Выбрать главу

«Sei appena arrivato? domandò, rivolgendosi cortesemente ad Hahn.

«Circa un’ora fa. Mi chiamo Lew Hahn.»

«Io sono Donald Latimer. Mi spiace di doverci conoscere in un posto come questo, ma forse non dovremo sopportare questo esilio illegale ancora per molto tempo.»

«Don» disse Barrett «Lew dovrà dividere questa baracca con te. Penso che andrete d’accordo. È stato economista fino al 2029, poi lo hanno messo nel Martello.»

«Di dove sei?» domandò Latimer, con una luce febbrile negli occhi.

«Di San Francisco.»

La luce si spense.

«Non sei mai stato a Toronto? È la mia città. Avevo una figlia… ora dovrebbe avere ventitré anni. Si chiama Nella. Nella Latimer. Non l’hai mai conosciuta?»

«No, mi spiace.»

«Era poco probabile, infatti. Ma mi piacerebbe sapere che tipo di donna è diventata. Era una bambina, l’ultima volta che l’ho vista. Ora immagino che si sia sposata. O forse l’hanno mandata nell’altra stazione. Nella Latimer… sei sicuro di non averla mai conosciuta?»

Barrett li lasciò soli. Aveva l’impressione che sarebbero andati d’accordo. Disse a Latimer di accompagnare Hahn all’edificio principale, all’ora di cena, per presentarlo agli altri, e uscì. Una sottile pioggia gelata aveva ricominciato a cadere. Barrett ripercorse la strada lentamente, arrancando con fatica su per la collina. Aveva provato un profondo dolore nel vedere la luce sparire negli occhi di Latimer quando Hahn gli aveva detto di non conoscere sua figlia. Gli uomini della stazione non parlavano mai delle loro famiglie, e cercavano di cancellare il più possibile ogni ricordo. Ma ogni nuovo arrivo faceva rinascere il desiderio di sapere qualcosa delle persone lontane. Non avevano mai avuto notizie dei parenti, né avevano modo di ottenerle, perché non era possibile comunicare con Lassù. Non c’era modo di chiedere la foto della persona amata, né una particolare medicina, né un certo libro, o un disco. Di tanto in tanto, saltuariamente, da Lassù arrivavano i rifornimenti periodici per la stazione, cose che loro consideravano utili: libri, medicinali, parti meccaniche, cibo. Qualche volta riuscivano anche a stupire, per la loro generosità, come quella volta in cui avevano mandato una cassa di vino di Borgogna o la scatola di strumenti sensori, o la ricarica per le batterie. Quei doni significavano di solito un disgelo nella situazione mondiale, che si esternava nel desiderio di essere gentili con quelli della stazione. Però non mandavano più nessuna notizia sui parenti. Né i giornali del momento. Vini pregiati, sì. Una fotografia tridimensionale di una figlia che non avrebbero mai più rivista, no.

Per quanto ne sapevano quelli di Lassù, alla stazione poteva anche non esserci più un solo superstite. Una epidemia poteva aver ucciso tutti una decina d’anni prima. Ma non avevano modo di saperlo. Ecco perché continuavano ad arrivare i rifornimenti. Il governo faceva regolarmente il suo dovere. Il governo, qualsiasi fosse, non era disumano e crudele. In fondo esistono altri mezzi di totalitarismo, oltre la repressione nel sangue.

Barrett si fermò in cima alla collina per riprendere fiato. Per lui l’aria non aveva più un odore strano. Respirò a pieni polmoni. La pioggia aveva smesso ancora una volta di cadere. Attraverso le nuvole grigie filtrò un raggio di sole che fece brillare le rocce. Barrett si appoggiò alla stampella e chiuse gli occhi per un attimo. E vide, come su uno schermo, le creature con piccole zampe che salivano dal mare, e i tappeti di muschio che si allargavano, e le piante senza fiori che srotolavano i loro rami e le scure pelli dei primi anfibi luccicare sulle spiagge, e il calore tropicale dell’epoca in cui si sarebbe formato il carbone scendere come un guanto sul mondo.

