«Lei è in aviazione, vero?» chiese il vicecomandante.
«Riserva inattiva» rispose Stoner. «Riserva “molto” inattiva.»
Il sorriso di Tuttle si accentuò, mettendo in mostra denti bianchi e regolari. «Sa, forse potremmo essere costretti a rimetterla in servizio attivo.»
Con un gesto, Tuttle invitò tutti a sedere. Stoner scelse il divano accanto al camino spento. Sapeva di carbone e foglie bagnate. Thompson gli si sedette a fianco. McDermott sedette sulla grande poltrona di fronte a loro. Tuttle restò in piedi, per non perdere il controllo della situazione.
«Questa faccenda…» Il viso del vicecomandante si fece molto serio. «…Potrebbe essere di importanza vitale per la sicurezza della nazione.»
«Importante per la sicurezza della nazione?» ripeté Stoner, incredulo. «Com’è possibile che lo IET sia…?»
«IET?» chiese Tuttle.
«Intelligenza extraterrestre» spiegò Thompson, «Nel gergo degli astronomi.»
«Cerchiamo di non esagerare» tuonò McDermott. «Per ora abbiamo solo segnali radio anomali di bassa frequenza e qualche foto di quella che con ogni probabilità è la sedicesima luna di Giove.»
«Anche se fosse tutto qui» intervenne gelido Stoner «dovremmo pubblicare l’informazione. Su “Science”. O “Nature”. Prima che qualcun altro ci preceda.»
Il vecchio gli diede un’occhiata fulminante. Tuttle intrecciò le mani dietro la schiena e si fissò le punte delle scarpe.
Stoner avvertì la calma glaciale che lo prendeva sempre quando si arrabbiava. Con tutta calma, chiese: «Che fine ha fatto la libertà di discorso, da queste parti? Che ne è stato della definizione di Faraday: “La fisica è fare esperimenti e pubblicarli’”?»
«Non ho intenzione di mettere in gioco la mia reputazione per qualche impulso radio e un paio di fotografie!» sbottò McDermott. «Non voglio fare la figura dell’idiota, sostenere che abbiamo scoperto un IET e poi essere costretto a ritirare tutto quando si troverà una spiegazione perfettamente naturale.»
«Allora pubblichiamo quello che abbiamo scoperto» disse Stoner con un sibilo da cobra. «Lasciamo perdere le conclusioni, ma permettete a Jeff di pubblicare un articolo sugli impulsi radio. Se lo merita. Concedetegli di arrivare per primo.»
Thompson inarcò le sopracciglia, speranzoso.
«Il problema è questo» s’intromise di nuovo Tuttle. «Se esiste anche una sola possibilità che abbiamo “davvero” scoperto un’intelligenza extraterrestre sul pianeta Giove, la cosa deve restare confidenziale. È importante per la sicurezza della nazione.»
«E in quale maniera la presenza di vita intelligente su Giove può toccare la sicurezza nazionale?» domandò Stoner.
Tuttle rispose immediatamente, quasi si trattasse di una litania imparata a memoria. «Se su Giove esiste vita intelligente, deve possedere un livello di tecnologia molto superiore al nostro, per poter lanciare una nave spaziale in un campo di gravità notevolmente più forte di quello terrestre. Non possiamo permettere che altre nazioni, come la Russia o la Cina, mettano le mani su questa tecnologia. Dobbiamo essere certi che siano le nazioni dell’Occidente democratico a impossessarsene.»
Stoner si sentì sgonfiare. «La solita merda» borbottò.
Imperterrito, Tuttle proseguì: «Inoltre, dobbiamo prendere in considerazione la possibilità che i gioviani, di cui non sappiamo nulla, non nutrano intenzioni pacifiche. Forse hanno intenzione di… di invaderci.»
«Sicuro» disse Stoner. «Forse tutti i dischi volanti che i malati di ufologia hanno visto negli ultimi trent’anni sono solo navi scout provenienti da Giove. Volevano studiarci per bene prima di scendere a violentare e distruggere tutto.»
