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La ragazza adesso era in stato di choc e Marietta aveva esaurito la pazienza con lei, per cui stava cercando di convincere Zabrina a preparare uno dei suoi dolci speciali per cancellare la memoria della giovane. Poi Marietta l’avrebbe riportata a casa e avrebbero potuto dimenticare per sempre quella spiacevole faccenda.

“Te l’ho già detto l’ultima volta, non approvo.” In circostanze normali, la voce di Zabrina è esile e debole; adesso era decisamente stridula.

“Oh Signore”, ha ribattuto Marietta stancamente. “Non essere così moralista.”

“Sai benissimo che dovresti tenere la gente normale lontana da questa casa”, ha continuato Zabrina. “Portare qui qualcuno significa andare a cercarsi dei guai.”

“Lei è speciale”, ha replicato Marietta.

“E allora perché vuoi che le cancelli la memoria?”

“Perché ho paura che potrebbe impazzire, se non lo farai.”

“Che cos’ha visto?”

Una pausa. “Non lo so”, ha ammesso alla fine Marietta. “È troppo sconvolta per dire qualcosa di sensato.”

“Be’, dove l’hai trovata?”

“Sulle scale.”

“Non ha visto la mamma?”

“No, Zabrina. Non ha visto la mamma. Se l’avesse vista…”

“Sarebbe morta.”

“…sarebbe morta.”

Un’altra pausa. E, alla fine, Zabrina ha detto: “Se faccio questo per te…”

“Sì?”

Quid pro quo.

“Questa non è solidarietà tra sorelle”, ha borbottato Marietta. “Comunque, d’accordo. Quid pro quo. Che cosa vuoi?”

“Non lo so ancora”, ha risposto Zabrina. “ma qualcosa mi verrà in mente, non preoccuparti. E sarà qualcosa che non ti piacerà. Farò in modo che sia così.”

“Come sei sciocca”, ha commentato Marietta.

“Stammi a sentire. Vuoi che lo faccia oppure no?”

Di nuovo, una pausa. “È in camera mia”, ha detto Marietta. “Ho dovuto legarla al letto.”

Zabrina ha ridacchiato.

“Non è affatto divertente.”

“Oh sì, invece, sono tutte divertenti”, ha replicato Zabrina. “Menti deboli, cuori deboli. Non troverai mai qualcuna che possa stare davvero con te. Ma questo lo sai, vero? È impossibile. Resteremo soli, fino alla fine.”

Un’ora più tardi, Marietta è comparsa nella mia stanza. Aveva il volto cinereo; i suoi occhi grigi erano pieni di tristezza.

“Hai sentito la nostra conversazione”, mi ha detto. Non mi sono scomodato a risponderle. “A volte quella stronza mi fa venire voglia di prenderla a schiaffi. Con tutta la forza che ho. Non che sentirebbe qualcosa. Grassa com’è.”

“Il fatto è che non sopporti di essere in debito con qualcuno.”

“Non mi darebbe fastidio esserlo con te”, ha detto lei.

“Io non conto.”

“Già, immagino che tu abbia ragione”, ha borbottato. Poi, notando l’espressione sul mio volto: “E adesso cos’ho detto? Ho detto che sono d’accordo con te, Cristo santo! Perché devono essere tutti così suscettibili da queste parti?” È andata alla mia scrivania e ha esaminato il contenuto della bottiglia di gin. Ne restava a malapena un bicchiere. “Ne hai dell’altro?”

“Ce n’è mezza cassa nell’armadio della mia camera da letto.”

“Ti dispiace se…?”

“Serviti pure.”

“Sai, dovremmo parlare più spesso io e te, Eddie”, mi ha gridato mentre cercava il gin. “Dovremmo conoscerei meglio. Io non ho niente in comune con Dwight, e Zabrina da un paio di mesi a questa parte è di un umore a dir poco orrendo. È diventata talmente obesa ultimamente, Eddie. L’hai vista? Insomma, è così schifosamente grassa.”

