ogni suspense i capitoli precedenti. Ma non credo di aver distorto i fatti. Ho cominciato questa parte del mio racconto dicendovi che non vi fu un unico evento tragico alla base della fine del loro matrimonio, e sono ancora convinto di questo. Se il bambino fosse sopravvissuto, forse Rachel sarebbe rimasta con Mitchell ancora un po’, ma presto o tardi lo avrebbe lasciato. Il loro matrimonio era nei guai prima della gravidanza, e il solo effetto che ebbe la morte del bambino fu quello di accelerarne il crollo.