«Gli UFO esistono» disse Tuttle, serissimo. «E se c’è vita intelligente su Giove…»
«Sto cominciando a chiedermi se ci sia vita intelligente sulla Terra» sbottò Stoner. Si alzò e si avviò verso le scale.
«Dottor Stoner!» urlò Tuttle. «Non può lasciare questa casa!»
Stoner si girò a guardare e vide che Dooley stava uscendo dalla piscina. Si fermò dov’era arrivato, furibondo.
Thompson lo raggiunse di corsa. «Su, Keith, siediti e stalli a sentire. Andrà tutto per il meglio, in un modo o nell’altro.»
Stringendo i denti sino ad avere la mascella indolenzita, Stoner tornò in soggiorno con Jeff Thompson.
«Quello che deve capire, ragazzo» disse McDermott quando lui fu di nuovo seduto sul divano «è che se ha ragione, se abbiamo “davvero” scoperto un’intelligenza extraterrestre, le implicazioni sono enormi. Enormi!»
«Già il semplice impatto sociale potrebbe essere incredibile» convenne Thompson.
«E gli effetti psicologici» proseguì McDermott. «Gli effetti religiosi!»
«E le implicazioni militari» disse Tuttle.
Stoner fece una smorfia.
«La gravità di Giove è più del triplo di quella terrestre, no?» disse il vicecomandante.
«Un po’ meno del triplo» lo corresse Thompson «alla sommità dello strato di nubi.»
«Okay» disse Tuttle. «Sotto le nubi, però, la gravità dev’essere ancora più forte. Ha idea della tecnologia necessaria per far decollare un satellite artificiale in quella gravità? E la nave spaziale che ha individuato si trova su un’orbita molto alta, no?»
«Sì» ammise Stoner.
«Noi non riusciremmo a lanciare un satellite in condizioni simili. La prego di credermi, lo so per certo.»
Con una smorfia, Stoner disse: «E intanto che noi classifichiamo tutto come segreto, qualche altro osservatorio individua i segni e pubblica i dati. Questo a cosa ci serve?»
«Ma noi siamo gli unici a sapere della nave spaziale» rispose Tuttle, la voce tremante per l’emozione. «Nessun altro può servirsi di Big Eye e nessun altro potrà farlo in futuro, glielo garantisco!»
«Però qualcun altro potrebbe pubblicare prima di noi i dati sui segnali radio» disse Thompson, cupo.
McDermott scosse la testa. «E chi? Haystack? Goldstone? Non lavorano su frequenze inferiori ai seicento megaherz, come invece facciamo noi.»
«E Arecibo?» chiese Stoner. «È il più grande radiotelescopio in assoluto, no? E Sagan se ne serve. Sagan e Drake. Quelli pubblicheranno tutto in dieci secondi.»
«Consultate un po’ un’effemeride» disse McDermott, con un sorriso affettato. «Arecibo non potrà puntarsi su Giove per altri quattro mesi.»
Stoner fu colto alla sprovvista; poi ricordò che il gigantesco radiotelescopio di Arecibo, del diametro di più di trecento metri, era incassato nel fianco di una collina e non poteva essere puntato o ruotare come tanti impianti più piccoli.
«Ma è nostro dovere comunicare al resto della comunità scientifica quello che abbiamo scoperto» insistette Stoner. «È più che giusto…»
«Non intendo rischiare la mia reputazione, o la reputazione del mio osservatorio, o quella dell’università» disse McDermott in tono sempre più alto «solo perché lei ha una possibilità su un milione di avere ragione!»
Tuttle aggiunse: «E poi esiste l’imprescindibile necessità militare di tenere tutto sotto silenzio. Questo lo capisce, vero?»
“Col cavolo che lo capisco” pensò Stoner. Ma non aprì bocca.
«C’è ancora un altro fattore» intervenne Thompson. «Qualcun altro, in un’altra parte del mondo, potrebbe aver individuato i segnali radio. Gli australiani, i russi, Voorne a Dwingeloo…»
Tuttle annuì seccamente. «Stiamo facendo indagini.»
«Nel frattempo, che cosa facciamo?» chiese Stoner. «Ci mettiamo in ferie e aspettiamo che la marina ci dia il via per ricominciare a lavorare?»