Anche se sia Zabrina sia Marietta insistono nel dire che sono completamente diverse l’una dall’altra — e questa, sotto molti aspetti, è la verità — hanno in comune alcune qualità essenziali. In fondo all’anima sono entrambe donne determinate, testarde e ossessive. Ma se Marietta, che ha undici anni meno di Zabrina, si è sempre vantata di essere atletica, ed è snella quanto può esserlo una donna senza perdere le forme, Zabrina ormai da anni ha ceduto alla sua passione per i cioccolatini e per la torta di noci. Di tanto in tanto la vedo dalla mia finestra aggirarsi rotondamente per il prato. L’ultima volta che l’ho avvistata doveva pesare più o meno centocinquanta chili. (Siamo, lo avrete sicuramente capito ormai, un gruppo di persone ferite nel profondo. Ma, credetemi, quando conoscerete meglio le circostanze delle nostre vite, rimarrete stupiti da quanto possiamo essere funzionali.)

Marietta è tornata con una nuova bottiglia di gin, ha svitato il tappo e se ne è versata una dose generosa.

“Perché tieni tutti quei vestiti nell’armadio?” mi ha chiesto, buttando giù una sorsata. “Non credo avrai più l’occasione di indossarli, la maggior parte almeno.”

“Immagino che questo voglia dire che hai messo gli occhi su qualcosa.”

“La giacca dello smoking.”

“Prendila pure.”

Si è sporta in avanti e mi ha baciato su una guancia. “Ti ho sottovalutato per tutti questi anni”, ha detto, e si è affrettata ad andare a prendere la giacca prima che potessi cambiare idea.

“Ho deciso di scrivere il libro”, le ho detto quando è tornata.

Lei ha gettato la giacca sulla poltrona di Nicodemus e quasi si è messa a danzare per l’eccitazione. “Ma è magnifico”, ha esclamato. “Oh mio Dio, Eddie, ci divertiremo un sacco, tu e io.”

“Tu e io?”

“Sì, tu e io. Voglio dire, per la maggior parte del tempo sarai tu a scrivere, ma io ti aiuterò. Ci sono un mucchio di cose che non sai. Storie scabrose su Cesaria che lei stessa mi ha raccontato quando ero piccola.”

“Forse dovresti abbassare la voce.”

“Non può sentirmi. Ormai sta sempre nelle sue stanze.”

“Non abbiamo idea di cosa può sentire”, le ho fatto notare. Si racconta che Cesaria avesse ordinato a Jefferson di progettare la casa in modo che convogliasse tutti i suoni nelle sue stanze (nelle quali, tra l’altro, né io né Marietta abbiamo mai messo piede). Questa storia potrebbe essere apocrifa ma non ne sono così sicuro. Anche se sono trascorsi molti, molti mesi dall’ultima volta che l’ho vista, non ho difficoltà a credere che sia seduta lì, nel suo boudoir, ad ascoltare i suoi figli e i figli di suo marito che cospirano, piangono e poco alla volta perdono la ragione. Probabilmente, tutto questo le piace.

“E allora, anche se può sentirmi? Dovrebbe essere felice che ci imbarchiamo in un’impresa simile. Insomma, sarà la storia dei Barbarossa. La renderà immortale.”

“Sempre che non lo sia già.”

“Oh no… Sta invecchiando. Zabrina la vede spesso e dice che la vecchia stronza si sta indebolendo.”

“Trovo difficile immaginarlo.”

“È stato proprio questo a farmi venire l’idea per il nostro libro.”

“Non è il nostro libro”, ho puntualizzato. “Se lo farò, lo farò a modo mio. Il che significa che non sarà semplicemente la storia dei Barbarossa.”

Marietta ha svuotato il bicchiere. “Capisco”, ha detto, con voce leggermente più fredda. “E allora cosa sarà?”