Erano tutti fatti del futuro. I dinosauri. I piccoli mammiferi. Il pitecantropo delle foreste di Giava, Sargon, e Annibale, e Attila, e Orville Wright, e Thomas Edison, ed Edmond Hawksbill. E alla fine un governo paternalista che non poteva tollerare il pensiero di certi uomini e decideva di bandirli su un mondo di roccia all’inizio del tempo. Il governo era troppo civile per condannare a morte uomini colpevoli di attività sovversive, e troppo codardo per lasciarli in vita. Il compromesso era la morte civile alla stazione del Paleozoico. Due miliardi di anni di tempo insuperabile erano un esilio sufficientemente sicuro anche per le idee più sovversive.

Barrett fece una smorfia, poi riprese la strada verso la sua baracca. Si era ormai rassegnato da molto ad accettare il suo esilio, ma accettare il piede mutilato era tutta un’altra cosa. Il folle desiderio di riconquistare la libertà nel suo tempo era ormai scomparso. Tuttavia desiderava con tutta la sua anima che l’ignoto amministratore di Lassù gli mandasse gli apparecchi per rimettere a posto il suo piede.

Entrò nella baracca, lanciò la stampella in un angolo, e si lasciò cadere sulla branda. Non c’erano brande quando lui era arrivato alla stazione. Le avevano mandate dopo quattro anni, quando c’erano ancora soltanto una dozzina di edifici e pochissime comodità. Un luogo infame, che a poco a poco, con il materiale inviato da Lassù, era diventato abitabile. Dei cinquanta prigionieri circa che avevano preceduto Barrett alla stazione, nessuno era più in vita. Da circa dieci anni lui manteneva il suo primato di anzianità. Lì da loro il tempo si muoveva in relazione a quello di Lassù. Il Martello era fissato in quel punto del tempo, così che Hahn, arrivato quel giorno, vent’anni dopo Barrett, era partito da Lassù vent’anni dopo l’espulsione di Barrett. Barrett non aveva avuto il coraggio di chiedere immediatamente ad Hahn le notizie fino al 2029. Avrebbe comunque saputo tutto quello che voleva sapere, prima o poi, ma non gli sarebbe stato di grande soddisfazione.

Barrett prese un libro. Ma la lunga camminata l’aveva stancato più del previsto. Tenne gli occhi fissi sulla pagina per qualche istante. Poi depose il libro, chiuse gli occhi, e si appisolò.

4

Quella sera, come tutte le sere, gli uomini della stazione si affollarono nell’edificio principale per la cena e qualche ora di svago. Non era obbligatorio, e alcuni preferivano mangiare da soli. Ma quella sera tutti quelli in possesso di tutte le facoltà, erano presenti, perché quella sera si presentava una delle rarissime occasioni di domandare a un nuovo arrivato notizie sul vero mondo degli uomini.

Hahn sembrava a disagio per quella sua improvvisa notorietà. Si comportava come se fosse imbarazzato dalle attenzioni a cui era fatto segno. Stava seduto in mezzo al gruppo, mentre uomini di venti o trent’anni maggiori di lui gli rivolgevano le domande. Ed era evidente che le sue risposte non li divertivano.

Seduto un po’ in disparte, Barrett non partecipò gran che alla discussione. La sua curiosità sui cambiamenti ideologici di Lassù era cessata da molto tempo. Per lui era difficile convincersi che una volta si era appassionato a concetti quali sindacalismo, dittatura del proletariato, garanzie sul salario, tanto da finire in esilio. Il suo interesse per l’umanità non era diminuito. Ma era scomparsa l’importanza dello sviluppo dei problemi politici del ventunesimo secolo. Dopo vent’anni di esilio il mondo di Lassù era diventato irreale, e tutte le sue energie si concentravano sulle crisi e i problemi di quello che lui cominciava a considerare il “suo vero” tempo… il tardo Cambriano.

Così ascoltava, ma più per scoprire dai discorsi qualcosa su Lew Hahn, che per conoscere gli ultimi avvenimenti.

Con le sue risposte, Hahn non rivelò molto di sé. Anzi diede l’impressione di essere volutamente evasivo.

Charley Norton domandò: «C’è qualche segno di indebolimento nel falso conservatorismo? Voglio dire, hanno promesso la fine del grande governo entro trent’anni, ma finora è diventato sempre più grande».

Hahn si mosse a disagio.

«Continuano a promettere. Non appena le condizioni si stabilizzeranno…»

«Cosa ci dici sulla Comune Marziana?» domandò Sid Hutchett. «Stanno infiltrando agenti sulla Terra?»