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«Però è inconsistente, non solida» disse Cavendish.

«Esatto.»

«Come una nube di gas» disse McDermott.

«Una nube di plasma» lo corresse Thompson, «Un gas ionizzato che riflette le onde radar a bassa frequenza.»

«Quanto è grande la nube?»

«Oh, un centinaio di metri, centoventi. Più o meno, ha le dimensioni di un campo da football.»

«E la cosa che c’è dentro?»

«Quella dà una riflessione piuttosto solida alle frequenze più alte. È venti metri per cinque. Lo spettro di riflessione è simile a quello del metallo, stando alle prime analisi, o della roccia ad alto contenuto metallico. Sembra che la superficie sia parecchio liscia.»

«A me pare una cometa» mugugnò McDermott.

«Non c’è coda» ribatté Thompson.

«E le foto di Big Eye?»

Thompson si girò verso Stoner.

«Può abbassare le luci, per favore?» urlò Stoner, per farsi sentire dal tecnico che, nella stanza accanto, faceva da balia al proiettore automatico di diapositive.

“Deve sempre distinguersi” borbottò fra sé McDermott.

Stoner fece partire una diapositiva che mostrava una macchia indistinta su uno sfondo scuro. Si alzò, raggiunse lo schermo che arrivava al soffitto.

«Non è visibile una grande struttura…»

«A me pare una maledetta cometa» ripeté McDermott.

Stoner strinse i denti, poi proseguì: «C’è un vecchio trucco degli astronomi,., Jeff, ti spiace far partire la diapositiva seguente?»

La stessa foto apparve sullo schermo, ma questa volta in negativo. Il fondo celeste era bianco-grigiastro, la macchia indistinta grigio scuro.

«Nella foto in negativo si intravede una struttura all’interno della nube» disse Stoner. «In particolare, se socchiude gli occhi, riuscirà a vedere l’oggetto a forma di sigaro che il radar ha rilevato.»

«Di cos’è composta la nube?» chiese Zworkin.

«Sino a ora» disse Stoner «l’analisi spettrografica ci ha dato solo uno spettro solare riflesso. Di qualunque cosa la nube sia composta, riflette la luce del sole quasi come un perfetto specchio.»

«Uno specchio non solido e pulsante» disse Cavendish.

Stoner si rimise a sedere, premette il pulsante del proiettore. L’immagine svanì dallo schermo, e i pannelli fluorescenti sul soffitto si riaccesero.

«È un enigma» disse Zworkin.

«È una cometa» insistette McDermott.

«Troppo piccola…»

«Un frammento di cometa» disse Big Mac, «Ci siamo convinti di aver scoperto un’astronave aliena, e invece è solo un pezzo di cometa.»

Markov scosse la testa. «Non posso crederlo.»

«Ma apra gli occhi!» tuonò McDermott, «È una sfera di gas che circonda un pezzo di roccia metallica.»

«Non si comporta da cometa» disse Stoner. «Non ce chioma, non c’è coda. È troppo piccola. Non possiede lo spettro di una cometa.»

«È un frammento anomalo espulso da una cometa più grande» disse McDermott. «Vi ricordate Kohoutek, nel settantatré? Doveva essere la cometa del secolo, e invece è finito tutto in nulla. Quella cosa è solo un pezzo di roccia con un po’ di gas attorno. Stiamo dando la caccia a un fantasma.»

«Non sono d’accordo» disse dopo un po’ Zworkin. «Se anche però lei avesse ragione, professor McDermott, dobbiamo lo stesso studiare l’oggetto con estrema cura. Se anche si tratta di un corpo naturale, può dirci molto sulla natura del nostro Sistema Solare.»

«Sarà difficile giustificare tutto questo spreco di talenti e di soldi per un piccolo frammento di cometa» ribatté McDermott.

«Non è una cometa!» scattò Stoner. «Nessuna cometa ha mai espulso una nube che riflette la luce del sole come uno specchio. Nessuna cometa ha mai cambiato traiettoria dopo aver superato Giove, non così bruscamente.»

McDermott scrollò le spalle. «Il cambiamento di traiettoria, probabilmente, è stato causato da una perdita di gas. Un po’ di gas si è disperso nello spazio, la cosa ha ricevuto una spinta e si è diretta verso di noi. Siamo tutti saltati alla conclusione che lo abbia fatto per una decisione intelligente.»

