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Il reverendo Wilson si è rifiutato di dare indicazioni specifiche sulla natura del cambiamento, dichiarano solo che “cristiani e non cristiani dovrebbero preparare le proprie anime a un mondo nuovo con la preghiera e le opere buone”.

Il raduno di revival religioso di ieri sera, tenutosi nel futuristico atrio dello Hyatt Regency, rientrava nella “crociata” che il reverendo Wilson sta conducendo a livello nazionale e che nei prossimi sei mesi lo porterà in diciassette delle maggiori città americane.

Ieri sera erano a fianco del reverendo Wilson…

Ramsey McDermott spostava avanti e indietro la sua vecchia poltrona di pelle, fumando furiosamente, riflettendo, interrogandosi, cercando di decidere quale fosse la strategia migliore.

“E se avesse ragione?” si chiese. “Se si tratta davvero di intelligenza extraterrestre, potrebbe scapparci un Nobel per me. Dopo tutto, sono io il direttore del progetto. Sono io che ho portato Stoner all’osservatorio. Era solo un astronauta messo a riposo, prima che io lo chiedessi alla NASA.”

L’ufficio era invaso dal buio del tardo pomeriggio. Fuori, il sole era già sceso dietro gli edifici a mattoni rossi che delimitavano il cortile.

“Quando sarò scomparso, metteranno una targa qui” si disse McDermott. “In memoria del professor Ramsey McDermott, scopritore della vita extraterrestre.” Immaginò la cerimonia del Nobel, il discorso che avrebbe tenuto a Stoccolma, le interviste con la stampa. Con un sobbalzo, capì che avrebbe dovuto dividere il premio con Stoner e Thompson, forse con un’altra persona o due.

Stoner gli avrebbe procurato guai, lo sapeva. Era un rompiballe nato.

“Forse non è IET” pensò. “È più probabile che sia un oggetto naturale, magari una nuova cometa oppure un meteorite catturato da Giove e inseritosi in orbita.

“E gli impulsi radio? Come spiegarli? Una coincidenza? Un’influenza reciproca tra l’oggetto che Stoner ha scoperto e le emissioni radio di Giove, come per esempio nel caso di Io che influenza le scariche radio?”

La pipa si era spenta. McDermott se la tolse di bocca, senza accorgersi nemmeno lontanamente delle spesse nubi di fumo blu-grigio che si stendevano a strati nell’ufficio, che permeavano i libri, le carte, le tende alla finestra.

Era buio. McDermott accese la lampada da tavolo, E vide, di nuovo, il rapporto giunto da Washington.

“Accidenti a lui!” Il vecchio batté la pipa sul grande posacenere della scrivania, stracolmo. Il cannello, antico e fragile, si spezzò.

“Due volte accidenti a lui!” sbottò fra sé McDermott, “E dove diavolo è la ragazza? Ormai dovrebbe essere qui.”

Come in risposta, bussarono alla porta. Senza attendere, Jo aprì il battente ed entrò nell’ufficio del professor McDermott.

«È in ritardo» grugnì lui.

«La lezione è appena terminata.»

«Oh, ultimamente frequenta anche le lezioni» commentò lui, sarcastico.

«Quando posso.»

La ragazza era perfettamente calma. Senza togliersi la giacca, mettendosi i libri in grembo, gli sedette di fronte. Con una smorfia di disgusto, agitò una mano per allontanare il fumo.

«Si diverte nel New Hampshire? So che tutti i week-end li passa lì con Stoner.»

«Sono affari miei» ribatté lei.

«E invece diventeranno miei» scattò McDermott. «Sono affari del PROGETTO JUPITER, se non lo sa.»

La ragazza s’irrigidì. «Lei mi ha detto di fare tutto il possibile perché lui accettasse di restare in quella casa senza creare altri guaì. Quindi, faccio quello che posso.»

McDermott tamburellò le dita sul rapporto che aveva sulla scrivania. «Il che significa anche imbucare lettere sue per l’estero?»

Jo esitò solo per una frazione di secondo, «Cosa vuole dire?»

