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«E cosa scopriremo?»

Stoner agitò una mano nella notte. «Lunghezza, dimensioni… Forse la massa, se siamo abbastanza in gamba. Con i rilevamenti radar, e con le fotografie, forse potremmo cominciare a farci un’idea di come è fatto: il materiale, la forma.»

Markov annuì. «E quando cercheremo di trasmettergli segnali?»

«Non lo so. Questo è affare vostro. Sarà Big Mac che dovrà decidere. Però, in un certo senso, gli abbiamo già inviato un segnale.»

«Il raggio radar?»

Stoner annuì. «Se su quell’astronave c’è qualcosa d’intelligente, un equipaggio, o anche solo un computer, i sensori di bordo avranno registrato il segnale radar. Ormai dovrebbero sapere che li abbiamo intercettati.»

Markov alzò gli occhi sulle stelle.

«Se non vogliono mettersi in contatto con noi» proseguì Stoner «cominceranno a fare manovra per allontanarsi.»

“E se sono ostili” pensò Markov “provvederanno ad agire in qualche altro modo.”

24

ULTRA TOP SECRET

Memorandum

A: Presidente

Data: 18 aprile

DA: R.A. McDermott, Direttore del PROGETTO JUPITER

Rife: R/JUPITER 84-011

VIA: S. Ellington, STP

SOGGETTO: Primo Contatto

1. La presente comunicazione per confermare il mio precedente messaggio telefonico: abbiamo stabilito contatto radar con l’oggetto in discussione.

2. In risposta alle proposte sollevate da una minoranza dei partecipanti al PROGETTO JUPITER, chiedo rispettosamente uno studio da parte della NASA e/o altri Enti federali circa la possibilità e la desiderabilità di lanciare verso l’oggetto stesso una missione spaziale di rendez-vous con equipaggio umano, presumibilmente nel momento in cui esso si troverà più vicino alla Terra.

3. È, comunque, mia meditata opinione che la facilità di stabilire un contatto elettromagnetico e le difficoltà implicite in una missione di rendez-vous debbano giocare a favore della prima ipotesi e a sfavore della seconda.

4. Una missione di rendez-vous con equipaggio umano avrebbe un costo altissimo in fondi e personale, soprattutto qualora dovesse fallire.

ULTRA TOP SECRET

La Lincoln correva nella notte buia del Nevada, sfrecciava sull’Interstatale 15 attraverso il grande deserto salato. A ogni lato dell’orizzonte, montagne scoscese, pallide e mute, immerse nel chiarore della luna crescente.

«Si sgonfierà tutto» stava dicendo Charles Grodon. «Non possiamo continuare a tenere la gente sul filo.»

Willie Wilson era riverso sul sedile posteriore della Lincoln, gli occhi chiusi, il mento sul petto. Al suo fianco sedeva Bobby, suo fratello e manager. Grodon era seduto di fronte a loro due, sul seggiolino estraibile.

«Piantala, Charlie» sussurrò Bobby. «È distrutto.»

Bobby aveva tre anni in meno del fratello, era parecchio più piccolo, e più grasso di otto chili. Willie era biondo, con uno sguardo intenso, mentre il viso lentigginoso e i capelli rossi davano a Bobby un’aria sbarazzina. Spesso raccontavano, per scherzo, di essere gemelli.

«Siamo tutti stanchi» ribatté Grodon. «Non facciamo altro che viaggiare e lavorare come pazzi. Però io non voglio che finisca tutto nel nulla.»

Grodon era magro come un fuscello; i tratti del suo viso erano affilati, le mani nervose, mai ferme. Tamburellava con le dita sulle pieghe perfette dei calzoni. Giocherellava con i bottoni del panciotto. Si grattava il naso.

«Abbiamo avuto il pubblico più numeroso che si sia mai visto a Vegas» disse Bobby sottovoce, per non disturbare suo fratello. «Tre reti televisive nazionali hanno fatto un servizio nei loro notiziari. Quelli del “Time” sono venuti a curiosare. Cosa vuoi di più?»