«Il rasoio di Ockham» mormorò fra sé Thompson.

«E poi non si avvicinerà troppo alla Terra» continuò McDermott. «Ci sfiorerà a una distanza che è circa il quadruplo dell’orbita lunare, non è vero, Stoner? Ho ragione?»

«Se non cambia di nuovo traiettoria.»

«Cosa? Magari per atterrare sul prato della Casa Bianca? Vogliamo scommetterci?»

«E i segnali radio da Giove? Cosa li ha originati?»

«Una coincidenza» rispose subito McDermott. «I segnali radio da Giove erano un fenomeno naturale, e quando ha guardato in quella direzione con Big Eye ha scoperto un frammento di cometa e si è ficcato in testa che si tratta di un’astronave aliena.»

Stoner lanciò un’occhiata di fuoco al vecchio.

McDermott lasciò vagare lo sguardo lungo il tavolo, sfidando tutti a mettere in discussione le sue conclusioni.

«Benissimo, allora» disse. «Ecco cosa faremo. Mi sembra troppo presto per comunicare a Washington che l’oggetto è di origine naturale. Potremmo anche sbagliarci, e il PROGETTO JUPITER verrebbe immediatamente interrotto.»

Markov tamburellò con le dita sul piano del tavolo. «Se esiste anche solo la minima probabilità che questo oggetto sia un visitatore lanciato da un’altra civiltà, abbandonare il progetto sarebbe una negligenza criminale. Se anche la possibilità è infinitesima, perché sciogliere il nostro gruppo quando tra qualche settimana, al massimo tra pochi mesi, “sapremo” la verità, quale che sia? Perché non continuare a studiare l’oggetto con ogni mezzo a nostra disposizione, partendo dall’ipotesi che “sia” un visitatore intelligente, e che “possa” rispondere ai nostri segnali? Se abbandoniamo il lavoro adesso, questa cosa potrebbe passare oltre il nostro pianeta, e noi perderemmo l’unica possibilità di entrare in contatto con una razza extraterrestre intelligente. Il che sarebbe criminale!»

McDermott raccolse la pipa. «Sono pronto a concederle qualche altra settimana. Se è intelligente, se è vivo, in qualche modo risponderà ai nostri segnali. Ma se non lo è, non ha senso abbandonarsi ai sogni.» Scrutò Stoner con aria intensa. «O a piani grandiosi.»

“Ecco cosa vuole” capì Stoner, serrando le labbra, mentre il gelo gli stringeva lo stomaco. “Quel vecchio bastardo vuole far annullare la missione di rendez-vous.”

Scrutando gli altri visi, guardando quelle teste che annuivano, magari con riluttanza, Stoner comprese che McDermott aveva raggiunto il suo scopo. “Gliela lasceranno passare liscia. Piuttosto che permettergli di chiudere il progetto, accetteranno che venga annullata la missione spaziale.”

Troppo furibondo per trovare il coraggio d’una risposta, Stoner restò seduto in un silenzio cupo, mentre la riunione si aggiornava.

Cavendish lo raggiunse, gli batté la mano sulla spalla e mormorò: «Peccato, vecchio mio.»

«Perché non hai aperto bocca?» gli chiese Stoner, alzandosi.

Cavendish scosse la testa. «Il tuo McDermott è deciso a impedire la missione di rendez-vous.»

«Un tuo intervento sarebbe stato utile.»

«Certo…» Cavendish parve per un attimo confuso, disorientato. «Io… Credimi, ultimamente non mi sento troppo bene. Mi spiace…»

Stoner notò il suo viso teso, gli occhi gonfi.

«Sei malato?»

Cavendish ebbe un mezzo sorriso. «Giuro che non lo so.»

«Dovresti vedere un medico.»

«Sì» disse l’inglese, distrattamente. «Certo.» E uscì dalla sala riunioni, piantando lì Stoner.

Markov era sulla soglia, una smorfia in viso. «Il professor McDermott si sbaglia» disse a Stoner. «Dobbiamo tenerci pronti a mandare un cosmonauta su quella nave. Non è un oggetto naturale. Me lo sento nelle ossa.»

«In questa faccenda» ribatté Stoner «le sensazioni non contano. Contano le prove.»