«Chissà come, Stoner è riuscito a far partire una lettera. Per la Russia, niente di meno. Era indirizzata a un linguista sovietico, stando a Washington.»

«Non ne so niente» disse Jo.

«Lei è l’unica che possa far uscire una sua lettera.»

Lei scosse la testa, decisa. «Non ho imbucato nessuna lettera per la Russia né per lui né per chiunque altro. Non lo farei mai.»

«Ne è sicura?»

«E Washington come sa che ha spedito una lettera a quel russo?»

McDermott ridacchiò. «Non mi dicono quale sia la fonte delle loro informazioni. Immagino che avremo spie al Cremlino, come i russi hanno spie a Washington.»

«E cosa c’è scritto nella lettera?»

«Quanto basta per sbattere Stoner in una prigione federale per molto, molto tempo.» McDermott capì, nel momento in cui lo diceva, che era la verità. Il suo cuore si alleggerì d’un peso. Con Stoner uscito di scena…

«Non può farlo!» disse Jo.

Lui scrollò le spalle. «Non sta a me decidere. È un problema della marina.»

«Ma… Ha detto che per il progetto le serve Stoner.»

McDermott sorrise. «Presumo che ormai si possa procedere anche senza di lui. In effetti, ci ha dato più problemi che altro.»

«No. Non può.»

La voce di Jo era quasi implorante. McDermott avvertì la tensione improvvisa della ragazza, la vide protendersi in avanti, il volto contratto per la preoccupazione.

«Stoner si è impiccato con le sue mani» le disse, e il sangue dentro di lui si rimescolò, gli si formò dentro uno strano calore.

«Non farebbe mai niente di male» stava dicendo Jo. «Deve trattarsi di un errore…»

Ma McDermott non l’ascoltava più. Aveva sentito il tono della sua voce, visto l’ansietà nei suoi occhi; e aveva capito, con uno shock interiore, di volerla per sé. Disperatamente. Per sé, e per nessun altro.

«Ci dev’essere qualcosa che potete fare!» implorò Jo.

McDermott aveva ancora in mano il cannello della pipa spezzato. Lo gettò nel posacenere, prese un’altra pipa e cominciò a riempirla in silenzio, metodicamente, senza una parola, osservando la ragazza che osservava lui, aspettando che lei rompesse il silenzio.

«Non può… fare qualcosa? Aiutarlo?»

«Ha infranto i regolamenti di sicurezza» rispose lentamente McDermott. «Ha firmato l’impegno alla segretezza e poi ha spedito una lettera in Unione Sovietica.»

«Forse è una lettera vecchia. Forse l’ha scritta prima di firmare l’impegno alla segretezza.»

McDermott schiacciò il tabacco e s’infilò la pipa in bocca. «È sempre un crimine punibile dalle leggi federali.»

Jo si guardò attorno nella stanza, come in cerca d’aiuto. «Ma lei può fare qualcosa, senz’altro.»

Con un tremito interiore, McDermott si sentì dire: «Probabilmente potrei raccontare alla marina che è troppo importante per il progetto per mandarlo in galera.»

Jo annuì, felice.

«Ma perché dovrei? Perché dovrei mettere a rischio le possibilità di successo del progetto per lui? Cosa ci guadagno?»

Per diversi momenti, lei non parlò. McDermott sentiva il sangue pulsargli nelle orecchie.

Alla fine, non resistette più. «Se io… gli salvassi il collo, lei cosa farebbe?»

Gli occhi di Jo s’illuminarono. La ragazza s’irrigidì sulla sedia. «Cosa farei io?»

«Per me.»

Jo quasi sorrise. «Cosa vuole che faccia?»

Togliendosi di bocca la pipa ancora spenta, McDermott disse, tremando: «Deve smettere di vederlo. E passare il suo tempo con me.»

Lei annuì lentamente. «E io cosa ci guadagno?»

Lui si sentì confuso. «Come sarebbe a dire?»

«Voglio una lettera di raccomandazione per la NASA. Una lettera che mi raccomandi per l’assunzione come astronauta.»

«Vuole…»

«Le darò quello che vuole, se lei darà a me quello che voglio.»

«E Stoner?»