“L’inizio è sempre la parte più diffìcile”, ha detto.
“Be’, in effetti ho già iniziato…” ho replicato, in tono esitante. Benché non avesse mai detto né fatto niente per intimidirmi, ero ancora spaventato — forse ingiustamente — al pensiero che potesse attaccarmi in qualche modo.
“Come?” ha domandato.
“Come ho iniziato?”
“Sì.”
“Con la casa, naturalmente.”
“Ah…” Ho percepito il sorriso nella sua voce. “Con il signor Jefferson?”
“Con il signor Jefferson.”
“È stata una buona idea. Iniziare da lì. Con il mio fantastico Thomas. Sai, è stato l’amore della mia vita.”
“Jefferson?”
“Pensi che avrebbe dovuto esserlo tuo padre?”
“Be’…”
“Non era niente di simile all’amore con tuo padre. È diventato amore, ma non è così che è cominciato. Quando una come me e uno come lui si accoppiano, non è per amore. Ci accoppiamo per fare figli. Per preservare il nostro genio, come avrebbe detto tuo padre.”
“Forse avrei dovuto cominciare da lì.”
Cesaria è scoppiata a ridere. “Con il nostro accoppiamento?”
“No, non è questo che intendevo.” Ero grato per l’oscurità che copriva il mio rossore, anche se i suoi occhi probabilmente potevano vederlo lo stesso. “Io… io… volevo dire con il primogenito. Con Galilee.”
L’ho sentita sospirare. Poi non ho sentito più niente, e per un attimo ho pensato che se ne fosse andata. Ma no. Era ancora nella stanza.
“Non siamo stati noi a battezzarlo Galilee”, ha detto. “Si è scelto da solo il nome quando aveva sei anni.”
“Non lo sapevo.”
“Ci sono molte cose che non sai, Maddox. Molte cose che non puoi nemmeno immaginare. È per questo che sono venuta a invitarti… quando sarai pronto… a vedere il passato…”
“Hai altri libri?”
“Non libri. Niente di così tangibile…”
“Mi dispiace, davvero non capisco.”
Ha sospirato ancora una volta, e io ho temuto che la sua offerta, qualunque cosa implicasse, sarebbe stata ritirata perché la stavo rendendo impaziente. Ma il suo sospiro non era dovuto all’irritazione quanto alla pesantezza del suo cuore.
“Galilee era tutto per noi”, ha mormorato. “Ed è diventato niente. Voglio che tu capisca come siamo arrivati a questo.”
“Farò del mio meglio, te lo giuro.”
“Ne sono sicura”, ha detto lei con dolcezza. “Ma potrebbe volerci più coraggio di quanto ne possiedi. Sei cosi umano, Maddox. Ho sempre trovato difficile apprezzare questo tuo lato.”
“Non posso farci molto.”
“Tuo padre ti amava proprio per questa ragione…” la sua voce ridotta a un sussurro. “Che disastro, tutto questo. Che terribile tragico disastro. Aver avuto così tanto ed essersi lasciato sfuggire tutto tra le dita.”
“Voglio capire com’è accaduto”, ho replicato, “più di qualunque altra cosa, voglio capire.”
“Sì”, ha detto Cesaria, quasi distrattamente. I suoi pensieri erano già altrove.
“Che cosa devo fare?” le ho chiesto.
“Spiegherò tutto a Luman”, ha risposto lei. “Si occuperà di te. E, naturalmente, se dovesse essere troppo per la tua sensibilità umana…”
“Zabrina potrà sempre cancellarlo.”
“Infatti. Zabrina potrà sempre cancellarlo.”
Cinque
1
Da quel momento in poi, ho incominciato ad avere una visione diversa della casa. Tutto era attesa. Stavo aspettando un segno, una prova, un’immagine fugace di quella misteriosa fonte di conoscenza che Cesaria mi aveva invitato a condividere. Sotto quale forma mi sarebbe apparsa, se non si trattava di libri? Da qualche parte, nella casa, c’era forse una raccolta di cimeli di famiglia che avrei potuto esaminare? O forse stavo prendendo tutto troppo alla lettera? Ero stato invitato in un luogo dello spirito più che in un luogo materiale? E se sì, avrei avuto le parole per esprimere quanto avrei sentito in quel luogo?
