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Sherrie si limitò a mentire. Disse a tutti di non essersi sentita molto bene ultimamente e di aver chiesto a Rachel di venire a passare qualche giorno da lei. “E no”, aggiungeva immancabilmente, “Mitchell non è venuto con lei. Quindi puoi smetterla di sperare in un invito per conoscerlo.”

Quella menzogna funzionò bene. Dopo meno di una decina di telefonate, si sparse la voce che se anche ci fosse stato qualcosa su cui valesse la pena spettegolare, Sherrie Pallenberg non aveva intenzione di collaborare.

“Naturalmente questo non gli impedirà di parlare”, commentò Sherrie. “Sai, non hanno niente di meglio da fare. Maledetta città.”

“Credevo che ti piacesse, qui”, le disse Rachel.

Erano sedute in cucina e stavano pranzando.

“Se tuo padre fosse ancora vivo, le cose sarebbero diverse. Ma sono da sola. E che razza di amiche mi ritrovo? Solo altre vedove.” Alzò gli occhi al cielo. “Ci ritroviamo per giocare a bridge o per un brunch… e sono tutte care persone davvero e non vorrei sembrare un’ingrata ma, mio Dio, dopo un po’ rischio di morire di noia quando le ascolto parlare di tende e soap opera e di quanto raramente vedano i loro figli.”

“Questa è una delle tue lamentele?”

“No, no. Devi vivere la tua vita. Non mi aspetto che tu sia qui da me ogni cinque minuti.”

“Potresti vedermi più spesso nel prossimo futuro”, disse Rachel.

Sua madre scosse la testa. “Tu e Mitch state solo attraversando un brutto periodo. Ne verrete fuori quanto prima, vedrai.”

“Non credo che sia così semplice”, sospirò Rachel. “Non siamo fatti l’uno per l’altra.”

“Nessuno lo è mai”, replicò la madre con noncuranza.

“Non parli sul serio.”

“Sì, invece. Tesoro, ascoltami. Nessuno, e dico nessuno, è mai perfettamente fatto per qualcun altro. Bisogna accettare compromessi. Grandissimi compromessi. Io l’ho fatto con Hank e sono sicura che se Hank fosse vivo direbbe esattamente la stessa cosa per quanto riguarda me. Abbiamo deciso di far funzionare il nostro matrimonio. Credo…” si permise un piccolo sorriso malinconico, “… credo che ci fossimo resi conto che non avremmo mai avuto più di quanto avessimo insieme. So che non suona affatto romantico, ma è andata proprio così. E sai, una volta che ho accettato il fatto che non era il Principe Azzurro — che era soltanto un uomo qualunque che scorreggiava tra le lenzuola e non riusciva a non guardare le cameriere carine — sono stata molto felice.”

“Il fatto è che Mitch non guarda le cameriere.”

“Be’… sei fortunata. Allora qual è il problema?”

Rachel posò la forchetta e fissò il piatto. “Ho così tante cose per cui essere grata”, disse, come se stesse recitando una preghiera. “Lo so. Mio Dio, quando penso a quanto mi ha dato Mitchell…”

“Stai parlando di cose?”

“Sì, naturalmente.”

Sherrie fece un gesto come per scacciare quell’ultima affermazione. “Questo non significa niente. Avrebbe potuto regalarti mezza New York e non essere comunque un buon marito.”

“Ma lui è un buon marito. È solo che penso che non mi apparterrà mai nel modo in cui papà apparteneva a te.”

“A causa della sua famiglia?”

Rachel annuì. “Non voglio sentirmi in competizione con loro per ottenere la sua attenzione, ma è così che mi sento.” Sospirò. “Non posso nemmeno portarti un esempio di qualcosa che fanno per dimostrartelo. È solo che mi sento esclusa.”

“Da che cosa, tesoro?”

“Sai, non so dirtelo con precisione”, rispose Rachel. “È solo una sensazione…” Sbuffò. “Forse il problema è tutto qui.” Si toccò il petto con le dita. “Dentro di me. Non ho il diritto di non essere felice.” Alzò lo sguardo su sua madre, gli occhi che luccicavano di lacrime. “O forse mi sbaglio. Ecco, davvero, che diritto ho di essere infelice? Quando penso alla signora Bedrosian, a come ha perso la sua famiglia…”

Judith Bedrosian aveva perso suo marito e i suoi tre figli in un incidente d’auto quando Rachel aveva quattordici anni. Tutto ciò per cui aveva vissuto — il significato stesso della sua esistenza — le era stato tolto in un solo terribile istante. Eppure era riuscita ad andare avanti, giusto?

