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— Prima mi dica perché sono fortunato.

— Ma perché la mia ditta ha scelto proprio lei per inaugurare il suo commercio di topi in scatola.

— Se mi tocca fare un discorso, non mi piace.

— Nessun discorso: deve soltanto entrare in questa bellissima scatoletta. Sarà venduto al giusto prezzo e verrà apprezzato come si merita.

— Che bello!

— Vero?

— Peccato che io non possa accettare. Guardi che approvo l'idea e non sono insensibile all'eleganza dell'etichetta. Purtroppo sono in partenza per le ferie; ho già il biglietto per Palermo. Non vorrei offendere le ferrovie dello Stato, mandando all'aria il viaggio. Le spedirò una cartolina. Stia bene e mi saluti sua moglie.

— Non sono sposato! — urlò il gatto, fuori di sé.

— Fa niente: me la saluterà quando si sposa.

Il terzo topo prendeva il fresco in un prato di periferia, ma teneva la coda infilata nella tana e, attaccato alla coda, c'era suo cugino, pronto a tirarlo giú al primo segnale di pericolo.

— Come sta? — domandò il gatto.

— Sto e non sto, — rispose il topo. - Se sta qui lei, è difficile che ci resti anch'io per molto.

— Sempre sospettosi, voi topi, — disse il signor gatto. - E io che ero venuto qui con le migliori intenzioni…

— Migliori per chi?

— Ma per lei, s'intende! Sa cosa ho pensato? Che lei sarebbe un socio ideale per il mio negozio di generi alimentari. Ci sta?

— Dove?

— In questa scatola. Guardi che bella. Commerceremo in topi in scatola. Io farò la maggior parte del lavoro, perché m'incaricherò delle vendite.

— Bravo.

— Grazie.

— Bravo.

— Grazie. Ma perché me l'ha detto due volte?

— Una volta per l'orecchio destro e una volta per l'orecchio sinistro.

— Allora, andiamo?

— No.

— Perché no?

— Perché debbo accompagnare mia nonna a fare un giro in giostra.

— Ecco, — strepitò il signor gatto, — ecco come siete voi topi. Non ve ne importa nulla del commercio; non muovete un dito per incrementare le vendite e per far circolare il denaro come si deve. E

avete anche delle nonne un po' matte, che pensano ancora ad andare in giostra.

— Sicuro, e sull'altalena. E lei lasci stare mia nonna, che è simpatica proprio perché è mezza matta. Tanti saluti a lei e tanti saluti ai suoi gattini.

— Non ho figli! Non sono sposato!

— Allora si sposi e mi mandi i confetti.

Il topo diede il segnale e suo cugino, con uno strattone alla coda, lo tirò giù nella tana cosí in fretta che il gatto ebbe l'impressione si fosse disfatto nell'aria, come una bolla di sapone: adesso c'è, adesso non c'è piú.

— Ottimi affari, signor gatto, — miagolò la cassiera, nel veder tornare il suo principale. - Abbiamo già avuto centodiciassette prenotazioni. La contessa De Felinis ha ordinato duecento scatolette.

Ho fatto il conto che dobbiamo darle anche sessantasei apriscatole e mezzo. Il mezzo apriscatole glielo do dalla parte della punta o dalla parte del manico?

Il signor gatto borbottò tra i baffi qualcosa di poco chiaro.

— Osservi come ha lavorato bene mio fratello, — riprese la cassiera.

Il gattino fattorino aveva disposto nella vetrina le scatole a forma di piramide. Alcune, per la verità, le aveva messe a rovescio, perché non sapeva leggere le parole dell'etichetta. Ma la soddisfazione del lavoro compiuto brillava sui suoi giovani baffi.

Il signor gatto disse: — Bene, bene. Per oggi basta cosí. Andate pure a casa.

— Ha trovato dei buoni topi, signor gatto? — domandò la cassiera, lisciandosi la pelliccia, come fanno tutte le cassiere prima di uscire.

— Ho detto basta. Vi pago per lavorare, non per fare domande.

La cassiera e il fratellino capirono che non era il caso di insistere con i punti interrogativi e se la filarono con la coda bassa.