Per la prima volta nell’arco di tre mesi ho deciso di lasciare la mia stanza e uscire. Per fare questo ho bisogno dell’aiuto di qualcuno. Jefferson non aveva certo progettato questa casa prevedendo la presenza di un invalido (e dubito che Cesaria abbia mai pensato di poter essere colpita da una tale fragilità), e quindi ci sono quattro gradini nel corridoio che conduce all’atrio principale; gradini che sono troppo ripidi perché possa scenderli con la sedia a rotelle senza che qualcuno mi dia una mano. Dwight deve portarmi giù in braccio, come un bambino, e poi aspetto, prono sul divano dell’atrio, che recuperi la sedia a rotelle e mi aiuti a riprendervi posto.
Dwight è senz’altro la persona più amabile che io abbia mai conosciuto; anche se avrebbe tutte le ragioni per odiare il Dio che lo ha creato e probabilmente ogni essere umano dello stato del North Carolina. È nato con una sorta di lesione cerebrale che gli rendeva diffìcile esprimersi e quindi per un certo periodo è stato considerato un ritardato. La sua infanzia e i primi anni della sua adolescenza sono stati infernali: dato che gli era stata negata qualunque vera educazione, aveva languito, seviziato da entrambi i suoi genitori.
Poi un giorno, quando aveva quattordici anni, si era inoltrato nella palude, forse per uccidersi; Dwight dice di non ricordare esattamente la ragione. Né saprebbe dire per quanto tempo era rimasto a vagare per quei luoghi — sicuramente molti giorni e molte notti — finché Zabrina non lo aveva trovato nei pressi dei confini dell’Enfant. Era in uno stato di totale sfinimento. Lei lo aveva portato in casa e, per ragioni tutte sue, lo aveva accudito nelle sue stanze senza parlare di lui con nessuno. Non ho mai insistito con Dwight perché mi spiegasse esattamente la natura della sua relazione con Zabrina, ma sono quasi certo che ai tempi in cui lui era più giovane, lei lo abbia usato sessualmente, e che lui fosse piuttosto felice di quella sistemazione. All’epoca non era proprio com’è adesso, ma certamente era una donna sostanziosa; per Dwight non era stato un problema. Più di una volta mi è capitato di sentirlo accennare alla sua passione per le rotondità del corpo femminile. Non ho modo di sapere se questa sua inclinazione sia precedente o sia nata in seguito al suo incontro con Zabrina. Posso solo dire che lei aveva tenuto segreta la presenza di Dwight per quasi tre anni, durante i quali si era dedicata a educarlo; e lo aveva fatto bene. Quando lo aveva presentato a Marietta e a me non rimaneva che un’impercettibile traccia della sua vecchia difficoltà nell’esprimersi ed era già in parte l’uomo che sarebbe diventato. Adesso, trentadue anni dopo, era parte della casa come le assi del pavimento sotto i miei piedi. Anche se la sua relazione con Zabrina era finita per ragioni che non ero mai riuscito a scoprire, Dwight parla ancora di lei con una sorta di reverenza. Zabrina è e sarà sempre la donna che gli ha insegnato Erodoto e che ha salvato la sua anima (due cose che, a mio avviso, sono strettamente collegate).
Certo, Dwight sta invecchiando più in fretta di tutti noi. Adesso ha quarantanove anni, e i suoi capelli sono sempre più radi e grigi (cosa che gli dà un’aria piuttosto erudita) e il suo corpo, un tempo snello, si sta appesantendo soprattutto attorno alla vita. Il compito di trasportarmi in giro per la casa sta diventando troppo gravoso per lui, e gli ho già detto più di una volta che prima o poi dovrà mettersi in cerca di un’altra anima perduta, di qualcuno che potrà addestrare a svolgere i lavori più pesanti qui in casa.
Ma forse questa è solo accademia. Se Marietta ha ragione, e i nostri giorni qui sono davvero contati, Dwight non dovrà istruire nessuno che segua i suoi passi. Lui e tutti noi saremo già scomparsi per sempre.