«Ti ho sentito dire a Lur che le avevi promesso Sirk. A lei non hai mentito, Dwayanu… perché Sirk è caduta. Come posso crederti io?»
Ribattei: «Avrai la prova che dico la verità, Evalie. Ed ora, giacché non vuoi mangiare con me, va con Dara.»
Evalie non trovò nulla da ridire su Dara. Dara non era un traditore bugiardo, ma un soldato, e combattere a Sirk o altrove era il suo mestiere. Andò con lei.
Mangiai poco e bevvi parecchio. Il vino mi ridiede una nuova vita, scacciò gli ultimi residui di stanchezza. Per il momento accantonai risolutamente la mia angoscia per Jim, pensando a ciò che intendevo fare ed a come dovevo farlo. Poi bussarono alla porta, ed entrò l’Incantatrice.
Le trecce rosse l’incoronavano, allacciate con il filo di zaffiri. Non recava i segni delle lotte sostenute quel giorno, né tracce di stanchezza. Gli occhi erano fulgidi e limpidi, le labbra rosse sorridevano. La sua voce dolce e bassa, il suo tocco sul mio braccio richiamarono ricordi che credevo svaniti insieme a Dwayanu.
Chiamò, e dalla porta entrò una fila di soldatesse, conducendo una dozzina di pigmei slegati: i loro occhi gialli si accesero d’odio nel vedermi, ma anche di curiosità. Parlai gentilmente con loro; mandai a chiamare Evalie. Lei arrivò, ed i pigmei dorati le corsero incontro, le si buttarono addosso come una frotta di bimbi, cinguettando e trillando, accarezzandole i capelli, toccandole le mani ed i piedi.
Evalie rise, li chiamò per nome uno ad uno, poi parlò rapidamente. Riuscii a capire poco di quel che diceva: dall’espressione rannuvolata di Lur mi resi conto che lei non aveva capito nulla. Ripetei ad Evalie, meticolosamente, quanto avevo detto a Lur: e lei già lo sapeva almeno in parte, perché aveva dimostrato di comprendere l’uiguro, o l’ayjir, meglio di quanto volesse ammettere. Poi, per Lur, tradussi dalla lingua dei nani.
Il patto venne concluso in fretta. Metà dei pigmei avrebbero subito attraversato il Nanbu per raggiungere la guarnigione oltre il ponte. Per mezzo dei tamburi parlanti, avrebbero inoltrato il nostro messaggio alla roccaforte del Piccolo Popolo. Se fosse stato accettato, il rullo dei tamburi sarebbe cessato immediatamente.
Dissi a Evalie: «Quando parleranno con i loro tamburi, dicano che non verrà chiesto nulla di più di quanto era stabilito dalla vecchia tregua… e che non li attenderà più la morte, quando attraverseranno il fiume.»
L’Incantatrice disse: «E questo che significa, Dwayanu?»
«Ora che Sirk è stata annientata, è una punizione che non ha più motivo di essere, Lur. Che raccolgano pure le loro erbe ed i loro metalli come vogliono: è tutto.»
«Tu hai in mente qualcosa d’altro…» Lur socchiuse gli occhi.
«Loro mi hanno capito, Evalie… ma diglielo anche tu.»
I pigmei si scambiarono trilli; poi dieci di loro si fecero avanti: erano quelli prescelti per portare il messaggio. Mentre stavano per andarsene, li fermai.
«Se Sri si è salvato, ditegli di venire con l’ambasceria. Meglio ancora… che la preceda. Avvertitelo per mezzo dei tamburi che venga al più presto possibile. Lui è il mio salvacondotto, e resterà con Evalie fino a quando tutto non sarà sistemato.»
I pigmei si consultarono e acconsentirono. L’Incantatrice non fece commenti. Per la prima volta vidi gli occhi di Evalie addolcirsi nel guardarmi.
Quando i pigmei se ne furono andati, Lur andò alla porta e fece un cenno. Entrò Ouarda.
«Ouarda!»
Mi era simpatica. Ero contento di sapere che era ancora viva. Le andai incontro a mani tese. Lei me le strinse.
«Sono state due soldatesse, Signore. Avevano delle sorelle a Sirk. Hanno tagliato la scala prima che potessimo impedirglielo. Le abbiamo uccise,» disse.
Fosse piaciuto a Dio che l’avessero tagliata prima che qualcuno mi seguisse!