«Dobbiamo dargli qualcosa di più del solito “Scrutate il cielo”» disse Grodon. «Willie deve fare un altro passo, raccontare qualcosa che non abbiano ancora sentito. Se no si stancheranno e ci pianteranno.»

«Abbiamo il tutto esaurito a Washington e ad Anaheim» fece notare Bobby.

«Adesso ti dico una cosa.» Grodon puntò un dito su Bobby. «La prima grossa campagna promozionale a livello nazionale a cui ho lavorato è stata quella per Mark Spitz…»

«Il nuotatore?»

«Già. Abbiamo reso familiare il nome di Mark Spitz. Tutti sapevano chi era, che aveva vinto sette medaglie d’oro alle Olimpiadi. È apparso in tutti gli show televisivi. Era sui poster. Sulle scatole di popcorn. Sui cartoni di latte. Da per tutto. E sei mesi dopo, nessuno sapeva più chi cavolo fosse.»

Il viso tondo di Bobby si piegò in una smorfia.

«Perché» spiegò Grodon «quel fesso non aveva niente da offrire. Okay, era un nuotatore eccezionale, e con ciò? Non sapeva cantare. Non sapeva recitare. Non riusciva nemmeno a dire in modo decente una battuta col testo sotto il naso. Era solo capace di togliersi i vestiti, tuffarsi in una fottuta piscina e nuotare come un delfino.»

«Non vedo…»

Grodon si protese in avanti verso Bobby, finché i loro nasi non si sfiorarono. «Il punto è che è facile attirare l’attenzione. Questo l’abbiamo fatto. Willie ha puntati addosso gli occhi di tutti, perché tutti aspettano il Grande Evento. “Scrutate il cielo” dice alla gente, E la gente scruta. Però non vede niente. “Non sta succedendo niente.”»

«Succederà.»

«Sì?»

«Se Willie dice che succederà, succederà.»

Grodon si rabbuiò. «E dai, Bobby. Guarda che stai parlando con Charlie l’ebreo. Chiaro? Willie potrà anche credere in tutte le fesserie che racconta, ma noi non dobbiamo lasciarci prendere la mano, Cristo. Qualcuno deve tenergli i piedi per terra.»

«Succederà» ripeté testardamente Bobby. «Se Willie dice che succederà, succederà.»

«Quando?»

«Quando succederà.»

«Sarà meglio che succeda presto. Maledettamente presto. Perché se tra un po’ non succede qualcosa di spettacolare, le grandi folle e gli inviati dei media scompariranno… Così.» Schioccò le dita.

«Succederà» disse Willie.

Tutti e due si girarono verso di lui.

«Succederà» ripeté Willie. «Lo so, come so che il mio cuore batte. Non so cosa sarà, o quando giungerà…»

«Speriamo che arrivi presto» mugugnò Grodon.

«Non preoccuparti tanto, Charlie. Succederà presto. Il Signore deciderà quando farlo succedere, ma sarà presto.»

«Il Signore non deve preoccuparsi degli incassi.»

Willie rise e gridò all’autista: «Ehi, Nick, fermati un attimo. Devo sbrigare un bisogno.»

La Lincoln rallentò dolcemente, accostò a lato della grande autostrada deserta.

Willie scese, rabbrividì al gelo improvviso del deserto. Il cespuglio più vicino era a una dozzina di metri dalla macchina, ma a quell’ora tutta la zona era deserta sotto il chiaro di luna. C’erano solo il gemito del vento tagliente, e lo scintillio lontano delle stelle.

Willie slacciò la patta dei calzoni e orinò sul deserto. Immaginò che l’orina venisse assorbita talmente in fretta dalla sabbia porosa da non lasciare nemmeno una traccia d’umidità.

Mentre chiudeva la patta e si abbottonava la casacca, alzò gli occhi al cielo.

«Gesù Cristo Santissimo» sussurrò. Poi si mise a urlare. «Gesù Cristo Santissimo! Guardate! “Guardate!”»

Bobby saltò giù dalla macchina in un attimo. Suo fratello ballava e gridava e puntava l’indice verso l’alto. Scesero anche Grodon, e poi l’autista. Guardarono tutti in alto.