“Siamo tutti diversi”, rispose Sherrie. “Non so come abbia fatto la povera Judith ad accettare quello che le è successo, e sai cosa ti dico? Forse non l’ha mai accettato. Il modo in cui le persone si comportano e il modo in cui si sentono in fondo al cuore non sono mai la stessa cosa. Mai. Io so che passa ancora dei momenti tremendi anche dopo tutti questi anni. Ci sono periodi in cui non la vedo per giorni e giorni e so che passa le sue ore a piangere. E a Natale so che va nel Wisconsin da sua sorella, anche se quella donna non le piace per niente, perché non riesce a sopportare la solitudine. I ricordi sono troppi. E così…” Sospirò, come se sentisse su di sé anche il peso del dolore di Judith. “Chi lo sa? Tutto quello che puoi fare è affrontare le cose il meglio possibile. Personalmente, sono una grande sostenitrice del Valium, preso in dosi ragionevoli. Ma ciascuno ha il suo metodo.”

Rachel ridacchiò. Aveva sempre saputo che sua madre, a modo suo, era divertente, ma col passare degli anni la raffinatezza di Sherrie diventava sempre più evidente. Sotto quell’apparenza di donna di una piccola città di provincia, si celava una niente brillante capace di una forza e di una determinazione che la figlia sperava di aver ereditato.

“E adesso?” chiese Sherrie. “Chiederai il divorzio?”

“No, naturalmente no”, rispose Rachel.

“Perché ti sembra un’idea tanto assurda? Se non lo ami…”

“Non ho detto questo.”

“… se non puoi vivere con lui, allora.”

“Non ho detto nemmeno questo. Oddio, non lo so. Margie ha detto che dovrei divorziare. Ottenere un accordo vantaggioso. Ma non voglio restare sola.”

“Non resteresti sola.”

“Mamma, tu pensi che dovrei lasciarlo?”

“No, sto solo dicendo che non saresti sola. Non per molto. Quindi, non è una buona ragione per andare avanti con un matrimonio che non ti sta dando quello che vuoi.”

“Mi stupisci”, disse Rachel. “Sul serio. Ero assolutamente certa che mi avresti detto che avrei fatto meglio a tornare sui miei passi e a dare al nostro matrimonio una seconda possibilità.”

“La vita è troppo breve”, replicò Sherrie. “Non è questo che ti avrei detto qualche anno fa, ma col passare del tempo le opinioni cambiano.” Allungò una mano per accarezzare il volto di sua figlia. “Non voglio che la mia bellissima Rachel sia infelice per un istante di più.”

“Oh, mamma…”

“Per cui, se vuoi lasciare quell’uomo, lascialo. Al mondo ci sono molti altri bellissimi miliardari.”

Diciassette

Quella sera Deanne le aveva invitate a un barbecue della parrocchia, e aveva assicurato a Rachel che gli invitati sarebbero stati tutte persone che conosceva e che le piacevano, a cui aveva già spiegato che non avrebbero dovuto tempestarla di domande sulla sua nuova vita. Ma, nonostante questo, Rachel non era convinta. Deanne le aveva detto che avrebbe preso un suo rifiuto come un affronto personale, e alla fine l’aveva convinta. Quando arrivarono al barbecue, comunque, Rachel perse la protezione di sua sorella. I bambini si allontanarono per giocare e Deanne — nonostante la promessa di starle sempre vicino — la lasciò sola dopo meno di cinque minuti per andare a chiacchierare con l’ospite. Rachel rimase circondata da sconosciuti che sembravano conoscerla anche troppo bene.

“Ho visto te e tuo marito alla televisione qualche settimana fa”, disse una delle donne che si presentò come Kimberly, la seconda migliore amica di Deanne, qualunque cosa significasse. “Era una di quelle serate di gala. Sembrava che vi divertiste tutti un mondo. Ho detto a Frankie — quello è mio marito, Frankie, laggiù con l’hot dog; lavorava con il marito di tua sorella — gli ho detto: non ti sembra che si divertano tutti un mondo? Sai, era tutto così luminoso.”