Stavo per parlare, quando una delle mie capitane bussò ed entrò.
«L’oscurità è già scesa e le porte sono chiuse, Signore. Tutti coloro che hanno voluto entrare sono nella cittadella.»
«Sono molti, soldatessa?»
«No, Signore… non più di un centinaio o giù di lì. Gli altri hanno rifiutato.»
«Hanno spiegato le ragioni del rifiuto?»
«Questa domanda è un ordine, Signore?»
«È un ordine.»
«Hanno detto che sono più al sicuro dove stanno. Che i Rrrllya non hanno motivi di risentimento nei loro confronti, perché loro non sono mai stati altro che carne per Khalk’ru.»
«Basta, soldatessa!» La voce dell’Incantatrice era aspra. «Va’! E porta con te i Rrrllya.»
La capitana salutò, girò sui tacchi e se ne andò con i pigmei. Io risi.
«Le soldatesse hanno tagliato la nostra scala per simpatia verso coloro che sono fuggiti da Khalk’ru. Il popolo teme meno i nemici di Khalk’ru che i suoi servitori e macellai. Facciamo bene a concludere questa pace con i Rrrllya, Lur.»
La vidi impallidire, poi arrossire, vidi le nocche delle sue mani sbiancarsi, quando le strinse. Poi sorrise, si versò del vino, alzò il calice con mano ferma.
«Bevo alla tua saggezza… Dwayanu!»
Era un’anima forte… l’Incantatrice! Un cuore di guerriero. Mancava un po’ di tenerezza femminile, certo. Ma non mi sorprendeva che Dwayanu l’avesse amata… a modo suo e per quanto poteva amare una donna.
Nella camera scese il silenzio, stranamente intensificato dal rullare continuo dei tamburi. Non so per quanto tempo rimanemmo seduti in quel silenzio. Ma all’improvviso, il battito dei tamburi si affievolì.
E poi, di colpo, i tamburi smisero, completamente. Il silenzio portò con sé un senso d’irrealtà. Sentii i nervi tesi allentarsi come molle tenute in pressione troppo a lungo. Quel silenzio improvviso mi fece dolorare le orecchie, mi rallentò il battito del cuore.
L’Incantatrice si alzò.
«Tieni con te la ragazza questa notte, Dwayanu?»
«Dormirà in una di queste stanze, Lur. Sarà sorvegliata. Nessuno la potrà raggiungere senza passare attraverso la mia camera.» La guardai, con un’espressione significativa. «Ed io ho il sonno leggero. Non devi aver paura che fugga.»
«Sono lieta perché i tamburi non disturberanno il tuo sonno… Dwayanu.»
Mi rivolse un saluto ironico e se ne andò, insieme a Ouarda.
E all’improvviso la stanchezza s’impadronì nuovamente di me. Mi rivolsi a Evalie, che mi osservava con occhi in cui mi sembrava si fosse insinuato un dubbio. Certo non c’era disprezzo né odio, in quegli occhi. Bene, adesso l’avevo portata dove avevo inteso portarla con tutte quelle manovre. Sola con me. E mentre la guardavo sentivo che, di fronte a tutto ciò che mi aveva visto fare, a tutto ciò che aveva sopportato per causa mia… le parole non servivano. E non riuscivo a trovare quelle che avrei voluto. No, ci sarebbe stato tutto il tempo… l’indomani mattina, forse, quando io avessi dormito… o quando avessi fatto ciò che dovevo fare… allora lei avrebbe dovuto credere…
«Dormi, Evalie. Dormi senza paura… e credimi: tutto ciò che è accaduto sta trovando la sua giusta soluzione. Vai con Dara. Sarai ben protetta. Nessuno può arrivare fino a te se non passando per questa stanza, e qui ci sarò io. Dormi, e non aver paura di nulla.»
Chiamai Dara, le impartii le istruzioni, ed Evalie uscì con lei. Di fronte alla tenda che chiudeva l’accesso alla stanza accanto lei esitò, si girò a mezzo come per dire qualcosa, ma tacque. Poco dopo, Dara ritornò. Mi disse: «È già addormentata, Dwayanu.»
«Dovresti dormire anche tu, amica mia,» le dissi. «E anche tutte quelle che sono state al mio fianco, oggi. Credo che non abbiamo nulla da temere, per questa notte. Scegli quelle di cui puoi fidarti e mettile a guardia del corridoio e della mia porta. Dove l’hai condotta?»