Il signor gatto, chiuso il negozio, tornò a chiedere consiglio allo zio Terzo.

— Caro zio, cosí e cosí: i topi non vogliono assolutamente saperne di entrare nelle scatole e domani debbo consegnare un'importante ordinazione alla contessa De Felinis. Che fare?

— Figliolo caro, — disse il gatto zio, — hai dimenticato la propaganda. Lo sai o non lo sai che la réclame è l'anima del commercio?

— Altroché se lo so: ho perfino promesso l'apriscatole e i buoni punto.

— Questa propaganda va bene per chi deve comprare i topi in scatola, ma non va bene per i topi.

— Certo, se do l'apriscatole anche a loro, scappano fuori dalla scatola…

— La miglior propaganda per i topi è il formaggio.

— Grana o groviera?

— Grana, groviera o pecorino fa lo stesso, purché ci possano scavare delle gallerie. Anche il caciocavallo è buono.

— Basta cosí, - esclamò il signor gatto. - Ho capito al volo.

— Hai la testa fina, tu, — approvò lo zio Terzo. - Del resto nella nostra famiglia crescono solo teste fine. Tuo nonno aveva sempre contemporaneamente due case, ciascuna con la cuccia, la scodella del latte e il piattino della ciccia.

— Come faceva?

— Di giorno abitava in casa di una guardia notturna. Di sera, e fino alla mattina dopo, abitava in casa di una maestra. Quando la maestra usciva per andare a scuola, fingeva d'accompagnarla e andava in casa della guardia. Quando la guardia usciva per andare al lavoro, l'accompagnava un pezzetto e tornava in casa della maestra.

— Straordinario. E come si chiamava?

— A casa della maestra si chiamava Piumino; a casa della guardia notturna si chiamava Napoleone. Noi lo chiamavamo Moltiplicato Due.

Il signor gatto comprò una grossa forma di parmigiano, la portò in cantina e la mise davanti alla tana del topo, in modo da chiudere il buco. Il topo, se voleva uscire, doveva passare attraverso il formaggio.

— Io mi terrò qui pronto con la scatola, — ridacchiava il gatto, -

e appena il topo sbuca fuori dal formaggio, zaff, dentro; trik trak, chiuso il coperchio, e via, a bottega. Sniff! Sniff!

Le cose, fino a un certo punto, andarono secondo le sue previsioni.

Il topo, per uscire dalla sua tana, dovette entrare nel parmigiano, scavando una galleria. Questo lavoro non gli dispiaceva per niente, perché il parmigiano era reggiano, garantito e stagionato.

Sua moglie gli diede una mano e rosicchiò la sua parte. I loro sette figli si divertirono un mondo a scavare piccole gallerie, adatte alla loro età, in tutte le direzioni. Digerivano il formaggio senza la minima difficoltà. Ingrassavano a vista d'occhio.

Il topo, senza smettere di mangiare, rifletteva. Fare due cose per volta non era fatica per lui, perché era un topo intelligente.

«A questo mondo, — egli pensava, — nessuno ti regala una forma di formaggio senza chiederti qualcosa in cambio. una brutta cosa, ma bisogna tenerne conto. E prima di tutto bisogna sapere chi mi ha messo il parmigiano sulla porta di casa».

Per saperlo, fece un buchetto piccolissimo nella crosta e vide il signor gatto con la scatola in una zampa e il coperchio nell'altra.

— Buongiorno, — disse il topo.

Il signor gatto senti la vocina che usciva dalla forma, ma non vide nulla e nessuno. Tuttavia, per non parere maleducato, rispose al saluto. Tanto piú che aveva riconosciuto la voce del topo.

— Buongiorno anche a lei.

— Che cosa fa di bello?

— Non lo vede? Faccio la pubblicità alle mie scatolette. Che cosa gliene pare?

— Il formaggio è di ottima qualità.

— Ha visto? Dunque, ragioni: se il formaggio è buono, le scatolette saranno anche meglio. Si vuole accomodare? L'aiuto ad uscire?

— Per carità, non si disturbi.